La
dottrina cattolica sulla
La
dottrina cattolica sulla Trinità I,4
S. Agostino
4.7 Tutti gli interpreti cattolici dei Libri
sacri dell'Antico Testamento e del Nuovo che hanno scritto prima di me sulla
Trinità di Dio e che io ho potuto leggere, questo intesero insegnare secondo le
Scritture: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo con la loro assoluta parità
in una sola e medesima sostanza mostrano l'unità divina e pertanto non sono tre
dei, ma un Dio solo, benché il Padre abbia generato il Figlio e quindi non sia
Figlio colui che è Padre; benché il Figlio sia stato generato dal Padre e
quindi non sia Padre colui che è Figlio; benché lo Spirito Santo, non sia né
Padre né Figlio ma solo lo Spirito del Padre e del Figlio, pari anch'egli al
Padre e al Figlio, appartenente con essi all'unità della Trinità. Tuttavia non
la Trinità medesima nacque dalla vergine Maria, fu crocifissa e sepolta sotto
Ponzio Pilato, risorse il terzo giorno ed ascese al cielo, ma il Figlio
solamente. Così non la Trinità medesima scese in forma di colomba su Gesù nel
giorno del suo battesimo o nel giorno della Pentecoste, dopo l'ascensione del
Signore, si posò su ciascuno del Apostoli, con il suono che scendeva dal cielo
come fragore di vento impetuoso e mediante lingue di fuoco, ma lo Spirito Santo
solamente. Né infine la medesima Trinità pronunciò dal cielo le parole: tu sei
il Figlio mio, quando Gesù fu battezzato da Giovanni, o sul monte quando erano
con lui i tre discepoli, oppure quando risuonò la voce dicendo: L'ho
glorificato e ancora lo glorificherò, ma era la voce del Padre solamente che si
rivolgeva al Figlio, sebbene il Padre, il figlio e lo Spirito Santo operino
inseparabilmente, come sono inseparabili nel loro stesso essere. Questa è la
mia fede, perché questa è la fede cattolica.
Le tre questioni che turbano
alcuni
5.8 Ma alcuni restano fortemente turbati nella
loro fede al sentire che si parla di un dio Padre e di un Dio Figlio e di un
Dio Spirito Santo e che tuttavia questa Trinità non è tre dei, ma un solo Dio.
Chiedono come intendere ciò, dato soprattutto che i Tre, si dice, operano
inseparabilmente in ogni attività divina e tuttavia è stata udita la voce del
Padre che non è la voce del figlio; il Figlio solo si incarnò, patì, risorse ed
ascese al cielo; solo lo Spirito Santo discese in forma di colomba. Essi
vogliono capire in che modo quella voce in cui il Padre solo parlò sia opera
della Trinità, quella carne in cui il Figlio solo nacque dalla Vergine sia stata
creata dalla Trinità, quella forma di colomba in cui solamente lo Spirito Santo
apparve sia opera della Trinità medesima. In caso contrario la Trinità non
opera inseparabilmente, ma alcune cose opera il Padre, altre il Figlio, altre
lo Spirito Santo; oppure, se operano insieme solo alcune cose ed altre
separatamente, la Trinità non può dirsi inseparabile. Ma c'è un'altra
difficoltà: come nella Trinità vi è uno Spirito Santo non generato dal Padre né
dal Figlio né da entrambi insieme, sebbene sia lo Spirito del Padre e del
Figlio? Poiché sono queste le domande che ci rivolgono, e lo fanno fino a
tediarci, così, se la nostra piccolezza approda a qualche conoscenza con la
grazia di Dio, la esponiamo loro come meglio possiamo e senza imitare colui che
è roso dall'invidia. Mentiamo se diciamo che non siamo soliti pensare a questi
argomenti; ma, se confessiamo che questi ci stanno fissi in mente perché siamo
trascinati dal desiderio di cercare la verità, essi vogliono sapere in nome
della carità i risultati della nostra ricerca. Non che abbia già conseguito il premio e
raggiunto ormai la perfezione ( se osò dirlo l'Apostolo Paolo, quanto più lo
potrei io che sono tanto lontano da lui,
sotto i suoi piedi?), ma secondo le mie capacità, dimentico ciò che mi sta alle
spalle e mi slancio in avanti e con tutte le mie forze corro verso il premio
della vocazione celeste. Così mi si chiede quanta strada abbia percorso e a che
punto dalla fine io sia arrivato. Desiderano saperlo certe persone che la
libera carità, mi costringe a servire. Ma bisogna anche, e dio me lo
concederà, che giovi a me stesso, mentre
preparo questi scritti per loro perché li possano leggere, e che il desiderio
di rispondere a chi mi interroga, mi aiuti a trovare ciò che ho continuato a
cercare. Ho intrapreso questo lavoro per ordine
e con l'aiuto del Signore Dio nostro non per ragionare con autorità
delle cose che conosco, ma per conoscerle più a fondo, parlandone con serietà.
La
dottrina cattolica sulla Trinità I,5-6
Il Figlio è vero Dio, della stessa
sostanza del Padre
6,
9. Chi disse che il Signore nostro Gesù
Cristo non è Dio o non è vero Dio o non è unico e solo Dio con il Padre o non è
veramente immortale perché mutevole, fu convinto d'errore dalla evidentissima e
unanime testimonianza delle Scritture, dove leggiamo: In principio era il Verbo
e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. E' chiaro che nel Verbo di Dio
noi riconosciamo il Figlio unico di Dio, del quale Giovanni dice più avanti: E
il Verbo si fece carne ed abitò fra noi, perché si è incarnato nascendo nel
tempo della Vergine. In questo passo Giovanni afferma non soltanto che il Verbo
è Dio ma anche che è consustanziale al Padre, perché dopo aver detto: E il
Verbo era Dio, aggiunse: questi era in principio presso Dio e tutte le cose per
mezzo di Lui furono fatte e niente fu fatto senza di Lui. E poiché quando dice:
tutte le cose, intende significare tutte le cose che furono fatte, ossia tutte
le creature, si può con certezza affermare che non è stato fatto Colui per
mezzo del quale furono fatte tutte le cose. E se non è stato fatto, non è
creatura; se non è creatura, è consustanziale al Padre. Infatti ogni sostanza
che non è Dio è creatura, e quella che non è creatura è Dio. Ma se il Figlio
non è della medesima sostanza del Padre, evidentemente è una sostanza creata;
ma se è tale, non tutte le cose furono fatte per mezzo di Lui. Se però ogni
cosa per mezzo di lui fu fatta, allora
egli è una sola e medesima sostanza con il Padre. E perciò non è soltanto Dio
ma anche vero Dio. E' quanto Giovanni dice con somma chiarezza nella sua
Epistola: Sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza
perché conosciamo il vero Dio, e siamo nel suo vero Figlio Gesù Cristo. Questi
è il vero Dio e la vita eterna.
Invisibilità del Figlio e di
tutta la Trinità
-
11. tuttavia ciò che segue farà forse
nascere difficoltà contro questa interpretazione. L'Apostolo infatti aggiunge:
Colui che nessun uomo vide né può vedere. Ma anche queste parole vanno riferite
a Cristo considerato nella sua divinità, che non fu visibile ai giudei, sebbene
essi abbiano visto e crocifisso la sua carne. La divinità infatti da nessun
occhio umano può essere vista. La vede solo l'occhio che si possiede quando non
si è più uomini ma superiori agli uomini. Giustamente dunque si riconosce Dio
Trinità nelle parole: Beato e solo potente che manifesta la venuta del Signore
nostro Gesù Cristo nei tempi stabiliti. Dice infatti l'Apostolo: Il solo che
possiede l'immortalità nello stesso senso in cui è stato scritto nei Salmi:
Colui che solo opera meraviglie. Vorrei sapere a chi riferiscano i miei
avversari questa affermazione. Se infatti si tratta solamente del Padre, in che
modo può essere vero ciò che dice il Figlio: Qualunque cosa fa il Padre, la fa
similmente anche il Figlio? Forse vi è tra le meraviglie cosa più prodigiosa
che resuscitare e vivificare i morti? E lo stesso Figlio tuttavia dice: Come il
Padre risuscita i morti e li vivifica, così anche il Figlio vivifica chi vuole.
In che modo dunque il Padre solo opera meraviglie, se queste parole non
permettono il riferimento a lui solo né al Figlio soltanto, ma all'unico vero
Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo?
La
dottrina cattolica sulla Trinità I,6-7
S. Agostino
Anche lo Spirito Santo è vero
Dio, perfettamente uguale al Padre e al Figlio
-13. Anche
per quanto riguarda lo Spirito Santo si raccolsero testimonianze - e quelli che
ci precedettero nella trattazione di questi argomenti se ne sono largamente
serviti - secondo le quali lo Spirito Santo è Dio, non una creatura. E se non è
una creatura, non soltanto è Dio (anche gli uomini furono detti dei) ma anche
vero Dio. Pertanto perfettamente uguale al Padre e al Figlio e consustanziale e
coeterno ad essi nell'unità della Trinità. Che lo Spirito Santo non sia una creatura
risulta chiaramente soprattutto da quel passo importantissimo in cui ci viene
comandato di servire non alla creatura ma al Creatore. Non si tratta di un
servizio come quello che la carità ci
impone gli uni verso gli altri - in greco ̒ δουλεύείν-
ma di quello che è dovuto al solo Dio e
che in greco si esprime con λατρεύειν,
vocabolo da cui deriva il nome idolatra,
attribuito a chi presta agli idoli il culto dovuto a Dio. A questo culto si
riferisce il comandamento: Adorerai
il Signore Dio tuo e lui solo servirai. Il testo greco è più espressivo ed usa λατρεύбεις.
Ora, se ci è proibito di rendere alla creatura
questa specie di culto per il comandamento: Adorerai il Signore Dio tuo e lui
solo servirai - di qui l'esecrazione dell'Apostolo per coloro che adorano e
servono la creatura invece del Creatore - non può essere assolutamente creatura
lo Spirito Santo al quale tutti i cristiani prestano tale tipo di servizio,
come attesta l'Apostolo: I circoncisi siamo noi che serviamo lo Spirito di Dio,
dove il testo greco usa λατρεύοντες.
Anche
molti codici latini hanno : Noi che serviamo lo Spirito di Dio, quelli greci
tutti o quasi. Però in alcuni esemplari latini non si trova: Serviamo lo
Spirito di Dio, ma: Serviamo Dio con lo Spirito. Ma coloro che qui cadono in
errore e si rifiutano nei riguardi di questo testo di dar credito ad una lezione più autorevole
trovano forse variato nei codici anche questo passo: Non sapete che i vostri
corpi sono il tempio dello Spirito Santo che è in noi e che voi ricevete da
Dio? Ora che cosa di più insensato e
sacrilego che qualcuno osi dire che le membra di Cristo sono il tempio di una
creatura che secondo i nostri avversari è inferiore a Cristo? infatti in un
altro passo l'apostolo afferma: I vostri corpi sono le membra di Cristo. Se
dunque quelle che sono le membra di Cristo sono il tempio dello Spirito santo,
lo Spirito Santo non è una creatura, perché
colui al quale offriamo quale tempio il nostro corpo deve ricevere
necessariamente quell'adorazione che si deve solo a dio, e che è precisa dalla
lingua greca con il vocabolo λατρεία.
Per questo motivo l'Apostolo
Paolo conclude: Glorificate dio nel vostro corpo.
Il Figlio come uomo
inferiore al Padre ed anche a se stesso
7. 14.
Queste testimonianze ed altre di tale natura hanno permesso ai nostri
predecessori che, come ho detto, ne hanno fatto largo uso, di sgominare le
imposture e gli errori degli eretici; esse rivelano alla nostra fede l'unità e
l'uguaglianza della Trinità. Ma nelle Sacre Scritture vi sono molti passi a
motivo dell'incarnazione del Verbo di Dio- incarnazione avvenuta per la nostra
salvezza cosicché il mediatore tra Dio e gli uomini fosse l'uomo Gesù Cristo -
passi ,che fanno pensare o anche esplicitamente affermano che il Padre è
superiore al Figlio. Per questo alcuni troppo poco attenti nello scrutare il
senso e nell'afferrare l'insieme delle Scritture hanno tentato di riferire ciò
che fu detto di Gesù Cristo in quanto uomo alla sua natura che era eterna prima
dell'incarnazione e che è sempre eterna. su questa base essi pretendono che il
Figlio sia inferiore al Padre, poiché il signore stesso ha detto: Il Padre è
più grande di me. Ma la verità mostra che in questo senso il Figlio è inferiore
anche a se stesso. Come infatti non sarebbe divenuto tale colui che si esinanì assumendo
la natura di servo? Infatti non assunse
la natura di servo così da perdere quella di Dio nella quale era uguale al
Padre. Pertanto, se la natura di servo fu assunta in modo tale che egli non
perdette la sua natura divina - poiché come servo e come Dio egli è lo stesso e
unico Figlio di Dio Padre, uguale al Padre nella sua natura divina, e mediatore
di Dio e degli uomini nella sua natura di servo, l'uomo Gesù Cristo - è chiaro
che considerato nella sua natura divina anche lui è superiore a se stesso,
mentre è a se stesso inferiore se considerato nella natura di servo. La
Scrittura molto giustamente dunque si esprime in duplice modo, affermando che
il figlio è uguale al Padre e che il Padre è superiore al Figlio. Nel primo caso riconosce una conseguenza
della sua natura divina, nel secondo una conseguenza della sua natura di servo,
fuori d'ogni confusione. Un capitolo di una Epistola dell'Apostolo Paolo
fornisce questa regola da seguire per risolvere il problema in questione
attraverso tutto il complesso delle Sante Scritture. In quel capitolo si
raccomanda molto chiaramente la distinzione accennata: Colui che sussistendo in
natura di Dio, non considerò rapina la sua uguaglianza con dio, ma si esinanì perdendo la natura di servo, divenuto simile
agli uomini, ritrovato in stato d'uomo. Per natura dunque il Figlio di Dio è
uguale al Padre, per stato inferiore a
Lui. Nella natura di servo, che ha assunto, è inferiore al Padre, nella natura
divina nella quale sussisteva, anche prima di assumere quella di servo, è
uguale al Padre. Nella natura di dio è il Verbo per mezzo del quale tutte le
cose furono fatte, nella natura di servo fu formato da donna, formato sotto la
Legge, per riscattare coloro che erano soggetti alla Legge. Perciò nella natura
di Dio ha fatto l'uomo, nella natura di servo si è fatto uomo. Se il Padre
solamente e non anche il figlio avesse fatto l'uomo, non sarebbe scritto:
facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza. Poiché dunque la natura di Dio ha assunto ,la
natura di servo, Dio è l'uno e l'altro, come l'uomo è l'uno e l'altro. Ma dio
lo è, perché ha assunto l'uomo; l'uomo lo è perché è stato assunto da Dio.
Infatti nell'incarnazione nessuna delle due nature si è mutata nell'altra : la divinità non fu
certamente mutata nella creatura, cessando di essere divinità, né la creatura
divenne divinità, cessando di essere creatura.
La
dottrina cattolica sulla Trinità I,8
S. Agostino
Il Figlio come uomo è sottomesso
al Padre
8,
15. Le parole dello stesso Apostolo:
Quando tutte le cose gli saranno state sottomesse, allora il Figlio stesso si
sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise, possono servire contro
l'opinione secondo cui lo stato preso da Cristo nella natura umana si sarebbe
poi convertito nella stessa divinità, o meglio deità, la quale non è creatura
ma la stessa unità incorporea, immutabile e per natura consustanziale e
coeterna con se stessa, della trinità; oppure se qualcuno pretende che le
parole: allora il figlio di Dio si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli
sottomise possano intendersi, come alcuni hanno inteso, nel senso che questa
sottomissione sarà la trasformazione e conversione della creatura nella stessa
sostanza o essenza del Creatore, cioè che quella che era la sostanza della
creatura diverrebbe la sostanza del Creatore, allora costui conceda almeno
questo che è certissimo: tale trasformazione non era ancora avvenuta quando il
Signore diceva: Il Padre è maggiore di me. Infatti egli disse queste parole non
solo prima di ascendere al cielo ma anche prima della sua passione e
risurrezione dai morti. Ora chi ammette che in Cristo la natura umana si muti e
si trasformi nella sostanza della deità e chi sostiene che le parole: Allora il
figlio stesso si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise
significhino: Allora lo stesso Figlio dell'uomo e la natura umana assunta dal
Verbo di dio si trasformerà nella natura di colui che tutto gli sottomise,
suppone che ciò avverrà quando (dopo il giorno del giudizio) avrà consegnato il
regno a dio Padre. Ma anche a stare a questa interpretazione, resta ben fermo
che il Padre è superiore alla natura di servo, che il figlio ha ricevuto dalla
Vergine. Anche se alcuni sostengono che l'uomo Gesù Cristo si è già mutato
nella sostanza di Dio, costoro non possono certamente negare che la natura
umana sussisteva ancora , prima della passione, quando diceva: Il Padre è più
grande di me, per cui ci pare che non ci sia più alcun motivo di esitazione
circa il senso di quelle parole: Il Padre è superiore alla natura di servo del
Figlio, che è uguale al Padre nella natura divina. Leggendo queste parole
dell'Apostolo: Quando dice che tutto è stato sottomesso, è chiaro che si deve
eccettuare colui che tutto gli ha
sottomesso, nessuno pensi di interpretarle nel senso che il Padre abbia
sottomesso tutte le cose del Figlio, come se anche lo stesso Figlio non ne
avesse sottomesso a sé tutte le cose. Lo spiega chiaramente l'Apostolo ai
Filippesi: La nostra dimora è nei cieli, da dove aspettiamo, come Salvatore, il
Signore Gesù Cristo che trasformerà il corpo della nostra umiliazione,
rendendolo simile al corpo della sua gloria, secondo l'operazione con cui può
rendere a sé soggette tutte le cose. L'operare del Padre e l'operare del Figlio
sono inseparabili; altrimenti neppure il Padre ha sottomesso a sé tutte le
cose. Gliele ha sottomesse il Figlio che ha consegnato a lui il regno e
distrugge ogni principato, ogni potestà, ogni virtù. Proprio del Figlio fu
detto: Quando consegnerà il regno a Dio Padre dopo aver distrutto ogni
principato, ogni potestà, ogni virtù. Colui che sottomette è lo stesso che
distrugge.
La contemplazione di Dio ci è
promessa come fine di tutte le nostre azioni
-
17. Questa contemplazione ci è promessa
come fine di tutte le nostre azioni e pienezza eterna del nostro gaudio.
Infatti siamo figli di Dio ed ancora non è stato mostrato ciò che saremo. Ma
sappiamo che quando ciò sarà manifesto, saremo simili a lui, perché lo vedremo
come è veramente. Ciò che ha dichiarato
al suo servo Mosè: Io sono colui che sono; e annuncerai questo ai figli d'Israele: Colui che è mi ha
mandato a Voi, questo contempleremo quando vivremo eternamente. Similmente
disse il Signore: La vita eterna è questa, che conoscano te unico vero Dio e
colui che hai mandato, Gesù Cristo. Questo avverrà quando il Signore sarà
venuto e avrà illuminato ciò che si nasconde nelle tenebre, quando sarà
dissipata l'oscurità di questo stato mortale e corruttibile. Sarà il nostro
mattino, quello di cui parla il Salmista: Al mattino mi disporrò dinanzi a te e
ti contemplerò. Le parole dell'Apostolo: Quando consegnerà il regno a Dio Padre
si riferiscono, mi sembra, a questa contemplazione, cioè al momento in cui
l'uomo Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, avrà condotto tutti i
giusti, su quali ora regna per la loro vita nella sua fede, alla contemplazione
di Dio Padre. Se qui cado in errore mi corregga chi ha meglio compreso. A me
non sembra che ci siano altre interpretazioni. tuttavia non cercheremo altro
quando saremo giunti alla contemplazione che non possiamo avere ora, finché la
nostra gioia è tutta riposta nella speranza.
Ma la speranza che si scorge non è speranza: come infatti ciò che uno
scorge può anche sperarlo? Ma se
speriamo in ciò che vediamo è per mezzo della pazienza che noi aspettiamo,
finché il re si trova nel suo convito.
Si compirà allora quanto è scritto: Mi riempirai di gioia con la tua presenza.
dopo questa gioia non si cercherà più nulla, perché non vi sarà altro da
cercare; il Padre si mostrerà a noi e questo ci basterà. E' ciò che aveva ben
capito Filippo quando diceva: Signore, mostraci il Padre e questo ci basterà.
Ma non aveva ancora capito che avrebbe potuto dire allo stesso modo: << Signore, mostraci
te stesso e questo ci basterà >>. E perché capisse questo il Signore gli
rispose: Da tanto tempo sono con voi e non mi conoscete? Filippo, chi vede me,
vede anche il Padre. Ma poiché voleva che egli vivesse di fede prima che la
visione gli fosse possibile, aggiunse: Non credi tu che io sono nel Padre e il
Padre in me?. Infatti finché siamo presenti nel corpo, noi siamo lontani dal
Signore, perché camminiamo per fede, non per visione. La contemplazione è
certamente la ricompensa della fede, è il premio a cui i cuori si preparano
purificandosi con la fede, come è scritto: Avendo purificato i loro cuori per
mezzo della fede. Che i cuori si purifichino per quella contemplazione è
testimoniato soprattutto da questo passo: Beati i puri di cuore perché vedranno
Dio. E poiché questa è la vita eterna, dio dice nel Salmo: Lo sazierò di una
lunga durata di giorni e gli mostrerò la mia salvezza. Pertanto allorché
ascoltiamo: << Mostraci il figlio >>, ascoltiamo: Mostraci il
Padre. E' la stessa cosa, perché nessuno dei due può essere mostrato senza
l'altro. Sono appunto una cosa sola, così come ha detto anche il Signore: Io e
il Padre siamo una sola cosa. Per questa inseparabilità può essere sufficiente
attribuire talvolta alla sola presenza del Padre o del Figlio la pienezza della
nostra felicità.
La
dottrina cattolica sulla Trinità I,8
S. Agostino
Lo Spirito Santo
basta alla nostra beatitudine, perché inseparabile dal Padre e dal Figlio
- 18. Da questa unità non può
essere separato lo Spirito di ambedue, cioè lo Spirito del Padre e del Figlio.
E' questo lo Spirito Santo, che la Scrittura propriamente chiama: Spirito di
verità che il mondo non può ricevere. Ora la nostra gioia perfetta della quale
nulla c'è di più alto, è godere Dio Trinità che ci ha fatto a sua immagine. Per
questo talvolta si parla dello Spirito Santo come se bastasse lui solo alla
nostra beatitudine, e davvero basta, in quanto non può essere separato dal
Padre e dal Figlio, allo stesso modo in cui basta il Padre solo, perché
indivisibile dal Figlio e dallo Spirito Santo, e basta il Figlio solo, perché
non si può separare dal Padre e dallo Spirito Santo. Che senso hanno queste
parole del Signore: Se mi amate, osservate i miei comandamenti ed io pregherò
il Padre ed egli vi darà un nuovo difensore perché sia con voi in eterno, lo
Spirito di verità che questo mondo (cioè chi ama questo mondo) non può
ricevere? L'uomo carnale infatti non comprende le cose dello Spirito di Dio. Ma
ancora può sembrare che in base all'espressione: Ed io pregherò il Padre ed
egli vi darà un nuovo difensore il Figlio solo non basti per la nostra
felicità. In un altro passo poi si dice dello stesso Spirito, come se solo
bastasse pienamente: Quando verrà lo Spirito di verità, vi insegnerà tutta la
verità. Ma forse si vuole con questo testo escludere il Figlio come se non
insegnasse egli stesso tutta la verità, o come se lo Spirito Santo dovesse
colmare le lacune dell'insegnamento del Figlio? I nostri avversari sostengano
pure, allora,se così loro piace, che lo Spirito Santo è superiore al Figlio,
mentre sono soliti considerarlo inferiore. forse concedono che si debba credere
che anche il Figlio insegna insieme con lo Spirito Santo, in quanto la
Scrittura non dice << Lo Spirito
solamente>>, oppure: << Nessuno all'infuori di lui vi insegnerà la
verità >> ? L'Apostolo ha dunque
escluso il figlio dalla conoscenza di queste cose di dio quando disse: Così
nessuno conosce le cose di Dio, eccetto lo Spirito di Dio, cosicché a questo
punto questi insensati possano concludere affermando che il Figlio per quanto
riguarda i segreti di Dio va a scuola dallo Spirito Santo come uno più piccolo
da uno più grande. Il figlio stesso spinge la sua deferenza verso lo Spirito
Santo fino a dire: Perché vi ho dette queste cose la tristezza ha riempito il
vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è meglio per voi io me ne vada; se non
me ne andrò il difensore non verrà a voi.
La
dottrina cattolica sulla Trinità I,9
S. Agostino
A volte quando si parla di una
Persona divina si intendono implicitamente anche le altre
9. Ma il Signore ha detto questo non a motivo
dell'ineguaglianza tra il Verbo di Dio e lo Spirito Santo, ma perché la
presenza del figlio dell'uomo tra i discepoli impediva, per così dire, la
venuta di colui che non gli era inferiore perché non si era esinanito prendendo
la natura di servo, come ha fatto invece il Figlio. Era necessario dunque che
fosse sottratta ai loro sguardi la natura di servo la cui vista faceva loro
credere che Cristo non fosse nient'altro che quello che vedevano. ecco perché
Gesù dice: Se vi amate, vi rallegrerete con me che io vada al Padre, perché il
Padre è più grande di me, che era quanto dire: bisogna che io vada al Padre
perché fino a quando mi vedrete in questa condizione e, basandovi su ciò che
vedete, mi giudicate inferiore al Padre e pertanto, distolti dalla creatura che
sono e dell'aspetto esterno da me assunto, non potete comprendere la mia
uguaglianza con il Padre. E' per questo che il Signore dice: Non mi toccare,
ancora non sono salito al Padre mio. Infatti il tatto in un certo modo segna il
limite della nostra conoscenza; pertanto il Signore non voleva che lo slancio
del cuore verso di lui si fermasse a quello, così da ritenere vero solo ciò che
si vedeva. Invece l'ascendere al Padre equivaleva per lui ad apparire uguale al
Padre, così com'è, per divenire in cielo l'oggetto di quella visione che ci
basta. A volte la Scrittura si esprime come se il Figlio solo bastasse e tutta
la ricompensa del nostro amore e del nostro desiderio consistesse nella visione
nella visione di lui. Così egli dice infatti: Chi accoglie ed osserva i miei
comandamenti, questi mi ama. E chi ama me sarà amato dal Padre mio e io pure lo
amerò e gli manifesterò me stesso. E forse, perché non ha detto: << Gli
mostrerò anche il Padre >>, ha separato il Padre da se? Ma poiché è vero
che: Io e il Padre siamo una cosa sola, allorché si manifesta il Padre è
manifestato anche il Figlio che è in lui, e quando si manifesta il figlio è
manifestato anche il Padre che è nel Figlio. Perciò, come quando dice: Gli
manifesterò me stesso, intendiamo che manifesta anche il Padre, così quando è
scritto altrove: Quando consegnerà il regno a Dio Padre, si intende che Cristo
non si priva del regno perché quando condurrà i fedeli alla contemplazione di
Dio Padre lì condurrà certamente anche alla contemplazione di se stesso, egli
che dice: gli manifesterò me stesso. E' per questo che alla domanda di Giuda:
Come mai ti manifesti a noi e non al mondo? Gesù rispose: Se uno mi ama,
osserverà le mie parole ed il Padre mio lo amerà ed a lui verremo e dimoreremo
in lui. Ecco che non mostra solo se stesso a chi lo ama, perché viene a lui e
vi prende dimora con il Padre.
Tutta la trinità abita in noi
- 19.
Ma si penserà forse che lo Spirito Santo sia escluso dalla dimora del
Padre e del figlio in chi lo ama? In questo caso che significa ciò che il
Signore ha detto più sopra a proposito dello Spirito Santo: quello che il mondo
non può ricevere perché non lo vede, ma voi lo conoscete perché abita in voi ed
è in voi? Non è dunque estraneo a questa dimora colui del quale fu detto: Abita
con voi ed è in voi, a meno di non toccare l'assurdo pensando che quando il
Padre ed il figlio vengono a dimorare presso chi li ama, lo spirito Santo se ne
vada e lasci il posto a coloro che sono più grandi di lui. Ma la stessa
Scrittura previene questa concezione cos' grossolana, perché poco prima il
signore dice: Ed io pregherò il Padre e vi darà un altro difensore perché resti
con voi in eterno. Lo Spirito Santo non se ne andrà dunque alla venuta del
Padre e del figlio, ma sarà insieme con loro nella stessa dimora in eterno, perché
non venne senza di quelli né quelli senza di lui. Per indicare la Trinità si
fanno attribuzioni nominativamente alle singole persone separatamente, ma tali
attribuzioni non intendono escludere le altre persone, data l'unità della medesima
Trinità e l'unicità della sostanza e della deità del Padre e del figlio e dello
spirito Santo.
La Trinità I,10
La contemplazione di Dio
10, 20. Gesù Cristo Signore nostro consegnerà dunque
il regno a Dio Padre e non sarà separato né lui né lo spirito Santo,quando
condurrà i credenti alla contemplazione di Dio, contemplazione che è il fine di
tutte le nostre buone azioni, la pace eterna, la gioia che non ci sarà tolta.
Questo ci vuole insegnare Cristo quando dice: Vi vedrò di nuovo e il vostro
cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà più togliere la vostra gioia.
Un'immagine di questa gioia già offriva Maria quando sedeva ai piedi del
Signore e intenta alla sua parola, cioè libera da ogni attività e tutta intenta
alla verità del modo che questa vita permette, ma tanto tuttavia da prefigurare
quello che si avrà in futuro per l'eternità. Sua sorella Marta era tutta presa
da un'azione necessaria al momento che, per quanto buona e utile, tuttavia è
destinata a finire quando verrà l'ora del riposo; Maria invece riposava nella
parola del Signore. Ecco perché il Signore così rispondeva a Marta che si
lamentava con lui che la sorella non l'aiutasse: Maria ha scelto la parte
migliore, che non le sarà tolta. Non disse che ciò che faceva Marta era una
parte cattiva ma che la parte migliore è quella che mai ci sarà tolta. La parte destinata al servizio del bisogno
infatti sarà eliminata quando i bisogni cesseranno; l'opera buona che passa ha
come ricompensa la pace che non passerà. In quella contemplazione perciò Dio
sarà tutto in tutti, perché non vi sarà niente altro più da chiedergli, ma ci
basterà partecipare della sua luce e di lui godere. E' ciò che implora colui
nel quale lo Spirito intercede con gemiti inenarrabili. Una sola cosa domanda
al Signore e questa cercherò: abitare nella casa del Signore e questa cercherò:
abitare nella casa del Signore tutti i giorni della vita per contemplare le
delizie del Signore. E contempleremo dio Padre, Figlio e Spirito Santo, quando
Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, consegnerà il regno a Dio Padre.
Allora non intercederà più per noi come nostro mediatore e sacerdote, Figlio di
Dio e Figlio dell'uomo, ma a sua volta in quanto sacerdote per la natura di
servo assunta per noi si sottometterà a colui che gli sottomise tutte le cose
ed al quale tutto egli sottomise; come Dio gli saremo sottomessi come lo siamo
al Padre; come sacerdote si sottometterà con noi al Padre. Perciò, essendo il
Figlio insieme Dio e uomo, in lui la sostanza divina è diversa da quella umana
e questa è nel figlio diversa da lui più che non sia diverso nel Padre il
figlio dal Padre, come la carne che riveste la mia anima è una sostanza diversa
dalla mia anima, sebbene si tatti di un unico uomo, più dell'anima di un altro
uomo.
La dottrina cattolica sulla Trinità I, 11-12
S. Agostino
Le due nature di Cristo
11, 22. Perciò una volta trovata la regola per
interpretare le Scritture quando ci parlano del Figlio di Dio, cioè tener
sempre distinto ciò che in esse è detto di lui in riferimento alla natura di
Dio nella quale egli è, ed è uguale al Padre, da ciò che è detto in riferimento
alla natura di servo che prese e per la quale è inferiore al Padre, non avranno
più da inquietarci le affermazioni delle Scritture come se fossero
contraddittorie e opposte tra loro. Infatti il Figlio secondo la natura divina
è, come lo Spirito Santo, uguale al Padre, poiché nessuno dei due è creatura,
come abbiamo già mostrato, ma secondo la natura di servo è inferiore al Padre
come egli stesso ha detto: Il Padre è più grande di me. E' inferiore anche a se
stesso, poiché di lui è detto: Esinanì se stesso; è inferiore allo Spirito
Santo, perché egli stesso dice: Chiunque parlerà contro il Figlio sarà
perdonato, ma non sarà perdonato chi avrà parlato contro lo Spirito Santo. E'
nello Spirito Santo che egli operò i suoi miracoli: Se io caccio i demoni nello
Spirito di Dio, dunque il regno di Dio è giunto in mezzo a voi. E in un passo
di Isaia di cui dette lettura lui stesso nella sinagoga e di cui non ebbe
alcuna esitazione a mostrare il compimento nella sua persona, dice: Lo Spirito
del Signore è sopra di me, poiché egli mi ha unto per annunciare la buona
novella ai poveri, per predicare agli schiavi la liberazione, e tutte le altre
cose al cui compimento dichiara di essere stato mandato, perché lo Spirito del
Signore è sopra di lui. In quanto Dio tutte le cose per mezzo di lui furono
fatte, in quanto servo egli stesso fu formato da donna, formato sotto la Legge;
come Dio lui e il Padre sono tutt'uno, come servo non venne per compiere la
propria volontà ma quella di colui che lo mandò. In quanto Dio, come il Padre
ha la vita in se stesso, così diede al figlio di avere la vita in se stesso;
come servo dice: L'anima mia è triste fino alla morte e implora: Padre, se è
possibile, si allontani da me questo calice. Come Dio egli stesso è il vero Dio
e la vita eterna, come servo divenne obbediente fino alla morte e alla morte di
croce.
- 23.
In quanto egli è Dio, tutto ciò che ha il Padre gli appartiene ed egli
lo conferma: Ogni cosa tua è mia ed ogni cosa mia è tua. In quanto uomo la sua
dottrina non è sua ma di Colui che lo ha mandato.
Alcune affermazioni della
Scrittura su Cristo riguardano la sua natura divina, altre la sua natura umana
- 24.
Di Cristo in quanto Dio è detto: Mi ha generato prima delle colline,
cioè prima delle creature più alte, e: Ti ho generato prima della stella del
mattino, cioè prima di tutti i tempi e delle cose temporali. Invece di lui in
quanto servo è detto: Il Signore mi ha creato al principio delle sue vie;
perché come Dio egli disse: Io sono la verità, e come servo: Io sono la via.
Intanto evidentemente egli fu creato in principio delle vie di Dio in vista
delle sue opere, in quanto, primogenito fra i morti, aprì la strada versi il
regno di Dio, verso la vita eterna, alla sua Chiesa, di cui è il capo, per
l'immortalità anche del corpo. Infatti come Dio è il principio che ci parla,
quel principio in cui Dio fece il cielo e la terra; in quanto servo è lo sposo
che esce dal suo talamo. In quanto Dio è primogenito di tutte le creature,
colui che è prima di tutti gli esseri e nel quale tutte le cose sussistono;
nella sua natura umana è lui il capo del corpo della Chiesa. come Dio è il
Signore della gloria, perciò è lui evidentemente che glorifica i suoi santi;
infatti: Quelli che ha predestinati li ha pure chiamati e quelli che ha
chiamati li ha pure giustificati e quelli che ha giustificati li ha pure
glorificati; di lui è stato detto che giustifica l'empio, di lui che è giusto e
fonte di giustizia. Se dunque i giustificati e i glorificati sono gli stessi,
lo stesso è pure il giustificatore e il glorificatore, e costui è, come ho
detto, il signore della gloria. Ma, come servo, ai discepoli che si
preoccupavano della loro glorificazione rispose: Sedere alla mia destra o alla
sinistra non sta a me concederlo, ma per quelli per i quali è stato preparato
dal Padre mio.
In che senso il Figlio giudicherà
e nello stesso tempo giudicherà
- 26. Mi
chiedo anche in che senso è detto: Se qualcuno non ascolta la mia parola, io
non lo giudicherò. Forse non lo giudicherò è detto nello stesso senso di: Non
sta a me concederlo. Ma che significa ciò che segue: Non venni infatti per
giudicare il mondo, ma per salvarlo; e poi aggiunge: Chi disprezza me e non
accoglie la mia parola ha chi lo giudica? A questo punto noi penseremo subito
al Padre, se non trovassimo subito dopo. La parola che io ho annunciato, questa
lo giudicherà nell'ultimo giorno. Come? Non giudicherà dunque il Figlio perché
ha detto: Io non lo giudicherò, non il Padre che mi ha mandato mi ha prescritto
quello che debbo dire e quello che debbo insegnare e so che il suo comando è
vita eterna. Le cose che dico tali e
quali il Padre le ha dette a me. Pertanto se non è il Figlio a giudicare ma la
parola detta dal Figlio, questa parola detta dal Figlio non giudica se non in
quanto il Figlio non ha parlato da sé ma per comando del Padre che lo ha
mandato e gli ha prescritto quello che doveva dire e annunciare; è dunque il
Padre che giudica perché sua è la parola detta dal Figlio e perché Parola del
Padre è lo stesso Figlio. Il comando del Padre infatti non è altro che la
Parola del Padre, perché il Signore lo
ha chiamato indifferentemente parola e comando. Io non ho parlato da me stesso.
Vediamo se dicendo tale espressione il Signore non abbia voluto che noi si
intenda: Non sono nato da me. Infatti se il Signore annuncia al parola del
Padre, poiché egli è la parola del Padre, egli annuncia se stesso. Spesso
infatti dice: Il padre mi ha mandato. Intende che il Padre lo ha generato, non
che esiste già e il Padre gli abbia dato qualcosa che non aveva, gli ha dato di
avere, in quanto lo ha generato all'esistenza; infatti non avviene anche nel
Figlio di Dio ciò che avviene nelle creature: prima dell'incarnazione
nell'Unigenito, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, l'essere e
l'avere non si distinguono; egli è al contrario quello che è ciò che ha. Questo
è detto più chiaramente, se si è in grado di capirlo bene, nel testo seguente:
Come il Padre ha la vita in se stesso, così dette al Figlio di avere la vita in
se stesso. Il Padre non lo ha messo in possesso della vita come se prima
esistesse senza vivere, perché egli è la vita in forza della sua stessa
esistenza. L'espressione: Dette al figlio di avere la vita significa dunque: Il
Padre generò il Figlio a essere la vita immutabile, la vita eterna. Se dunque
la parola di Dio è lo stesso Figlio di Dio e il Figlio di Dio è il vero Dio e
la vita eterna, come dice Giovanni nella sua Lettera, perché dare un altro
senso alle parole del Signore: La parola che ho pronunciato, essa lo giudicherà
nell'ultimo giorno, dal momento che egli stesso dichiara che questa stessa
parola è nello stesso tempo Parola del Padre e comando del Padre e lo stesso
comando è la vita eterna? So - egli dice -che il tuo comando è la vita eterna.
La dottrina cattolica sulla Trinità I,12
S. Agostino
Senso delle parole: La mia dottrina non è mia
-27. A
questo punto indaghiamo il significato della frase: Io non giudicherò, ma la
parola che vi ho detto giudicherà. Dal
seguito del testo appare evidente che è detto in questo senso: << Non
giudicherò io, ma giudicherà la parola del Padre >>. Ora la parola del
Padre è lo stesso del Figlio di Dio. Bisognerà dunque intendere: non giudicherò
io, ma io giudicherò? Questo può essere vero solo in questo senso: << Io
non giudicherò in base al potere umano, in quanto cioè sono Figlio dell'uomo,
ma giudicherò con l'autorità del verbo, perché sono Figlio di Dio >>. Se
si trova che le affermazioni: << Io non giudicherò, ma io
giudicherò>>, si contraddicono e si respingono, che diremo di questa: La
mia dottrina non è mia? come mai mia e non mia? Infatti non disse: <<
questa dottrina non è mia >>, ma proprio: La mia dottrina non è mia; dice
cioè << sua >> la medesima
dottrina che dichiara << non sua >>. In quale modo ciò sarà vero se
non in quanto egli disse << sua >> da un punto di vista e <<
non sua >> da un altro punto di vista?
Sua in quanto Dio, non sua in quanto uomo? Quando dice: Non è mia ma di
Colui che mi ha mandato, ci fa risalire al Verbo. La dottrina del Padre e
dunque è il Figlio unigenito. E che significa ancora questo: chi crede in me,
non crede in me? come << in lui >>, come << non in lui
>>? Come prendere un'espressione così contraddittoria e così paradossale:
Colui che crede ime, non crede in me ma in Colui che mi ha mandato se non
intendendo così: Colui che crede in me non crede in ciò che vede, affinché la
nostra speranza non sia riposta nella creatura ma in chi assume la creatura per
mostrarsi agli occhi degli uomini e così purificare i cuori di coloro che
credono alla sua uguaglianza al Padre per contemplarlo? Perciò quando per
volgere l'intenzione dei credenti verso il Padre dice: Egli non crede in me ma
in Colui che mi ha mandato, non intese che lo si separasse dal Padre, cioè da
colui che lo ha mandato, ma piuttosto che si credesse in lui allo stesso modo
in cui si crede al Padre al quale egli è uguale. Altrove dice questo
apertamente: Credete in Dio e credete in me, cioè come credete in Dio così
credete anche in me, perché io e il Padre siamo un Dio solo.
Come dunque in questo passo distoglie in qualche modo da sé la fede degli
uomini per volgerla al Padre, senza tuttavia separare assolutamente sé dal
Padre, così anche dove dice: Non sta a me concederlo ma è per quelli per i
quali è stato preparato dal Padre mio è chiaro, mi sembra, in che senso debbano
essere accolte entrambe le affermazioni. Così anche quando dice: Io non
giudicherò, mentre egli stesso verrà a giudicare i vivi e i morti. Ma perché
ciò non sarà per l'autorità umana, perciò facendo appello alla deità eleva i
cuori degli uomini per sollevare i quali è disceso.
E' esatto dire:Dio crocifisso
13,
28. Tuttavia se un solo e medesimo
soggetto no fosse insieme Figlio dell'uomo per la sua natura di servo da lui
assunta e Figlio di Dio per la natura divina che gli è propria, l'Apostolo
Paolo non direbbe dei principi di questo mondo: Se l'avessero conosciuto, mai
avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Fu crocifisso infatti nella
natura di servo e tuttavia fu crocifisso il Signore della gloria.
Quell'assunzione infatti fu tale che Dio divenne uomo e l'uomo di Dio. Con
l'aiuto di Dio poi il lettore prudente, attento e pio potrà discernere il
perché e il come di quanto viene detto. Infatti noi abbiamo affermato, per
esempio, che come Dio glorifica i suoi perché è signore della gloria, e
tuttavia il Signore della gloria fu crocifisso; infatti è esatto parlare anche
di Dio crocifisso, non per la sua divina potenza, ma per la debolezza della
carne. Come diciamo che egli giudica in quanto Dio, cioè in forza del potere
divino, non in forza dell'autorità umana, tuttavia è l'uomo stesso che
giudicherà come fu crocifisso il Signore della gloria. Così egli infatti dice
con tutta chiarezza: Quando verrà il Figlio dell'uomo nella sua gloria e tutti
gli Angeli con lui, allora saranno radunate davanti a lui tutte le genti, e
tutto ciò che in quel passo è annunciato circa il giudizio futuro sino
all'ultima sentenza. Anche i Giudei, che in quel giudizio debbono venir puniti,
perché si ostineranno nella malizia, come è scritto altrove: Guarderanno a
colui che hanno trafitto. Poiché tanto i buoni che i cattivi dovranno vedere il
giudice dei vivi e dei morti, i cattivi non lo potranno certamente vedere se
non nella natura per la quale è Figlio dell'uomo, tuttavia nello splendore in
cui giudicherà, non nell'umiliazione in cui fu giudicato. Del resto senza
dubbio gli empi non vedranno la natura divina per la quale è uguale al Padre;
infatti non sono puri di cuore ed è scritto: Beati i puri di cuore perché
vedranno dio. E questa visione è a faccia a faccia; promessa come sommo premio
ai giusti, essa sarà data quando il Signore consegnerà il regno a dio Padre; in
questo egli vuole che si intenda anche la visione della sua natura, una volta
sottomessa a dio ogni creatura, compresa quella stessa nella quale il Figlio di
dio è divenuto uomo. Poiché secondo questa umanità anche il Figlio sarà allora
sottomesso a colui che gli sottomise tutte le cose affinché Dio sia in tutto in
tutti. D'altra parte se il Figlio di Dio giudice, quando sarà per giudicare
apparisse anche ai malvagi nella natura in cui è uguale al Padre, quale sarebbe
il vantaggio che egli promette a chi lo ama quando dice: Io dunque lo amerò e
mostrerò me stesso a lui? Perciò il
Figlio di Dio giudicherà, ma non in forza dell'autorità umana, bensì in forza
di quel potere che lo fa Figlio di Dio. D'altra parte il figlio di Dio
giudicherà senza apparire in quella natura nella quale, come Dio, è uguale al
Padre, ma mostrandosi in quella per cui è Figlio dell'uomo.
In che senso il Figlio dell'uomo giudicherà e
non giudicherà
-
29. Abbiamo visto così che si può
affermare l'una e l'altra cosa: sia che il figlio dell'uomo giudicherà sia che
non giudicherà; infatti il Figlio dell'uomo giudicherà, affinché si adempia
l'affermazione: Quando verrà il Figlio dell'uomo, allora saranno radunate tutte
le genti al suo cospetto, e non giudicherà affinché si compiano le altre: Io
non giudicherò; e: Io non cerco la mia gloria, vi è colui che la cerca e che
giudica. Anzi se consideriamo che nel giudizio apparirà non la natura divina ma
la natura del Figlio dell'uomo, neppure il Padre giudicherà; in questo senso è
stato detto: Il Padre non giudica nessuno ma ha affidato ogni giudizio al
Figlio. C'è da decidere se questo si debba intendere nel senso
dell'affermazione già esaminata: Così dette al Figlio di avere la vita in se
stesso, per far intendere che così egli generò il Figlio, oppure secondo
quest'altra in cui l'Apostolo dice: Ecco perché Dio lo esaltò e gli dette un
nome che è sopra ogni altro nome. E qui si riferiva al Figlio dell'uomo, perché
come tale il Figlio di Dio fu resuscitato dai morti. Egli è uguale al Padre
nella natura divina, rispetto al quale si è esinanito assumendo la natura di
servo; in questa stessa natura di servo opera e patisce e riceve ciò che
l'Apostolo, continuando, afferma: Egli si umiliò, fatto obbediente fino alla
morte, anzi alla morte di croce; per questo anche Dio lo esaltò e gli diede il
nome che è sopra ogni altro nome, cosicché nel nome di Gesù si pieghi ogni
ginocchio delle creature celesti, terrestri e sotterranee e ogni lingua confessi
che il signore Gesù Cristo è nella gloria di dio Padre. Appare dunque ben
chiaro da questo se il Signore ha detto: Ha affidato al figlio ogni giudizio,
secondo il senso di quella prima o di quest'ultima espressione. Se l'avesse
detto nello stesso senso in cui ha detto: Dette al Figlio di avere in se stesso
la vita, non direbbe: Il padre non giudica alcuno. E' secondo la natura divina
nella quale il Padre ha generato il Figlio uguale a sé che il Padre che il
Padre giudica insieme al figlio. si dice dunque che il Padre non giudica per
dire che nel giudizio non apparirà la natura di dio ma la natura del Figlio
dell'uomo. Non che colui che ha affidato ogni giudizio al figlio non abbia a
giudicare, dal momento che il Figlio dice di lui: Vi è colui che cerca la mia
gloria e che giudicherà. Ma il Signore ha detto: Il Padre non giudica alcuno ma
ha affidato ogni giudizio al figlio, come se avesse detto: << Nessuno
vedrà il Padre nel giudizio dei vivi e dei morti, ma tutti vedranno il figlio
>>, perché egli è anche figlio dell'uomo, affinché appunto anche i
malvagi lo possano vedere, allorché vedranno colui che hanno trafitto.
La dottrina cattolica sulla Trinità I,13
S. Agostino
Solo Dio è buono
- 31.
Nella visione in cui si mostrerà ai puri di cuore Dio è pieno di bontà,
perché: Quanto è buono il Dio d'Israele verso i retti di cuore! Ma quando i
cattivi lo vedranno come loro giudice non sembrerà loro buono, poiché non
godranno di lui in fondo al loro cuore ma gemeranno su di sé tutte le genti
della terra. Cioè tutti i cattivi e i non credenti. Per questo anche a chi lo
aveva chiamato "Buon Maestro", chiedendogli consiglio per conseguire
la vita eterna, Gesù rispose: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono?
Nessuno è buono se non Dio solo. E tuttavia il Signore dice buono anche l'uomo
: L'uomo buono estrae dal tesoro buono del suo cuore cose buone, il cattivo
estrae dal cattivo tesoro del suo cuore cose cattive. Ma quello gli chiedeva
della vita eterna e la vita eterna consiste in quella contemplazione nella
quale Dio è visto non a nostra condanna, ma per la nostra eterna felicità; e
non capiva l'interlocutore con chi stava parlando, poiché lo riteneva solo un
Figlio dell'uomo. Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono, gli disse;
cioè:" Perché interroghi questa natura che vedi riguardo a ciò che è
buono? Perché da ciò che vedi mi chiami Buon Maestro? Questa natura è quella
del Figlio dell'uomo, quella creatura che è stata assunta, che apparirà nel
giudizio non solo ai buoni ma anche ai cattivi e la cui visione non si volgerà
in bene per quelli che compiono il male. Ma vi è una visione della natura a me
propria, quella in cui non ritenni rapina la mia uguaglianza con Dio, ma mi
sono esinanito per assumere questa. E' dunque lui questo unico Dio, Padre,
Figlio e Spirito Santo, che non apparirà che per il gaudio che non sarà mai
tolto ai giusti; a questo gaudio futuro aspira colui che gemendo dice: Una sola
cosa domandai al Signore e questa cercherò: di abitare nella sua casa tutti i
giorni della mia vita per contemplare le delizie del Signore. E' l'unico Dio
dunque che solo è buono perché nessuno lo vede affliggersi e lamentarsi, ma
solo per la propria salvezza e felicità vera. Se tu dunque mi consideri dal
punto di vista di quella natura, io sono buono; ma se mi consideri dal punto di
vista di questa che vedi, perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono se tu
sarai di quelli che vedranno colui che hanno trafitto? Questa visione sarà a loro
infelicità perché sarà di castigo". I testi che ho citato sembrano provare
che in questo senso il Signore ha detto: Perché mi interroghi riguardo a ciò
che è buono? Nessuno è buono se non dio solo. Infatti quella visione di Dio
nella quale contempleremo la sostanza immutabile che occhi umani non possono
vedere, visione che è promessa solo ai santi e che San Paolo chiama a faccia a
faccia, di cui l'Apostolo Giovanni afferma: Saremo simili a Dio, perché lo
vedremo come egli è, della quale ancora è detto: Una sola cosa domandai al
Signore che io possa contemplare le sue delizie, e di cui il Signore stesso
afferma: Io lo amerò e mostrerò me stesso a lui, questa sola visione per la
quale si purificheranno i nostri cuori con la fede perché possiamo essere: Beati
dal cuore puro perché vedranno Dio, la visione circa la quale altri testi
sparsi in grandissima quantità nella Scrittura può trovare chi per cercarla
tende gli occhi all'amore: essa sola è il nostro sommo bene per il cui
raggiungimento ci è comandato di fare quanto facciamo di bene. Ma la visione,
già preannunciata del Figlio dell'uomo, quando tutte le genti saranno radunate
al suo cospetto e gli chiederanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato e
assetato?, e quel che segue, non sarà di
gaudio per i cattivi che saranno gettati nel fuoco eterno né di sommo bene per
i buoni perché egli li invita inoltre al
regno che è stato preparato loro fin dall'inizio del mondo. Se a quelli
comanderà: andate nel fuoco eterno, dirà a questi: Venite, benedetti del Padre
mio, prendete possesso del regno preparato per voi. Come quelli andranno nel
fuoco eterno, così i giusti entreranno nella vita eterna. Ma che cos'è la vita eterna? Che conoscano te
- egli dice - come l'unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo e lo
conoscano beninteso in quella magnificenza della quale egli dice al Padre:
quella che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Allora consegnerà il
regno a Dio Padre, perché il servo buono e fedele entri nella gioia del suo
Signore, e per nascondere coloro che Dio possiede nel segreto del suo volto,
lontani dal turbamento degli uomini, di quelli cioè che nell'udire quella
sentenza saranno agitati. Il giusto non temerà nell'udire quella condanna, se fin d'ora nel tabernacolo, cioè nella fede
della Chiesa cattolica, trova protezione di fronte agli attacchi delle malelingue,
ossia di fronte ai calunniosi errori degli eretici. Ma se è possibile un'altra
interpretazione delle parole del Signore: Perché mi interroghi riguardo a ciò
che è buono? Nessuno è buono se non Dio Solo, purché non si ritenga che la
sostanza del Padre è migliore di quella del Figlio per la quale egli è il Verbo
per mezzo del quale tutte le cose furono fatte, e purché non ci si allontani in
nulla dalla retta dottrina, noi l'accetteremo serenamente e non solo quella, ma
ogni altra che si potrà trovare. Perché avremo ragione degli eretici tanto più
saldamente quanto più numerose si aprono le vie d'uscita per sfuggire ai loro
inganni. In quanto agli argomenti che ancora dobbiamo prendere in
considerazione, li affronteremo in un'altra parte della nostra ricerca.
La dottrina cattolica sulla Trinità Libro
II,3
S. Agostino
Lo Spirito Santo non parla da sé,
perché procede dal Padre
3, 5.
Infatti anche dello Spirito Santo, sebbene di lui la Scrittura no abbia
detto : Si esinanì assumendo la natura di servo, il Signore stesso ha
affermato: Quando sarà venuto lo Spirito di verità, egli vi insegnerà tutta la
verità, giacché non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà e vi annunzierà
le cose che dovranno succedere. Egli mi glorificherà perché prenderà dal mio e
ve lo annunzierà. Se dopo queste parole non avesse immediatamente aggiunto:
Tutto ciò che ha il Padre è mio; perciò ho detto che prenderà dal mio e ve lo
annunzierà, si potrebbe forse credere che lo Spirito Santo è nato da Cristo
come questi dal Padre. Infatti di se stesso Cristo aveva detto : La mia
dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato; dello Spirito Santo dice:
Giacché non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà; e poi: perché prenderà
dal mio e ve lo annunzierà. Ma, poiché spiega l'affermazione prenderà dal mio (
dicendo: Tutto ciò che ha il Padre è mio, perciò ho detto che prenderà dal mio
e ve lo annunzierà ), non resta se non intendere che anche lo Spirito Santo
riceve dal Padre come il Figlio. E questo non può avvenire se non nel senso già
sopra indicato: quando poi sarà venuto il Paraclito che io vi manderò dal
Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli renderà testimonianza
di me? Per questo è detto che non parla da se, in quanto procede dal Padre. E
come il Figlio non è inferiore al Padre, sebbene abbia detto: Il Figlio non può
fare nulla da sé, se non quanto avrà visto fare dal Padre ( infatti non ha
detto questo in quanto servo ma in quanto Dio, come abbiamo già dimostrato, e
queste parole non indicano che egli è inferiore al Padre ma che ha origine da
lui ), allo stesso modo non consegue che lo Spirito Santo sia inferiore al
Padre, perché il figlio ha detto di lui: Infatti non parlerà da se stesso ma vi
dirà quanto udrà. con queste parole il Figlio voleva significare che lo Spirito
Santo procede dal Padre. Ma poiché il Figlio ha origine dal Padre e lo Spirito
Santo procede dal Padre, perché non li
chiamiamo ambedue "figli" né li chiamiamo ambedue
"generati" ma chiamiamo Figlio Unigenito solamente il primo, mentre
chiamiamo l'altro Spirito Santo e non "figlio" o
"generato", espressioni queste equivalenti? E' quello che spiegherò,
se Dio lo concederà e nella misura in cui lo concederà.
Il figlio non è inferiore al
Padre, perché questi lo glorifica
4, 6. Ma a questo punto stiamo bene attenti,
se lo possono, quanti hanno creduto di potersi valere, per dimostrare la
superiorità del Padre sul Figlio, anche di queste parole del figlio: Padre,
glorificami. Si badi bene che anche lo Spirito Santo lo glorifica. Allora anche
lui è superiore al Figlio? Si osservi però che, se lo Spirito Santo glorifica
il figlio in quanto riceverà dal Figlio, e riceverà dal Figlio perché tutto ciò
che ha il Padre è del Figlio, appare chiaro che, quando lo Spirito Santo
glorifica il Figlio, è il Padre che glorifica il Figlio. Da questo si vede che tutto ciò che ha il
Padre appartiene non solo al Figlio ma anche allo spirito Santo, perché lo
Spirito Santo ha il potere di glorificare il Figlio che il Padre glorifica. Se
colui che glorifica è superiore a chi da lui viene glorificato, si conceda
almeno che sono uguali quelli che si glorificano vicendevolmente. Ora la
Scrittura afferma che anche il Figlio glorifica il Padre: Io - afferma il
Figlio - ti ho glorificato sopra la terra. ci si guardi bene dal considerare lo
Spirito Santo superiore al Padre e al figlio perché glorifica il Figlio che il
Padre glorifica, mentre non si afferma nella Scrittura che egli sia glorificato
né dal Padre né dal figlio.
Trinità I,4
S. Agostino
4.7 Tutti gli interpreti cattolici dei Libri
sacri dell'Antico Testamento e del Nuovo che hanno scritto prima di me sulla
Trinità di Dio e che io ho potuto leggere, questo intesero insegnare secondo le
Scritture: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo con la loro assoluta parità
in una sola e medesima sostanza mostrano l'unità divina e pertanto non sono tre
dei, ma un Dio solo, benché il Padre abbia generato il Figlio e quindi non sia
Figlio colui che è Padre; benché il Figlio sia stato generato dal Padre e
quindi non sia Padre colui che è Figlio; benché lo Spirito Santo, non sia né
Padre né Figlio ma solo lo Spirito del Padre e del Figlio, pari anch'egli al
Padre e al Figlio, appartenente con essi all'unità della Trinità. Tuttavia non
la Trinità medesima nacque dalla vergine Maria, fu crocifissa e sepolta sotto
Ponzio Pilato, risorse il terzo giorno ed ascese al cielo, ma il Figlio
solamente. Così non la Trinità medesima scese in forma di colomba su Gesù nel
giorno del suo battesimo o nel giorno della Pentecoste, dopo l'ascensione del
Signore, si posò su ciascuno del Apostoli, con il suono che scendeva dal cielo
come fragore di vento impetuoso e mediante lingue di fuoco, ma lo Spirito Santo
solamente. Né infine la medesima Trinità pronunciò dal cielo le parole: tu sei
il Figlio mio, quando Gesù fu battezzato da Giovanni, o sul monte quando erano
con lui i tre discepoli, oppure quando risuonò la voce dicendo: L'ho
glorificato e ancora lo glorificherò, ma era la voce del Padre solamente che si
rivolgeva al Figlio, sebbene il Padre, il figlio e lo Spirito Santo operino
inseparabilmente, come sono inseparabili nel loro stesso essere. Questa è la
mia fede, perché questa è la fede cattolica.
Le tre questioni che turbano
alcuni
5.8 Ma alcuni restano fortemente turbati nella
loro fede al sentire che si parla di un dio Padre e di un Dio Figlio e di un
Dio Spirito Santo e che tuttavia questa Trinità non è tre dei, ma un solo Dio.
Chiedono come intendere ciò, dato soprattutto che i Tre, si dice, operano
inseparabilmente in ogni attività divina e tuttavia è stata udita la voce del
Padre che non è la voce del figlio; il Figlio solo si incarnò, patì, risorse ed
ascese al cielo; solo lo Spirito Santo discese in forma di colomba. Essi
vogliono capire in che modo quella voce in cui il Padre solo parlò sia opera
della Trinità, quella carne in cui il Figlio solo nacque dalla Vergine sia stata
creata dalla Trinità, quella forma di colomba in cui solamente lo Spirito Santo
apparve sia opera della Trinità medesima. In caso contrario la Trinità non
opera inseparabilmente, ma alcune cose opera il Padre, altre il Figlio, altre
lo Spirito Santo; oppure, se operano insieme solo alcune cose ed altre
separatamente, la Trinità non può dirsi inseparabile. Ma c'è un'altra
difficoltà: come nella Trinità vi è uno Spirito Santo non generato dal Padre né
dal Figlio né da entrambi insieme, sebbene sia lo Spirito del Padre e del
Figlio? Poiché sono queste le domande che ci rivolgono, e lo fanno fino a
tediarci, così, se la nostra piccolezza approda a qualche conoscenza con la
grazia di Dio, la esponiamo loro come meglio possiamo e senza imitare colui che
è roso dall'invidia. Mentiamo se diciamo che non siamo soliti pensare a questi
argomenti; ma, se confessiamo che questi ci stanno fissi in mente perché siamo
trascinati dal desiderio di cercare la verità, essi vogliono sapere in nome
della carità i risultati della nostra ricerca. Non che abbia già conseguito il premio e
raggiunto ormai la perfezione ( se osò dirlo l'Apostolo Paolo, quanto più lo
potrei io che sono tanto lontano da lui,
sotto i suoi piedi?), ma secondo le mie capacità, dimentico ciò che mi sta alle
spalle e mi slancio in avanti e con tutte le mie forze corro verso il premio
della vocazione celeste. Così mi si chiede quanta strada abbia percorso e a che
punto dalla fine io sia arrivato. Desiderano saperlo certe persone che la
libera carità, mi costringe a servire. Ma bisogna anche, e dio me lo
concederà, che giovi a me stesso, mentre
preparo questi scritti per loro perché li possano leggere, e che il desiderio
di rispondere a chi mi interroga, mi aiuti a trovare ciò che ho continuato a
cercare. Ho intrapreso questo lavoro per ordine
e con l'aiuto del Signore Dio nostro non per ragionare con autorità
delle cose che conosco, ma per conoscerle più a fondo, parlandone con serietà.
La
dottrina cattolica sulla Trinità I,5-6
Il Figlio è vero Dio, della stessa
sostanza del Padre
6,
9. Chi disse che il Signore nostro Gesù
Cristo non è Dio o non è vero Dio o non è unico e solo Dio con il Padre o non è
veramente immortale perché mutevole, fu convinto d'errore dalla evidentissima e
unanime testimonianza delle Scritture, dove leggiamo: In principio era il Verbo
e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. E' chiaro che nel Verbo di Dio
noi riconosciamo il Figlio unico di Dio, del quale Giovanni dice più avanti: E
il Verbo si fece carne ed abitò fra noi, perché si è incarnato nascendo nel
tempo della Vergine. In questo passo Giovanni afferma non soltanto che il Verbo
è Dio ma anche che è consustanziale al Padre, perché dopo aver detto: E il
Verbo era Dio, aggiunse: questi era in principio presso Dio e tutte le cose per
mezzo di Lui furono fatte e niente fu fatto senza di Lui. E poiché quando dice:
tutte le cose, intende significare tutte le cose che furono fatte, ossia tutte
le creature, si può con certezza affermare che non è stato fatto Colui per
mezzo del quale furono fatte tutte le cose. E se non è stato fatto, non è
creatura; se non è creatura, è consustanziale al Padre. Infatti ogni sostanza
che non è Dio è creatura, e quella che non è creatura è Dio. Ma se il Figlio
non è della medesima sostanza del Padre, evidentemente è una sostanza creata;
ma se è tale, non tutte le cose furono fatte per mezzo di Lui. Se però ogni
cosa per mezzo di lui fu fatta, allora
egli è una sola e medesima sostanza con il Padre. E perciò non è soltanto Dio
ma anche vero Dio. E' quanto Giovanni dice con somma chiarezza nella sua
Epistola: Sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza
perché conosciamo il vero Dio, e siamo nel suo vero Figlio Gesù Cristo. Questi
è il vero Dio e la vita eterna.
Invisibilità del Figlio e di
tutta la Trinità
-
11. tuttavia ciò che segue farà forse
nascere difficoltà contro questa interpretazione. L'Apostolo infatti aggiunge:
Colui che nessun uomo vide né può vedere. Ma anche queste parole vanno riferite
a Cristo considerato nella sua divinità, che non fu visibile ai giudei, sebbene
essi abbiano visto e crocifisso la sua carne. La divinità infatti da nessun
occhio umano può essere vista. La vede solo l'occhio che si possiede quando non
si è più uomini ma superiori agli uomini. Giustamente dunque si riconosce Dio
Trinità nelle parole: Beato e solo potente che manifesta la venuta del Signore
nostro Gesù Cristo nei tempi stabiliti. Dice infatti l'Apostolo: Il solo che
possiede l'immortalità nello stesso senso in cui è stato scritto nei Salmi:
Colui che solo opera meraviglie. Vorrei sapere a chi riferiscano i miei
avversari questa affermazione. Se infatti si tratta solamente del Padre, in che
modo può essere vero ciò che dice il Figlio: Qualunque cosa fa il Padre, la fa
similmente anche il Figlio? Forse vi è tra le meraviglie cosa più prodigiosa
che resuscitare e vivificare i morti? E lo stesso Figlio tuttavia dice: Come il
Padre risuscita i morti e li vivifica, così anche il Figlio vivifica chi vuole.
In che modo dunque il Padre solo opera meraviglie, se queste parole non
permettono il riferimento a lui solo né al Figlio soltanto, ma all'unico vero
Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo?
La
dottrina cattolica sulla Trinità I,6-7
S. Agostino
Anche lo Spirito Santo è vero
Dio, perfettamente uguale al Padre e al Figlio
-13. Anche
per quanto riguarda lo Spirito Santo si raccolsero testimonianze - e quelli che
ci precedettero nella trattazione di questi argomenti se ne sono largamente
serviti - secondo le quali lo Spirito Santo è Dio, non una creatura. E se non è
una creatura, non soltanto è Dio (anche gli uomini furono detti dei) ma anche
vero Dio. Pertanto perfettamente uguale al Padre e al Figlio e consustanziale e
coeterno ad essi nell'unità della Trinità. Che lo Spirito Santo non sia una creatura
risulta chiaramente soprattutto da quel passo importantissimo in cui ci viene
comandato di servire non alla creatura ma al Creatore. Non si tratta di un
servizio come quello che la carità ci
impone gli uni verso gli altri - in greco ̒ δουλεύείν-
ma di quello che è dovuto al solo Dio e
che in greco si esprime con λατρεύειν,
vocabolo da cui deriva il nome idolatra,
attribuito a chi presta agli idoli il culto dovuto a Dio. A questo culto si
riferisce il comandamento: Adorerai
il Signore Dio tuo e lui solo servirai. Il testo greco è più espressivo ed usa λατρεύбεις.
Ora, se ci è proibito di rendere alla creatura
questa specie di culto per il comandamento: Adorerai il Signore Dio tuo e lui
solo servirai - di qui l'esecrazione dell'Apostolo per coloro che adorano e
servono la creatura invece del Creatore - non può essere assolutamente creatura
lo Spirito Santo al quale tutti i cristiani prestano tale tipo di servizio,
come attesta l'Apostolo: I circoncisi siamo noi che serviamo lo Spirito di Dio,
dove il testo greco usa λατρεύοντες.
Anche
molti codici latini hanno : Noi che serviamo lo Spirito di Dio, quelli greci
tutti o quasi. Però in alcuni esemplari latini non si trova: Serviamo lo
Spirito di Dio, ma: Serviamo Dio con lo Spirito. Ma coloro che qui cadono in
errore e si rifiutano nei riguardi di questo testo di dar credito ad una lezione più autorevole
trovano forse variato nei codici anche questo passo: Non sapete che i vostri
corpi sono il tempio dello Spirito Santo che è in noi e che voi ricevete da
Dio? Ora che cosa di più insensato e
sacrilego che qualcuno osi dire che le membra di Cristo sono il tempio di una
creatura che secondo i nostri avversari è inferiore a Cristo? infatti in un
altro passo l'apostolo afferma: I vostri corpi sono le membra di Cristo. Se
dunque quelle che sono le membra di Cristo sono il tempio dello Spirito santo,
lo Spirito Santo non è una creatura, perché
colui al quale offriamo quale tempio il nostro corpo deve ricevere
necessariamente quell'adorazione che si deve solo a dio, e che è precisa dalla
lingua greca con il vocabolo λατρεία.
Per questo motivo l'Apostolo
Paolo conclude: Glorificate dio nel vostro corpo.
Il Figlio come uomo
inferiore al Padre ed anche a se stesso
7. 14.
Queste testimonianze ed altre di tale natura hanno permesso ai nostri
predecessori che, come ho detto, ne hanno fatto largo uso, di sgominare le
imposture e gli errori degli eretici; esse rivelano alla nostra fede l'unità e
l'uguaglianza della Trinità. Ma nelle Sacre Scritture vi sono molti passi a
motivo dell'incarnazione del Verbo di Dio- incarnazione avvenuta per la nostra
salvezza cosicché il mediatore tra Dio e gli uomini fosse l'uomo Gesù Cristo -
passi ,che fanno pensare o anche esplicitamente affermano che il Padre è
superiore al Figlio. Per questo alcuni troppo poco attenti nello scrutare il
senso e nell'afferrare l'insieme delle Scritture hanno tentato di riferire ciò
che fu detto di Gesù Cristo in quanto uomo alla sua natura che era eterna prima
dell'incarnazione e che è sempre eterna. su questa base essi pretendono che il
Figlio sia inferiore al Padre, poiché il signore stesso ha detto: Il Padre è
più grande di me. Ma la verità mostra che in questo senso il Figlio è inferiore
anche a se stesso. Come infatti non sarebbe divenuto tale colui che si esinanì assumendo
la natura di servo? Infatti non assunse
la natura di servo così da perdere quella di Dio nella quale era uguale al
Padre. Pertanto, se la natura di servo fu assunta in modo tale che egli non
perdette la sua natura divina - poiché come servo e come Dio egli è lo stesso e
unico Figlio di Dio Padre, uguale al Padre nella sua natura divina, e mediatore
di Dio e degli uomini nella sua natura di servo, l'uomo Gesù Cristo - è chiaro
che considerato nella sua natura divina anche lui è superiore a se stesso,
mentre è a se stesso inferiore se considerato nella natura di servo. La
Scrittura molto giustamente dunque si esprime in duplice modo, affermando che
il figlio è uguale al Padre e che il Padre è superiore al Figlio. Nel primo caso riconosce una conseguenza
della sua natura divina, nel secondo una conseguenza della sua natura di servo,
fuori d'ogni confusione. Un capitolo di una Epistola dell'Apostolo Paolo
fornisce questa regola da seguire per risolvere il problema in questione
attraverso tutto il complesso delle Sante Scritture. In quel capitolo si
raccomanda molto chiaramente la distinzione accennata: Colui che sussistendo in
natura di Dio, non considerò rapina la sua uguaglianza con dio, ma si esinanì perdendo la natura di servo, divenuto simile
agli uomini, ritrovato in stato d'uomo. Per natura dunque il Figlio di Dio è
uguale al Padre, per stato inferiore a
Lui. Nella natura di servo, che ha assunto, è inferiore al Padre, nella natura
divina nella quale sussisteva, anche prima di assumere quella di servo, è
uguale al Padre. Nella natura di dio è il Verbo per mezzo del quale tutte le
cose furono fatte, nella natura di servo fu formato da donna, formato sotto la
Legge, per riscattare coloro che erano soggetti alla Legge. Perciò nella natura
di Dio ha fatto l'uomo, nella natura di servo si è fatto uomo. Se il Padre
solamente e non anche il figlio avesse fatto l'uomo, non sarebbe scritto:
facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza. Poiché dunque la natura di Dio ha assunto ,la
natura di servo, Dio è l'uno e l'altro, come l'uomo è l'uno e l'altro. Ma dio
lo è, perché ha assunto l'uomo; l'uomo lo è perché è stato assunto da Dio.
Infatti nell'incarnazione nessuna delle due nature si è mutata nell'altra : la divinità non fu
certamente mutata nella creatura, cessando di essere divinità, né la creatura
divenne divinità, cessando di essere creatura.
La
dottrina cattolica sulla Trinità I,8
S. Agostino
Il Figlio come uomo è sottomesso
al Padre
8,
15. Le parole dello stesso Apostolo:
Quando tutte le cose gli saranno state sottomesse, allora il Figlio stesso si
sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise, possono servire contro
l'opinione secondo cui lo stato preso da Cristo nella natura umana si sarebbe
poi convertito nella stessa divinità, o meglio deità, la quale non è creatura
ma la stessa unità incorporea, immutabile e per natura consustanziale e
coeterna con se stessa, della trinità; oppure se qualcuno pretende che le
parole: allora il figlio di Dio si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli
sottomise possano intendersi, come alcuni hanno inteso, nel senso che questa
sottomissione sarà la trasformazione e conversione della creatura nella stessa
sostanza o essenza del Creatore, cioè che quella che era la sostanza della
creatura diverrebbe la sostanza del Creatore, allora costui conceda almeno
questo che è certissimo: tale trasformazione non era ancora avvenuta quando il
Signore diceva: Il Padre è maggiore di me. Infatti egli disse queste parole non
solo prima di ascendere al cielo ma anche prima della sua passione e
risurrezione dai morti. Ora chi ammette che in Cristo la natura umana si muti e
si trasformi nella sostanza della deità e chi sostiene che le parole: Allora il
figlio stesso si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise
significhino: Allora lo stesso Figlio dell'uomo e la natura umana assunta dal
Verbo di dio si trasformerà nella natura di colui che tutto gli sottomise,
suppone che ciò avverrà quando (dopo il giorno del giudizio) avrà consegnato il
regno a dio Padre. Ma anche a stare a questa interpretazione, resta ben fermo
che il Padre è superiore alla natura di servo, che il figlio ha ricevuto dalla
Vergine. Anche se alcuni sostengono che l'uomo Gesù Cristo si è già mutato
nella sostanza di Dio, costoro non possono certamente negare che la natura
umana sussisteva ancora , prima della passione, quando diceva: Il Padre è più
grande di me, per cui ci pare che non ci sia più alcun motivo di esitazione
circa il senso di quelle parole: Il Padre è superiore alla natura di servo del
Figlio, che è uguale al Padre nella natura divina. Leggendo queste parole
dell'Apostolo: Quando dice che tutto è stato sottomesso, è chiaro che si deve
eccettuare colui che tutto gli ha
sottomesso, nessuno pensi di interpretarle nel senso che il Padre abbia
sottomesso tutte le cose del Figlio, come se anche lo stesso Figlio non ne
avesse sottomesso a sé tutte le cose. Lo spiega chiaramente l'Apostolo ai
Filippesi: La nostra dimora è nei cieli, da dove aspettiamo, come Salvatore, il
Signore Gesù Cristo che trasformerà il corpo della nostra umiliazione,
rendendolo simile al corpo della sua gloria, secondo l'operazione con cui può
rendere a sé soggette tutte le cose. L'operare del Padre e l'operare del Figlio
sono inseparabili; altrimenti neppure il Padre ha sottomesso a sé tutte le
cose. Gliele ha sottomesse il Figlio che ha consegnato a lui il regno e
distrugge ogni principato, ogni potestà, ogni virtù. Proprio del Figlio fu
detto: Quando consegnerà il regno a Dio Padre dopo aver distrutto ogni
principato, ogni potestà, ogni virtù. Colui che sottomette è lo stesso che
distrugge.
La contemplazione di Dio ci è
promessa come fine di tutte le nostre azioni
-
17. Questa contemplazione ci è promessa
come fine di tutte le nostre azioni e pienezza eterna del nostro gaudio.
Infatti siamo figli di Dio ed ancora non è stato mostrato ciò che saremo. Ma
sappiamo che quando ciò sarà manifesto, saremo simili a lui, perché lo vedremo
come è veramente. Ciò che ha dichiarato
al suo servo Mosè: Io sono colui che sono; e annuncerai questo ai figli d'Israele: Colui che è mi ha
mandato a Voi, questo contempleremo quando vivremo eternamente. Similmente
disse il Signore: La vita eterna è questa, che conoscano te unico vero Dio e
colui che hai mandato, Gesù Cristo. Questo avverrà quando il Signore sarà
venuto e avrà illuminato ciò che si nasconde nelle tenebre, quando sarà
dissipata l'oscurità di questo stato mortale e corruttibile. Sarà il nostro
mattino, quello di cui parla il Salmista: Al mattino mi disporrò dinanzi a te e
ti contemplerò. Le parole dell'Apostolo: Quando consegnerà il regno a Dio Padre
si riferiscono, mi sembra, a questa contemplazione, cioè al momento in cui
l'uomo Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, avrà condotto tutti i
giusti, su quali ora regna per la loro vita nella sua fede, alla contemplazione
di Dio Padre. Se qui cado in errore mi corregga chi ha meglio compreso. A me
non sembra che ci siano altre interpretazioni. tuttavia non cercheremo altro
quando saremo giunti alla contemplazione che non possiamo avere ora, finché la
nostra gioia è tutta riposta nella speranza.
Ma la speranza che si scorge non è speranza: come infatti ciò che uno
scorge può anche sperarlo? Ma se
speriamo in ciò che vediamo è per mezzo della pazienza che noi aspettiamo,
finché il re si trova nel suo convito.
Si compirà allora quanto è scritto: Mi riempirai di gioia con la tua presenza.
dopo questa gioia non si cercherà più nulla, perché non vi sarà altro da
cercare; il Padre si mostrerà a noi e questo ci basterà. E' ciò che aveva ben
capito Filippo quando diceva: Signore, mostraci il Padre e questo ci basterà.
Ma non aveva ancora capito che avrebbe potuto dire allo stesso modo: << Signore, mostraci
te stesso e questo ci basterà >>. E perché capisse questo il Signore gli
rispose: Da tanto tempo sono con voi e non mi conoscete? Filippo, chi vede me,
vede anche il Padre. Ma poiché voleva che egli vivesse di fede prima che la
visione gli fosse possibile, aggiunse: Non credi tu che io sono nel Padre e il
Padre in me?. Infatti finché siamo presenti nel corpo, noi siamo lontani dal
Signore, perché camminiamo per fede, non per visione. La contemplazione è
certamente la ricompensa della fede, è il premio a cui i cuori si preparano
purificandosi con la fede, come è scritto: Avendo purificato i loro cuori per
mezzo della fede. Che i cuori si purifichino per quella contemplazione è
testimoniato soprattutto da questo passo: Beati i puri di cuore perché vedranno
Dio. E poiché questa è la vita eterna, dio dice nel Salmo: Lo sazierò di una
lunga durata di giorni e gli mostrerò la mia salvezza. Pertanto allorché
ascoltiamo: << Mostraci il figlio >>, ascoltiamo: Mostraci il
Padre. E' la stessa cosa, perché nessuno dei due può essere mostrato senza
l'altro. Sono appunto una cosa sola, così come ha detto anche il Signore: Io e
il Padre siamo una sola cosa. Per questa inseparabilità può essere sufficiente
attribuire talvolta alla sola presenza del Padre o del Figlio la pienezza della
nostra felicità.
La
dottrina cattolica sulla Trinità I,8
S. Agostino
Lo Spirito Santo
basta alla nostra beatitudine, perché inseparabile dal Padre e dal Figlio
- 18. Da questa unità non può
essere separato lo Spirito di ambedue, cioè lo Spirito del Padre e del Figlio.
E' questo lo Spirito Santo, che la Scrittura propriamente chiama: Spirito di
verità che il mondo non può ricevere. Ora la nostra gioia perfetta della quale
nulla c'è di più alto, è godere Dio Trinità che ci ha fatto a sua immagine. Per
questo talvolta si parla dello Spirito Santo come se bastasse lui solo alla
nostra beatitudine, e davvero basta, in quanto non può essere separato dal
Padre e dal Figlio, allo stesso modo in cui basta il Padre solo, perché
indivisibile dal Figlio e dallo Spirito Santo, e basta il Figlio solo, perché
non si può separare dal Padre e dallo Spirito Santo. Che senso hanno queste
parole del Signore: Se mi amate, osservate i miei comandamenti ed io pregherò
il Padre ed egli vi darà un nuovo difensore perché sia con voi in eterno, lo
Spirito di verità che questo mondo (cioè chi ama questo mondo) non può
ricevere? L'uomo carnale infatti non comprende le cose dello Spirito di Dio. Ma
ancora può sembrare che in base all'espressione: Ed io pregherò il Padre ed
egli vi darà un nuovo difensore il Figlio solo non basti per la nostra
felicità. In un altro passo poi si dice dello stesso Spirito, come se solo
bastasse pienamente: Quando verrà lo Spirito di verità, vi insegnerà tutta la
verità. Ma forse si vuole con questo testo escludere il Figlio come se non
insegnasse egli stesso tutta la verità, o come se lo Spirito Santo dovesse
colmare le lacune dell'insegnamento del Figlio? I nostri avversari sostengano
pure, allora,se così loro piace, che lo Spirito Santo è superiore al Figlio,
mentre sono soliti considerarlo inferiore. forse concedono che si debba credere
che anche il Figlio insegna insieme con lo Spirito Santo, in quanto la
Scrittura non dice << Lo Spirito
solamente>>, oppure: << Nessuno all'infuori di lui vi insegnerà la
verità >> ? L'Apostolo ha dunque
escluso il figlio dalla conoscenza di queste cose di dio quando disse: Così
nessuno conosce le cose di Dio, eccetto lo Spirito di Dio, cosicché a questo
punto questi insensati possano concludere affermando che il Figlio per quanto
riguarda i segreti di Dio va a scuola dallo Spirito Santo come uno più piccolo
da uno più grande. Il figlio stesso spinge la sua deferenza verso lo Spirito
Santo fino a dire: Perché vi ho dette queste cose la tristezza ha riempito il
vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è meglio per voi io me ne vada; se non
me ne andrò il difensore non verrà a voi.
La
dottrina cattolica sulla Trinità I,9
S. Agostino
A volte quando si parla di una
Persona divina si intendono implicitamente anche le altre
9. Ma il Signore ha detto questo non a motivo
dell'ineguaglianza tra il Verbo di Dio e lo Spirito Santo, ma perché la
presenza del figlio dell'uomo tra i discepoli impediva, per così dire, la
venuta di colui che non gli era inferiore perché non si era esinanito prendendo
la natura di servo, come ha fatto invece il Figlio. Era necessario dunque che
fosse sottratta ai loro sguardi la natura di servo la cui vista faceva loro
credere che Cristo non fosse nient'altro che quello che vedevano. ecco perché
Gesù dice: Se vi amate, vi rallegrerete con me che io vada al Padre, perché il
Padre è più grande di me, che era quanto dire: bisogna che io vada al Padre
perché fino a quando mi vedrete in questa condizione e, basandovi su ciò che
vedete, mi giudicate inferiore al Padre e pertanto, distolti dalla creatura che
sono e dell'aspetto esterno da me assunto, non potete comprendere la mia
uguaglianza con il Padre. E' per questo che il Signore dice: Non mi toccare,
ancora non sono salito al Padre mio. Infatti il tatto in un certo modo segna il
limite della nostra conoscenza; pertanto il Signore non voleva che lo slancio
del cuore verso di lui si fermasse a quello, così da ritenere vero solo ciò che
si vedeva. Invece l'ascendere al Padre equivaleva per lui ad apparire uguale al
Padre, così com'è, per divenire in cielo l'oggetto di quella visione che ci
basta. A volte la Scrittura si esprime come se il Figlio solo bastasse e tutta
la ricompensa del nostro amore e del nostro desiderio consistesse nella visione
nella visione di lui. Così egli dice infatti: Chi accoglie ed osserva i miei
comandamenti, questi mi ama. E chi ama me sarà amato dal Padre mio e io pure lo
amerò e gli manifesterò me stesso. E forse, perché non ha detto: << Gli
mostrerò anche il Padre >>, ha separato il Padre da se? Ma poiché è vero
che: Io e il Padre siamo una cosa sola, allorché si manifesta il Padre è
manifestato anche il Figlio che è in lui, e quando si manifesta il figlio è
manifestato anche il Padre che è nel Figlio. Perciò, come quando dice: Gli
manifesterò me stesso, intendiamo che manifesta anche il Padre, così quando è
scritto altrove: Quando consegnerà il regno a Dio Padre, si intende che Cristo
non si priva del regno perché quando condurrà i fedeli alla contemplazione di
Dio Padre lì condurrà certamente anche alla contemplazione di se stesso, egli
che dice: gli manifesterò me stesso. E' per questo che alla domanda di Giuda:
Come mai ti manifesti a noi e non al mondo? Gesù rispose: Se uno mi ama,
osserverà le mie parole ed il Padre mio lo amerà ed a lui verremo e dimoreremo
in lui. Ecco che non mostra solo se stesso a chi lo ama, perché viene a lui e
vi prende dimora con il Padre.
Tutta la trinità abita in noi
- 19.
Ma si penserà forse che lo Spirito Santo sia escluso dalla dimora del
Padre e del figlio in chi lo ama? In questo caso che significa ciò che il
Signore ha detto più sopra a proposito dello Spirito Santo: quello che il mondo
non può ricevere perché non lo vede, ma voi lo conoscete perché abita in voi ed
è in voi? Non è dunque estraneo a questa dimora colui del quale fu detto: Abita
con voi ed è in voi, a meno di non toccare l'assurdo pensando che quando il
Padre ed il figlio vengono a dimorare presso chi li ama, lo spirito Santo se ne
vada e lasci il posto a coloro che sono più grandi di lui. Ma la stessa
Scrittura previene questa concezione cos' grossolana, perché poco prima il
signore dice: Ed io pregherò il Padre e vi darà un altro difensore perché resti
con voi in eterno. Lo Spirito Santo non se ne andrà dunque alla venuta del
Padre e del figlio, ma sarà insieme con loro nella stessa dimora in eterno, perché
non venne senza di quelli né quelli senza di lui. Per indicare la Trinità si
fanno attribuzioni nominativamente alle singole persone separatamente, ma tali
attribuzioni non intendono escludere le altre persone, data l'unità della medesima
Trinità e l'unicità della sostanza e della deità del Padre e del figlio e dello
spirito Santo.
La Trinità I,10
La contemplazione di Dio
10, 20. Gesù Cristo Signore nostro consegnerà dunque
il regno a Dio Padre e non sarà separato né lui né lo spirito Santo,quando
condurrà i credenti alla contemplazione di Dio, contemplazione che è il fine di
tutte le nostre buone azioni, la pace eterna, la gioia che non ci sarà tolta.
Questo ci vuole insegnare Cristo quando dice: Vi vedrò di nuovo e il vostro
cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà più togliere la vostra gioia.
Un'immagine di questa gioia già offriva Maria quando sedeva ai piedi del
Signore e intenta alla sua parola, cioè libera da ogni attività e tutta intenta
alla verità del modo che questa vita permette, ma tanto tuttavia da prefigurare
quello che si avrà in futuro per l'eternità. Sua sorella Marta era tutta presa
da un'azione necessaria al momento che, per quanto buona e utile, tuttavia è
destinata a finire quando verrà l'ora del riposo; Maria invece riposava nella
parola del Signore. Ecco perché il Signore così rispondeva a Marta che si
lamentava con lui che la sorella non l'aiutasse: Maria ha scelto la parte
migliore, che non le sarà tolta. Non disse che ciò che faceva Marta era una
parte cattiva ma che la parte migliore è quella che mai ci sarà tolta. La parte destinata al servizio del bisogno
infatti sarà eliminata quando i bisogni cesseranno; l'opera buona che passa ha
come ricompensa la pace che non passerà. In quella contemplazione perciò Dio
sarà tutto in tutti, perché non vi sarà niente altro più da chiedergli, ma ci
basterà partecipare della sua luce e di lui godere. E' ciò che implora colui
nel quale lo Spirito intercede con gemiti inenarrabili. Una sola cosa domanda
al Signore e questa cercherò: abitare nella casa del Signore e questa cercherò:
abitare nella casa del Signore tutti i giorni della vita per contemplare le
delizie del Signore. E contempleremo dio Padre, Figlio e Spirito Santo, quando
Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, consegnerà il regno a Dio Padre.
Allora non intercederà più per noi come nostro mediatore e sacerdote, Figlio di
Dio e Figlio dell'uomo, ma a sua volta in quanto sacerdote per la natura di
servo assunta per noi si sottometterà a colui che gli sottomise tutte le cose
ed al quale tutto egli sottomise; come Dio gli saremo sottomessi come lo siamo
al Padre; come sacerdote si sottometterà con noi al Padre. Perciò, essendo il
Figlio insieme Dio e uomo, in lui la sostanza divina è diversa da quella umana
e questa è nel figlio diversa da lui più che non sia diverso nel Padre il
figlio dal Padre, come la carne che riveste la mia anima è una sostanza diversa
dalla mia anima, sebbene si tatti di un unico uomo, più dell'anima di un altro
uomo.
La dottrina cattolica sulla Trinità I, 11-12
S. Agostino
Le due nature di Cristo
11, 22. Perciò una volta trovata la regola per
interpretare le Scritture quando ci parlano del Figlio di Dio, cioè tener
sempre distinto ciò che in esse è detto di lui in riferimento alla natura di
Dio nella quale egli è, ed è uguale al Padre, da ciò che è detto in riferimento
alla natura di servo che prese e per la quale è inferiore al Padre, non avranno
più da inquietarci le affermazioni delle Scritture come se fossero
contraddittorie e opposte tra loro. Infatti il Figlio secondo la natura divina
è, come lo Spirito Santo, uguale al Padre, poiché nessuno dei due è creatura,
come abbiamo già mostrato, ma secondo la natura di servo è inferiore al Padre
come egli stesso ha detto: Il Padre è più grande di me. E' inferiore anche a se
stesso, poiché di lui è detto: Esinanì se stesso; è inferiore allo Spirito
Santo, perché egli stesso dice: Chiunque parlerà contro il Figlio sarà
perdonato, ma non sarà perdonato chi avrà parlato contro lo Spirito Santo. E'
nello Spirito Santo che egli operò i suoi miracoli: Se io caccio i demoni nello
Spirito di Dio, dunque il regno di Dio è giunto in mezzo a voi. E in un passo
di Isaia di cui dette lettura lui stesso nella sinagoga e di cui non ebbe
alcuna esitazione a mostrare il compimento nella sua persona, dice: Lo Spirito
del Signore è sopra di me, poiché egli mi ha unto per annunciare la buona
novella ai poveri, per predicare agli schiavi la liberazione, e tutte le altre
cose al cui compimento dichiara di essere stato mandato, perché lo Spirito del
Signore è sopra di lui. In quanto Dio tutte le cose per mezzo di lui furono
fatte, in quanto servo egli stesso fu formato da donna, formato sotto la Legge;
come Dio lui e il Padre sono tutt'uno, come servo non venne per compiere la
propria volontà ma quella di colui che lo mandò. In quanto Dio, come il Padre
ha la vita in se stesso, così diede al figlio di avere la vita in se stesso;
come servo dice: L'anima mia è triste fino alla morte e implora: Padre, se è
possibile, si allontani da me questo calice. Come Dio egli stesso è il vero Dio
e la vita eterna, come servo divenne obbediente fino alla morte e alla morte di
croce.
- 23.
In quanto egli è Dio, tutto ciò che ha il Padre gli appartiene ed egli
lo conferma: Ogni cosa tua è mia ed ogni cosa mia è tua. In quanto uomo la sua
dottrina non è sua ma di Colui che lo ha mandato.
Alcune affermazioni della
Scrittura su Cristo riguardano la sua natura divina, altre la sua natura umana
- 24.
Di Cristo in quanto Dio è detto: Mi ha generato prima delle colline,
cioè prima delle creature più alte, e: Ti ho generato prima della stella del
mattino, cioè prima di tutti i tempi e delle cose temporali. Invece di lui in
quanto servo è detto: Il Signore mi ha creato al principio delle sue vie;
perché come Dio egli disse: Io sono la verità, e come servo: Io sono la via.
Intanto evidentemente egli fu creato in principio delle vie di Dio in vista
delle sue opere, in quanto, primogenito fra i morti, aprì la strada versi il
regno di Dio, verso la vita eterna, alla sua Chiesa, di cui è il capo, per
l'immortalità anche del corpo. Infatti come Dio è il principio che ci parla,
quel principio in cui Dio fece il cielo e la terra; in quanto servo è lo sposo
che esce dal suo talamo. In quanto Dio è primogenito di tutte le creature,
colui che è prima di tutti gli esseri e nel quale tutte le cose sussistono;
nella sua natura umana è lui il capo del corpo della Chiesa. come Dio è il
Signore della gloria, perciò è lui evidentemente che glorifica i suoi santi;
infatti: Quelli che ha predestinati li ha pure chiamati e quelli che ha
chiamati li ha pure giustificati e quelli che ha giustificati li ha pure
glorificati; di lui è stato detto che giustifica l'empio, di lui che è giusto e
fonte di giustizia. Se dunque i giustificati e i glorificati sono gli stessi,
lo stesso è pure il giustificatore e il glorificatore, e costui è, come ho
detto, il signore della gloria. Ma, come servo, ai discepoli che si
preoccupavano della loro glorificazione rispose: Sedere alla mia destra o alla
sinistra non sta a me concederlo, ma per quelli per i quali è stato preparato
dal Padre mio.
In che senso il Figlio giudicherà
e nello stesso tempo giudicherà
- 26. Mi
chiedo anche in che senso è detto: Se qualcuno non ascolta la mia parola, io
non lo giudicherò. Forse non lo giudicherò è detto nello stesso senso di: Non
sta a me concederlo. Ma che significa ciò che segue: Non venni infatti per
giudicare il mondo, ma per salvarlo; e poi aggiunge: Chi disprezza me e non
accoglie la mia parola ha chi lo giudica? A questo punto noi penseremo subito
al Padre, se non trovassimo subito dopo. La parola che io ho annunciato, questa
lo giudicherà nell'ultimo giorno. Come? Non giudicherà dunque il Figlio perché
ha detto: Io non lo giudicherò, non il Padre che mi ha mandato mi ha prescritto
quello che debbo dire e quello che debbo insegnare e so che il suo comando è
vita eterna. Le cose che dico tali e
quali il Padre le ha dette a me. Pertanto se non è il Figlio a giudicare ma la
parola detta dal Figlio, questa parola detta dal Figlio non giudica se non in
quanto il Figlio non ha parlato da sé ma per comando del Padre che lo ha
mandato e gli ha prescritto quello che doveva dire e annunciare; è dunque il
Padre che giudica perché sua è la parola detta dal Figlio e perché Parola del
Padre è lo stesso Figlio. Il comando del Padre infatti non è altro che la
Parola del Padre, perché il Signore lo
ha chiamato indifferentemente parola e comando. Io non ho parlato da me stesso.
Vediamo se dicendo tale espressione il Signore non abbia voluto che noi si
intenda: Non sono nato da me. Infatti se il Signore annuncia al parola del
Padre, poiché egli è la parola del Padre, egli annuncia se stesso. Spesso
infatti dice: Il padre mi ha mandato. Intende che il Padre lo ha generato, non
che esiste già e il Padre gli abbia dato qualcosa che non aveva, gli ha dato di
avere, in quanto lo ha generato all'esistenza; infatti non avviene anche nel
Figlio di Dio ciò che avviene nelle creature: prima dell'incarnazione
nell'Unigenito, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, l'essere e
l'avere non si distinguono; egli è al contrario quello che è ciò che ha. Questo
è detto più chiaramente, se si è in grado di capirlo bene, nel testo seguente:
Come il Padre ha la vita in se stesso, così dette al Figlio di avere la vita in
se stesso. Il Padre non lo ha messo in possesso della vita come se prima
esistesse senza vivere, perché egli è la vita in forza della sua stessa
esistenza. L'espressione: Dette al figlio di avere la vita significa dunque: Il
Padre generò il Figlio a essere la vita immutabile, la vita eterna. Se dunque
la parola di Dio è lo stesso Figlio di Dio e il Figlio di Dio è il vero Dio e
la vita eterna, come dice Giovanni nella sua Lettera, perché dare un altro
senso alle parole del Signore: La parola che ho pronunciato, essa lo giudicherà
nell'ultimo giorno, dal momento che egli stesso dichiara che questa stessa
parola è nello stesso tempo Parola del Padre e comando del Padre e lo stesso
comando è la vita eterna? So - egli dice -che il tuo comando è la vita eterna.
La dottrina cattolica sulla Trinità I,12
S. Agostino
Senso delle parole: La mia dottrina non è mia
-27. A
questo punto indaghiamo il significato della frase: Io non giudicherò, ma la
parola che vi ho detto giudicherà. Dal
seguito del testo appare evidente che è detto in questo senso: << Non
giudicherò io, ma giudicherà la parola del Padre >>. Ora la parola del
Padre è lo stesso del Figlio di Dio. Bisognerà dunque intendere: non giudicherò
io, ma io giudicherò? Questo può essere vero solo in questo senso: << Io
non giudicherò in base al potere umano, in quanto cioè sono Figlio dell'uomo,
ma giudicherò con l'autorità del verbo, perché sono Figlio di Dio >>. Se
si trova che le affermazioni: << Io non giudicherò, ma io
giudicherò>>, si contraddicono e si respingono, che diremo di questa: La
mia dottrina non è mia? come mai mia e non mia? Infatti non disse: <<
questa dottrina non è mia >>, ma proprio: La mia dottrina non è mia; dice
cioè << sua >> la medesima
dottrina che dichiara << non sua >>. In quale modo ciò sarà vero se
non in quanto egli disse << sua >> da un punto di vista e <<
non sua >> da un altro punto di vista?
Sua in quanto Dio, non sua in quanto uomo? Quando dice: Non è mia ma di
Colui che mi ha mandato, ci fa risalire al Verbo. La dottrina del Padre e
dunque è il Figlio unigenito. E che significa ancora questo: chi crede in me,
non crede in me? come << in lui >>, come << non in lui
>>? Come prendere un'espressione così contraddittoria e così paradossale:
Colui che crede ime, non crede in me ma in Colui che mi ha mandato se non
intendendo così: Colui che crede in me non crede in ciò che vede, affinché la
nostra speranza non sia riposta nella creatura ma in chi assume la creatura per
mostrarsi agli occhi degli uomini e così purificare i cuori di coloro che
credono alla sua uguaglianza al Padre per contemplarlo? Perciò quando per
volgere l'intenzione dei credenti verso il Padre dice: Egli non crede in me ma
in Colui che mi ha mandato, non intese che lo si separasse dal Padre, cioè da
colui che lo ha mandato, ma piuttosto che si credesse in lui allo stesso modo
in cui si crede al Padre al quale egli è uguale. Altrove dice questo
apertamente: Credete in Dio e credete in me, cioè come credete in Dio così
credete anche in me, perché io e il Padre siamo un Dio solo.
Come dunque in questo passo distoglie in qualche modo da sé la fede degli
uomini per volgerla al Padre, senza tuttavia separare assolutamente sé dal
Padre, così anche dove dice: Non sta a me concederlo ma è per quelli per i
quali è stato preparato dal Padre mio è chiaro, mi sembra, in che senso debbano
essere accolte entrambe le affermazioni. Così anche quando dice: Io non
giudicherò, mentre egli stesso verrà a giudicare i vivi e i morti. Ma perché
ciò non sarà per l'autorità umana, perciò facendo appello alla deità eleva i
cuori degli uomini per sollevare i quali è disceso.
E' esatto dire:Dio crocifisso
13,
28. Tuttavia se un solo e medesimo
soggetto no fosse insieme Figlio dell'uomo per la sua natura di servo da lui
assunta e Figlio di Dio per la natura divina che gli è propria, l'Apostolo
Paolo non direbbe dei principi di questo mondo: Se l'avessero conosciuto, mai
avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Fu crocifisso infatti nella
natura di servo e tuttavia fu crocifisso il Signore della gloria.
Quell'assunzione infatti fu tale che Dio divenne uomo e l'uomo di Dio. Con
l'aiuto di Dio poi il lettore prudente, attento e pio potrà discernere il
perché e il come di quanto viene detto. Infatti noi abbiamo affermato, per
esempio, che come Dio glorifica i suoi perché è signore della gloria, e
tuttavia il Signore della gloria fu crocifisso; infatti è esatto parlare anche
di Dio crocifisso, non per la sua divina potenza, ma per la debolezza della
carne. Come diciamo che egli giudica in quanto Dio, cioè in forza del potere
divino, non in forza dell'autorità umana, tuttavia è l'uomo stesso che
giudicherà come fu crocifisso il Signore della gloria. Così egli infatti dice
con tutta chiarezza: Quando verrà il Figlio dell'uomo nella sua gloria e tutti
gli Angeli con lui, allora saranno radunate davanti a lui tutte le genti, e
tutto ciò che in quel passo è annunciato circa il giudizio futuro sino
all'ultima sentenza. Anche i Giudei, che in quel giudizio debbono venir puniti,
perché si ostineranno nella malizia, come è scritto altrove: Guarderanno a
colui che hanno trafitto. Poiché tanto i buoni che i cattivi dovranno vedere il
giudice dei vivi e dei morti, i cattivi non lo potranno certamente vedere se
non nella natura per la quale è Figlio dell'uomo, tuttavia nello splendore in
cui giudicherà, non nell'umiliazione in cui fu giudicato. Del resto senza
dubbio gli empi non vedranno la natura divina per la quale è uguale al Padre;
infatti non sono puri di cuore ed è scritto: Beati i puri di cuore perché
vedranno dio. E questa visione è a faccia a faccia; promessa come sommo premio
ai giusti, essa sarà data quando il Signore consegnerà il regno a dio Padre; in
questo egli vuole che si intenda anche la visione della sua natura, una volta
sottomessa a dio ogni creatura, compresa quella stessa nella quale il Figlio di
dio è divenuto uomo. Poiché secondo questa umanità anche il Figlio sarà allora
sottomesso a colui che gli sottomise tutte le cose affinché Dio sia in tutto in
tutti. D'altra parte se il Figlio di Dio giudice, quando sarà per giudicare
apparisse anche ai malvagi nella natura in cui è uguale al Padre, quale sarebbe
il vantaggio che egli promette a chi lo ama quando dice: Io dunque lo amerò e
mostrerò me stesso a lui? Perciò il
Figlio di Dio giudicherà, ma non in forza dell'autorità umana, bensì in forza
di quel potere che lo fa Figlio di Dio. D'altra parte il figlio di Dio
giudicherà senza apparire in quella natura nella quale, come Dio, è uguale al
Padre, ma mostrandosi in quella per cui è Figlio dell'uomo.
In che senso il Figlio dell'uomo giudicherà e
non giudicherà
-
29. Abbiamo visto così che si può
affermare l'una e l'altra cosa: sia che il figlio dell'uomo giudicherà sia che
non giudicherà; infatti il Figlio dell'uomo giudicherà, affinché si adempia
l'affermazione: Quando verrà il Figlio dell'uomo, allora saranno radunate tutte
le genti al suo cospetto, e non giudicherà affinché si compiano le altre: Io
non giudicherò; e: Io non cerco la mia gloria, vi è colui che la cerca e che
giudica. Anzi se consideriamo che nel giudizio apparirà non la natura divina ma
la natura del Figlio dell'uomo, neppure il Padre giudicherà; in questo senso è
stato detto: Il Padre non giudica nessuno ma ha affidato ogni giudizio al
Figlio. C'è da decidere se questo si debba intendere nel senso
dell'affermazione già esaminata: Così dette al Figlio di avere la vita in se
stesso, per far intendere che così egli generò il Figlio, oppure secondo
quest'altra in cui l'Apostolo dice: Ecco perché Dio lo esaltò e gli dette un
nome che è sopra ogni altro nome. E qui si riferiva al Figlio dell'uomo, perché
come tale il Figlio di Dio fu resuscitato dai morti. Egli è uguale al Padre
nella natura divina, rispetto al quale si è esinanito assumendo la natura di
servo; in questa stessa natura di servo opera e patisce e riceve ciò che
l'Apostolo, continuando, afferma: Egli si umiliò, fatto obbediente fino alla
morte, anzi alla morte di croce; per questo anche Dio lo esaltò e gli diede il
nome che è sopra ogni altro nome, cosicché nel nome di Gesù si pieghi ogni
ginocchio delle creature celesti, terrestri e sotterranee e ogni lingua confessi
che il signore Gesù Cristo è nella gloria di dio Padre. Appare dunque ben
chiaro da questo se il Signore ha detto: Ha affidato al figlio ogni giudizio,
secondo il senso di quella prima o di quest'ultima espressione. Se l'avesse
detto nello stesso senso in cui ha detto: Dette al Figlio di avere in se stesso
la vita, non direbbe: Il padre non giudica alcuno. E' secondo la natura divina
nella quale il Padre ha generato il Figlio uguale a sé che il Padre che il
Padre giudica insieme al figlio. si dice dunque che il Padre non giudica per
dire che nel giudizio non apparirà la natura di dio ma la natura del Figlio
dell'uomo. Non che colui che ha affidato ogni giudizio al figlio non abbia a
giudicare, dal momento che il Figlio dice di lui: Vi è colui che cerca la mia
gloria e che giudicherà. Ma il Signore ha detto: Il Padre non giudica alcuno ma
ha affidato ogni giudizio al figlio, come se avesse detto: << Nessuno
vedrà il Padre nel giudizio dei vivi e dei morti, ma tutti vedranno il figlio
>>, perché egli è anche figlio dell'uomo, affinché appunto anche i
malvagi lo possano vedere, allorché vedranno colui che hanno trafitto.
La dottrina cattolica sulla Trinità I,13
S. Agostino
Solo Dio è buono
- 31.
Nella visione in cui si mostrerà ai puri di cuore Dio è pieno di bontà,
perché: Quanto è buono il Dio d'Israele verso i retti di cuore! Ma quando i
cattivi lo vedranno come loro giudice non sembrerà loro buono, poiché non
godranno di lui in fondo al loro cuore ma gemeranno su di sé tutte le genti
della terra. Cioè tutti i cattivi e i non credenti. Per questo anche a chi lo
aveva chiamato "Buon Maestro", chiedendogli consiglio per conseguire
la vita eterna, Gesù rispose: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono?
Nessuno è buono se non Dio solo. E tuttavia il Signore dice buono anche l'uomo
: L'uomo buono estrae dal tesoro buono del suo cuore cose buone, il cattivo
estrae dal cattivo tesoro del suo cuore cose cattive. Ma quello gli chiedeva
della vita eterna e la vita eterna consiste in quella contemplazione nella
quale Dio è visto non a nostra condanna, ma per la nostra eterna felicità; e
non capiva l'interlocutore con chi stava parlando, poiché lo riteneva solo un
Figlio dell'uomo. Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono, gli disse;
cioè:" Perché interroghi questa natura che vedi riguardo a ciò che è
buono? Perché da ciò che vedi mi chiami Buon Maestro? Questa natura è quella
del Figlio dell'uomo, quella creatura che è stata assunta, che apparirà nel
giudizio non solo ai buoni ma anche ai cattivi e la cui visione non si volgerà
in bene per quelli che compiono il male. Ma vi è una visione della natura a me
propria, quella in cui non ritenni rapina la mia uguaglianza con Dio, ma mi
sono esinanito per assumere questa. E' dunque lui questo unico Dio, Padre,
Figlio e Spirito Santo, che non apparirà che per il gaudio che non sarà mai
tolto ai giusti; a questo gaudio futuro aspira colui che gemendo dice: Una sola
cosa domandai al Signore e questa cercherò: di abitare nella sua casa tutti i
giorni della mia vita per contemplare le delizie del Signore. E' l'unico Dio
dunque che solo è buono perché nessuno lo vede affliggersi e lamentarsi, ma
solo per la propria salvezza e felicità vera. Se tu dunque mi consideri dal
punto di vista di quella natura, io sono buono; ma se mi consideri dal punto di
vista di questa che vedi, perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono se tu
sarai di quelli che vedranno colui che hanno trafitto? Questa visione sarà a loro
infelicità perché sarà di castigo". I testi che ho citato sembrano provare
che in questo senso il Signore ha detto: Perché mi interroghi riguardo a ciò
che è buono? Nessuno è buono se non dio solo. Infatti quella visione di Dio
nella quale contempleremo la sostanza immutabile che occhi umani non possono
vedere, visione che è promessa solo ai santi e che San Paolo chiama a faccia a
faccia, di cui l'Apostolo Giovanni afferma: Saremo simili a Dio, perché lo
vedremo come egli è, della quale ancora è detto: Una sola cosa domandai al
Signore che io possa contemplare le sue delizie, e di cui il Signore stesso
afferma: Io lo amerò e mostrerò me stesso a lui, questa sola visione per la
quale si purificheranno i nostri cuori con la fede perché possiamo essere: Beati
dal cuore puro perché vedranno Dio, la visione circa la quale altri testi
sparsi in grandissima quantità nella Scrittura può trovare chi per cercarla
tende gli occhi all'amore: essa sola è il nostro sommo bene per il cui
raggiungimento ci è comandato di fare quanto facciamo di bene. Ma la visione,
già preannunciata del Figlio dell'uomo, quando tutte le genti saranno radunate
al suo cospetto e gli chiederanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato e
assetato?, e quel che segue, non sarà di
gaudio per i cattivi che saranno gettati nel fuoco eterno né di sommo bene per
i buoni perché egli li invita inoltre al
regno che è stato preparato loro fin dall'inizio del mondo. Se a quelli
comanderà: andate nel fuoco eterno, dirà a questi: Venite, benedetti del Padre
mio, prendete possesso del regno preparato per voi. Come quelli andranno nel
fuoco eterno, così i giusti entreranno nella vita eterna. Ma che cos'è la vita eterna? Che conoscano te
- egli dice - come l'unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo e lo
conoscano beninteso in quella magnificenza della quale egli dice al Padre:
quella che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Allora consegnerà il
regno a Dio Padre, perché il servo buono e fedele entri nella gioia del suo
Signore, e per nascondere coloro che Dio possiede nel segreto del suo volto,
lontani dal turbamento degli uomini, di quelli cioè che nell'udire quella
sentenza saranno agitati. Il giusto non temerà nell'udire quella condanna, se fin d'ora nel tabernacolo, cioè nella fede
della Chiesa cattolica, trova protezione di fronte agli attacchi delle malelingue,
ossia di fronte ai calunniosi errori degli eretici. Ma se è possibile un'altra
interpretazione delle parole del Signore: Perché mi interroghi riguardo a ciò
che è buono? Nessuno è buono se non Dio Solo, purché non si ritenga che la
sostanza del Padre è migliore di quella del Figlio per la quale egli è il Verbo
per mezzo del quale tutte le cose furono fatte, e purché non ci si allontani in
nulla dalla retta dottrina, noi l'accetteremo serenamente e non solo quella, ma
ogni altra che si potrà trovare. Perché avremo ragione degli eretici tanto più
saldamente quanto più numerose si aprono le vie d'uscita per sfuggire ai loro
inganni. In quanto agli argomenti che ancora dobbiamo prendere in
considerazione, li affronteremo in un'altra parte della nostra ricerca.
La dottrina cattolica sulla Trinità Libro
II,3
S. Agostino
Lo Spirito Santo non parla da sé,
perché procede dal Padre
3, 5.
Infatti anche dello Spirito Santo, sebbene di lui la Scrittura no abbia
detto : Si esinanì assumendo la natura di servo, il Signore stesso ha
affermato: Quando sarà venuto lo Spirito di verità, egli vi insegnerà tutta la
verità, giacché non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà e vi annunzierà
le cose che dovranno succedere. Egli mi glorificherà perché prenderà dal mio e
ve lo annunzierà. Se dopo queste parole non avesse immediatamente aggiunto:
Tutto ciò che ha il Padre è mio; perciò ho detto che prenderà dal mio e ve lo
annunzierà, si potrebbe forse credere che lo Spirito Santo è nato da Cristo
come questi dal Padre. Infatti di se stesso Cristo aveva detto : La mia
dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato; dello Spirito Santo dice:
Giacché non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà; e poi: perché prenderà
dal mio e ve lo annunzierà. Ma, poiché spiega l'affermazione prenderà dal mio (
dicendo: Tutto ciò che ha il Padre è mio, perciò ho detto che prenderà dal mio
e ve lo annunzierà ), non resta se non intendere che anche lo Spirito Santo
riceve dal Padre come il Figlio. E questo non può avvenire se non nel senso già
sopra indicato: quando poi sarà venuto il Paraclito che io vi manderò dal
Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli renderà testimonianza
di me? Per questo è detto che non parla da se, in quanto procede dal Padre. E
come il Figlio non è inferiore al Padre, sebbene abbia detto: Il Figlio non può
fare nulla da sé, se non quanto avrà visto fare dal Padre ( infatti non ha
detto questo in quanto servo ma in quanto Dio, come abbiamo già dimostrato, e
queste parole non indicano che egli è inferiore al Padre ma che ha origine da
lui ), allo stesso modo non consegue che lo Spirito Santo sia inferiore al
Padre, perché il figlio ha detto di lui: Infatti non parlerà da se stesso ma vi
dirà quanto udrà. con queste parole il Figlio voleva significare che lo Spirito
Santo procede dal Padre. Ma poiché il Figlio ha origine dal Padre e lo Spirito
Santo procede dal Padre, perché non li
chiamiamo ambedue "figli" né li chiamiamo ambedue
"generati" ma chiamiamo Figlio Unigenito solamente il primo, mentre
chiamiamo l'altro Spirito Santo e non "figlio" o
"generato", espressioni queste equivalenti? E' quello che spiegherò,
se Dio lo concederà e nella misura in cui lo concederà.
Il figlio non è inferiore al
Padre, perché questi lo glorifica
4, 6. Ma a questo punto stiamo bene attenti,
se lo possono, quanti hanno creduto di potersi valere, per dimostrare la
superiorità del Padre sul Figlio, anche di queste parole del figlio: Padre,
glorificami. Si badi bene che anche lo Spirito Santo lo glorifica. Allora anche
lui è superiore al Figlio? Si osservi però che, se lo Spirito Santo glorifica
il figlio in quanto riceverà dal Figlio, e riceverà dal Figlio perché tutto ciò
che ha il Padre è del Figlio, appare chiaro che, quando lo Spirito Santo
glorifica il Figlio, è il Padre che glorifica il Figlio. Da questo si vede che tutto ciò che ha il
Padre appartiene non solo al Figlio ma anche allo spirito Santo, perché lo
Spirito Santo ha il potere di glorificare il Figlio che il Padre glorifica. Se
colui che glorifica è superiore a chi da lui viene glorificato, si conceda
almeno che sono uguali quelli che si glorificano vicendevolmente. Ora la
Scrittura afferma che anche il Figlio glorifica il Padre: Io - afferma il
Figlio - ti ho glorificato sopra la terra. ci si guardi bene dal considerare lo
Spirito Santo superiore al Padre e al figlio perché glorifica il Figlio che il
Padre glorifica, mentre non si afferma nella Scrittura che egli sia glorificato
né dal Padre né dal figlio.
Il
Figlio e lo Spirito Santo non sono inferiori al Padre, perché questi li manda
5,
7. Quelli però, così confutati,
ricorrono a quest'altro argomento: << Chi manda è superiore a chi è
mandato >>; perciò il Padre è superiore al Figlio, perché il Figlio
afferma costantemente di essere mandato dal Padre; è anche superiore allo
Spirito Santo, perché Gesù disse di lui: Colui che il Padre manderà in mio
nome. Lo Spirito Santo da parte sua è inferiore al Padre e al figlio perché lo
manda il Padre, come abbiamo detto, e lo manda anche il figlio, come testimonia
la sua parola: Ma se me ne andrò, ve lo manderò. Circa questa questione chiedo
anzitutto da dove sia stato mandato il Figlio e dove sia stato mandato. Io -
egli ha detto - sono uscito dal Padre e sono venuto in questo mondo. Dunque
uscire dal Padre e venire in questo mondo, questo significa essere mandato. Che
cosa significa l'affermazione che fa su di lui lo stesso Evangelista: egli era
nel mondo e il mondo per mezzo di lui è stato fatto e il mondo non l'ha
conosciuto? E subito e subito aggiunge: è venuto nella sua proprietà. Certo
egli è stato mandato là dove è venuto, ma se è stato mandato in questo mondo,
perché è uscito dal Padre ed è venuto in questo mondo, ed era in questo mondo,
allora è stato mandato là dov'era. D'altra parte quando il Profeta fa dire a
Dio: Io riempio il cielo e la terra, se si riferisce al Figlio ( alcuni infatti
vogliono che sia lui che ha parlato ai Profeti o per bocca dei Profeti), dove è
stato mandato se non là dov'era? Infatti era dunque Colui che dice: riempio il
cielo e la terra. Se l'affermazione riguarda invece il Padre, dove ha mai
potuto essere il Padre senza il Verbo suo e senza la sua Sapienza che si
estende con la potenza con potenza da un'estremità all'altra e tutto governa
con bontà? Ma nemmeno poté essere in alcun luogo senza il suo Spirito. Perciò,
se Dio è dovunque, dovunque è anche il suo Spirito. Dunque anche lo Spirito
Santo è stato mandato là dov'era. E' per questo che colui che non trovava luogo
per sfuggire dallo sguardo di Dio e dice: Se salirò nel cielo, là sei tu; se
scenderò negli inferi, tu sei presente, volendo significare che Dio è presente
ovunque, prima aveva nominato il suo Spirito dicendo: Dove me ne andrò lontano
dal tuo Spirito? e dove fuggirò al tuo sguardo?
La
missione del Figlio consiste nella sua incarnazione
-
8. Se dunque tanto il Figlio quanto lo
Spirito Santo sono inviati là dov'erano, bisogna domandarsi di che genere sia
tale missione del Figlio e dello Spirito Santo. Infatti solo del Padre non si
dice in alcun luogo della Scrittura che sia stato mandato. Del Figlio così
scrive l'Apostolo: Ma quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò suo Figlio,
formato da donna, formato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto
la Legge. Ha mandato - dice - il suo Figlio formato da donna. Quale cattolico
ignora che con questa parola << donna>> l'Apostolo non ha voluto
indicare la perdita della verginità ma, secondo il modo di esprimersi ebraico,
la differenza di sesso? dicendo dunque: dio ha mandato il Figlio suo formato da
donna, egli dimostra a sufficienza che la missione del Figlio è precisamente la
nascita da donna. dunque in quanto nato da Dio era in questo mondo, in quanto
invece è nato da Maria, è venuto come mandato in questo mondo. Tuttavia non ha
potuto essere mandato dal Padre senza lo Spirito Santo, non solo perché il
Padre quando lo mandò, ossia quando lo formò dal seno della donna, non lo formò
affatto senza il concorso del suo Spirito, ma anche perché nel Vangelo, alla
domanda della vergine Maria: Come avverrà questo? si trovano in risposta le
seguenti parole assolutamente chiare ed evidenti: Lo Spirito Santo scenderà in
te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra, e Matteo dice: Si
trovò incinta per virtù dello Spirito Santo. Ma presso il Profeta Isaia è
proprio Cristo che si intende affermare della sua futura venuta: Ed ora il
Signore Dio mi ha mandato, lui e il suo Spirito.
La
missione dello Spirito Santo è un intervento manifestato visibilmente
- 10.
Se dunque si afferma che è stato mandato il Figlio in quanto si manifestò
esteriormente in una creatura corporea, lui che interiormente nella sua natura
spirituale è sempre nascosto agli occhi degli uomini, si comprende facilmente
perché si parli pure di missione a proposito dello Spirito Santo. Una forma
creata è stata prodotta nel tempo per manifestare visibilmente lo Spirito
Santo, sia quando discese sul Signore stesso, sotto l'apparenza corporea di una
colomba sia quando, trascorsi dieci giorni dall'ascensione di lui, nel giorno
della Pentecoste improvvisamente venne dal cielo un suono come di vento che
soffi impetuoso, ed apparvero ad essi delle lingue separate come di fuoco che
si posò sopra ciascuno di loro. E' questa azione manifestatasi visibilmente ed
offertasi agli occhi dei mortali che è stata chiamata missione dello Spirito
Santo. Non si trattava d'una manifestazione della sua stessa sostanza per la
quale anche lui è invisibile ed immutabile come il Padre ed il figlio, ma si
trattava d'una manifestazione della sua stessa sostanza per la quale anche lui
è invisibile ed immutabile come il Padre ed il Figlio, ma si trattava di
toccare il cuore degli uomini con una dimostrazione esteriore per condurli
dalla manifestazione temporale di colui che veniva alla misteriosa eternità di
Colui che è sempre presente.
La
creatura in cui lo Spirito Santo si è manifestato non è stata da lui assunta
come la natura umana dal Figlio
6,
11. Tuttavia in nessun passo della
Scrittura è affermato che Dio Padre è superiore allo Spirito Santo, o lo
Spirito Santo inferiore a Dio Padre,
perché la creatura che servì allo Spirito Santo per apparire non fu da
lui assunta, come la persona del Verbo di Dio assunse la natura umana per
presentarsi in forma di uomo. Quell'uomo non era in possesso del Verbo di Dio
alla pari di altri uomini dotati di santità e di sapienza, bensì al di sopra di
essi, non certo nel senso che avesse in misura più larga il Verbo di Dio in
modo da eccellere su di essi per sapienza, ma nel senso che era lo stesso
Verbo. Una cosa infatti è il Verbo nella carne, ed altra cosa il Verbo fatto
carne. Cioè una cosa è il Verbo nell'uomo, un'altra il Verbo uomo.[3] Infatti carne è sinonimo di "uomo"
nell'affermazione: Il Verbo si è fatto carne, come nell'altra. E vedrà ogni
carne ugualmente la salvezza di Dio. Non si tratta di carne senza anima o senza
spirito, ma ogni carne significa "ogni uomo". Perciò la creatura in
cui si doveva manifestare lo Spirito Santo non è stata assunta come è stata
assunta quella carne umana e quella creatura umana della vergine Maria. Infatti
lo Spirito Santo non ha beatificato quella colomba o quel vento o quel fuoco,
né li unì a sé ed alla propria persona in un medesimo stato per sempre.
Altrimenti sarebbe variabile e convertibile la natura dello Spirito Santo, se
quei fenomeni non si fossero compiuti per cambiamento delle creature, ma lo
stesso Spirito Santo si fosse in maniera mutevole cambiato in una cosa ed in
un'altra, come si muta l'acqua in ghiaccio. quelle creature invece apparvero
quando era opportuno che apparissero,
perché la creatura serve al Creatore, e si è mutata e trasformata,
secondo la volontà di Colui che resta immutabile in se stesso, per significarlo
e rivelarlo come era necessario significarlo e rivelarlo ai mortali. Pertanto,
sebbene la Scrittura chiami quella colomba Spirito e di quel fuoco dica: E
apparvero distinte l'una dall'altra delle lingue che parevano di fuoco, che si
posò sopra ciascuno di loro, e cominciarono a parlare in varie lingue, secondo
che lo Spirito dava loro di esprimersi, per indicare che lo Spirito era stato
manifestato attraverso quel fuoco come attraverso la colomba, tuttavia non
possiamo dire che lo Spirito Santo è Dio e uomo. Nemmeno possiamo dirlo alla
stessa maniera che diciamo che il Figlio è l'Agnello di Dio, sia con Giovanni
Battista che dice: Ecco l'Agnello di Dio, sia con Giovanni Evangelista, quando
nell'Apocalisse vede l'Agnello ucciso, poiché questa visione profetica non è
stata offerta agli occhi corporei attraverso forme corporee, ma si è
manifestata nello spirito attraverso immagini spirituali dei corpi. Invece,
tutti coloro che li videro, hanno visto quella colomba e quel fuoco con gli
occhi. veramente si può discutere, circa il fuoco, ( a causa della costruzione
della frase) se si tratti di una visione corporea o spirituale. Il testo non
dice infatti: << videro dividersi delle lingue di fuoco >> ma:
Apparvero delle lingue di fuoco. Ora no siamo soliti dire " mi è
apparso" allo stesso modo in cui diciamo << ho visto>> invece
per le cose che cadono materialmente
sotto i nostri occhi non diciamo "mi è apparso" ma << ho
visto>>. Circa quel fuoco si può
dunque chiedersi come sia stato visto, se attraverso una visione interna spirituale
ma in maniera che apparisse in modo veramente esterno, oppure in modo realmente
oggettivo con gli occhi della carne. Per quanto riguarda quella colomba della
quale è stato detto che è discesa corporalmente, nessuno ha mai dubitato che
non la sia vista con gli occhi. Non possiamo nemmeno dire che lo Spirito Santo
è colomba e fuoco, come diciamo che il Figlio è pietra ( infatti la Scrittura
dice: e la roccia era Cristo). Perché quella pietra esisteva già in natura e fu
chiamata Cristo in funzione di simbolo per un novo intervento divino. Come la
pietra sulla quale Giacobbe posò la testa e che poi egli assunse anche con
l'unzione a figura del Signore. Così era il Cristo Isacco in atto di portare la
legna per il sacrificio di se stesso. A queste cose già esistenti venne ad
aggiungersi una destinazione simbolica; non comparvero invece istantaneamente,
come quella colomba e quel fuoco, solo per essere simboli. La colomba ed il
fuoco mi sembrano più simili a quella fiamma che apparve a Mosè nel roveto, a
quella colonna che il popolo seguiva nel deserto, ed alle folgori ed ai tuoni
che si verificarono quando La Legge fu data sul monte. Infatti quei fenomeni
sensibili esistessero solo per significare qualcosa e subito scomparire.
[3] Qui Agostino ribadisce la
differenza tra l'unione ipostatica e la presenza del Verbo nell'anima dei
giusti, differenza che non sempre era stata sufficientemente sottolineata.
Nelle Confessioni, il momento in cui Agostino comprende chiaramente questa
differenza, messa in rilievo, d'allora in poi sempre.
Il
Padre non è mandato
7,
12. E' dunque per queste forme corporee
che esistettero momentaneamente per significarlo e rivelarlo ai sensi degli
uomini, secondo i loro bisogni, che si parlava anche di missione dello Spirito
Santo. tuttavia non fu detto inferiore al Padre, come il Figlio per la natura
di servo, perché quella natura di servo è stata assunta in unità di persona,
invece quei fenomeni sensibili apparvero temporaneamente per far conoscere ciò
che era necessario e poi cessare di esistere. Perché dunque non si dice che anche il Padre è stato
mandato attraverso quei fenomeni sensibili: La fiamma del roveto, la colonna di
nube e di fuoco, i fulmini sul monte ed altri che forse apparvero quando,
secondo la Scrittura, ha parlato ai Patriarchi, se attraverso quelle forme
create e quei fenomeni sensibili che si offrirono agli sguardi umani lui stesso
veniva manifestato? Se invece attraverso
di essi si manifestava il Figlio, perché si parla della sua missione tanto
tempo dopo e cioè quando nacque da donna come
L'Apostolo: Quando venne la pienezza dei tempi Dio mandò il Figlio suo
formato da donna, se veniva mandato anche prima, quando si manifestava ai
Patriarchi attraverso quelle effimere forme create? E non si può dire con
esattezza che sia stato mandato se non in quanto il Verbo si è fatto carne,
come si può dire che lo Spirito Santo è stato mandato, se egli non si è mai
incarnato? Se attraverso quei fenomeni visibili che vengono celebrati nella
Legge e nei Profeti, non il Padre né il figlio ma lo Spirito Santo si rivelava,
perché anche di lui si dice che è stato mandato ora, quando veniva mandato già
prima in quelle maniere?
Tre
problemi
-
13. In questa questione così difficile
il primo problema da risolvere, con l'aiuto del Signore, è de attraverso quei
fenomeni creati si sia manifestato il Padre o il figlio oppure lo Spirito
Santo; se talvolta il Padre, talvolta il Figlio, talvolta lo Spirito Santo;
ovvero, senza alcuna distinzione di Persone ma in quanto Dio uno ed unico, la
trinità stessa si sia manifestata. In secondo luogo, qualunque sia la soluzione
raggiunta o il punto di vista accolto, occorre chiedersi se siano stati creati
degli esseri solo perché si manifestasse Dio agli sguardi umani, come lo
credeva necessario in quel momento, oppure se venivano inviati gli Angeli, che
già esistevano, perché parlassero in nome di Dio prendendo forma corporea dalla
natura sensibile per assolvere il compito particolare affidato a ciascuno,
ovvero mutando e trasformando, in forza del potere ad essi concesso dal
Creatore, il loro stesso corpo ( infatti non ne subiscono le leggi ma le
dominano secondo il loro volere), in forme che ritenessero appropriate e adatte
ai loro compiti.[4]. Infine vedremo ciò che avevamo deciso di indagare, se il
Figlio e lo Spirito Santo fossero mandati anche prima e, se lo erano, che
differenza ci sia tra quella missione e quella di cui parla il Vangelo; ovvero
se nessuno di loro sia stato mandato se non quando o il Figlio nacque da Maria
vergine, o lo Spirito Santo apparve in forma visibile sia nella colomba sia
nelle lingue di fuoco.
Primo
problema: se una sola persona o tutta la Trinità, che è invisibile, è apparsa nell'Antico
Testamento
8,
14. Lasciamo dunque da parte coloro che
in materia grossolana hanno immaginato la natura del Verbo e la Sapienza (che,
rimanendo identica in se stessa, rinnova tutte le cose, e che noi chiamiamo
Figlio unico di Dio) come un essere mutevole, anzi addirittura visibile.
Costoro si sono accostati all'indagine, in verità più pretenziosa che
religiosa, delle cose divine, con uno spirito veramente troppo grossolano.
Infatti l'anima stessa, in quanto sostanza spirituale, pur essendo inoltre
creata e non avendo potuto essere creata per mezzo di Colui per mezzo del quale
sono state create tutte le cose e senza del quale nulla è stato fatto, sebbene
sia mutevole, tuttavia non è visibile, essi invece hanno ritenuto visibile il
Verbo stesso e la stessa Sapienza divina, per mezzo della quale sono state
fatte tutte le cose, mentre la Sapienza non è soltanto invisibile come lo è
anche l'anima ma anche immutabile, mentre l'anima non lo è; è questa sua
immutabilità che ci è stata ricordata nell'affermazione della Scrittura:
Rimanendo in se stessa, rinnova ogni cosa. E costoro, come sforzandosi di
sostenere il loro errore traballante con le testimonianze delle Divine
Scritture, si servono delle affermazioni dell'Apostolo Paolo e quando viene
affermato dell'unico e solo Dio, in cui riconosciamo la Trinità stessa, lo
interpretano come affermato soltanto del Padre, non anche del Figlio e dello
Spirito Santo. L'Apostolo afferma: Al re dei secoli immortale, invisibile.
unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Egli dice anche: Beato e solo
potente, re dei re e dominatore dei dominanti, il solo che possiede
l'immortalità ed abita una luce inaccessibile che nessun uomo ha mai veduto né
può vedere. Ci pare di esserci già sufficientemente intrattenuti sul modo in
cui vanno interpretate tali affermazioni.
Confutazione
di coloro che credevano solo il Padre immortale ed invisibile
9,
15. Coloro che vogliono che queste
parole vadano intese come dette non del Figlio né dello Spirito Santo ma
soltanto del Padre, affermano che il Figlio è visibile non per la carne assunta
dalla Vergine ma già prima, per se stesso. Infatti affermano: << Egli è
apparso agli occhi dei Patriarchi >>. Fate loro questa obiezione:
<< Se il Figlio è visibile per se stesso è anche mortale per se stesso, e
questo perché possiate essere coerenti con voi stessi, dato che volete
intendere come dette solo del Padre le parole: Colui che solo ha l'immortalità;
infatti se il Figlio è mortale soltanto dopo l'incarnazione, ammettete che il
Figlio non sia ugualmente visibile che per l'incarnazione >>. Essi vi
rispondono che secondo la loro opinione il Figlio non è mortale per
l'incarnazione ma che era mortale, come era visibile, già prima
dell'incarnazione. Infatti se si ammette che il Figlio è mortale solo per
l'incarnazione, allora non è soltanto il Padre, con l'esclusione del Figlio, ad
avere l'immortalità, perché anche il Verbo di lui, per mezzo del quale sono
state fatte tutte le cose, ha l'immortalità. D'altra parte il Figlio, assumendo
la carne mortale, non ha per questo perduto la sua immortalità, dato che
nemmeno all'anima umana accade di morire con il corpo, secondo la testimonianza
del Signore stesso: Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono
uccidere l'anima. Ovvero anche lo Spirito Santo avrebbe dovuto incarnarsi. Ecco
ciò che metterà in imbarazzo i nostri contraddittori se il Figlio è mortale per
l'incarnazione: Spiegare come il Padre soltanto abbia l'immortalità con
l'esclusione del Figlio e dello Spirito Santo. Ma lo Spirito Santo non si è
incarnato. Allora nel caso che lo Spirito Santo, sebbene non sia incarnato, sia
tuttavia mortale, è chiaro che nemmeno il Figlio è mortale per l'incarnazione;
se invece lo Spirito Santo è immortale, allora l'affermazione: Egli solo ha
l'immortalità, non va intesa solo al Padre. L'argomento con il quale costoro
credono di poter dimostrare che il Figlio era per se stesso mortale anche prima
dell'incarnazione è tutto qui: Si può chiamare giustamente mortalità la stessa
mutabilità. In tal senso si dice che muore anche l'anima, non perché essa si
cambi in un corpo o in un'altra sostanza ma perché ogni cosa che adesso si
trova ad esistere diversamente da prima, pur conservando la propria sostanza,
si rivela mortale nella misura in cui ha cessato di essere ciò che era prima.
<< Ebbene, dicono, poiché il Figlio di Dio prima di nascere dalla vergine
Maria è apparso, proprio lui in persona, ai Padri nostri, non sempre sotto
un'unica e identica forma, ma in diverse forme ora in un modo ora in un altro,
egli è sia visibile per se stesso, perché, non essendosi ancora incarnato, si è
manifestato nella sua sostanza immortale, sia mortale in quanto soggetto a
mutamento. Così pure lo Spirito Santo che apparve una volta sotto forma di
colomba, altra volta sotto forma di fuoco. >>. << Perciò, essi
concludono, non concerne la Trinità ma singolarmente e propriamente il Padre
l'affermazione: All'immortale, all'invisibile, all'unico Dio; e l'altra: Colui
che solo ha l'immortalità ed abita in una luce inaccessibile, Colui che nessun
uomo vide mai, né può vedere >>.
[4] Qui e altrove Agostino parla del corpo degli Angeli secondo un'opinione
diffusa tra i Padri.
La
verità si deve cercare con zelo pacifico
-
16. Ma lasciamo dunque da parte costoro
che, incapaci di farsi un'idea della natura invisibile dell'anima, erano ben
lungi dal riconoscere che la sostanza di Dio solo ed unico, ossia del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo, non solo rimane invisibile ma anche
immutabile e perciò fissa una vera ed autentica immortalità. In quanto a noi
che affermiamo che mai Dio, Padre, Figlio, Spirito Santo è apparso agli occhi
degli uomini se non per mezzo di una creatura materiale sottomessa alla sua
potenza, con impegno pacifico e nella pace cattolica sforziamoci di indagare,
pronti a tener conto di ogni critica fratena e giusta e perfino degli attacchi
di un nemico, nel caso che abbia ragione, se, prima che Cristo si incarnasse,
sia apparso ai nostri Padri Dio nella sua invisibile unità o una delle Persone
della Trinità ovvero ciascuna di esse, quasi avvicendandosi.
La Trinità II, 9-10; 15 - 16 - 17;
Era una persona della Trinità, o tutta la
Trinità che parlava con Adamo?
10,
17. Incominciamo con il colloquio
raccontato nel Genesi tre Dio e l'uomo, che Dio stesso aveva formato dal fango.
Se lasciamo da parte il senso figurativo per attenerci letteralmente
all'autorità storica dell'episodio, sembra che Dio abbia parlato sotto forma umana
con l'uomo. Questo non è detto in maniera nel testo ma il contesto della
narrazione lo lascia intendere, soprattutto per questo particolare del
racconto: Adamo udì la voce di Dio che passeggiava di sera in Paradiso e si
nascose in mezzo al giardino che era nel Paradiso e a Dio che gli chiedeva:
Adamo, dove sei?, rispose: Ho udito la tua voce e mi sono nascosto da te,
perché sono nudo. Non vedo come si possa intendere alla lettera tale
passeggiata di Dio e questa conversazione, se Dio non appare in forma umana.
Infatti non si può dire che si tratti soltanto di un fenomeno uditivo prodotto da
Dio, perché si afferma che Dio ha passeggiato, né si può asserire di colui che
camminava in quel luogo non fosse visibile, dato che Adamo stesso dice di
essersi nascosto dallo sguardo di Dio. Chi era dunque colui che passeggiava:
era il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo? Ovvero era semplicemente il Dio
Trinità senza distinzione di Persone che parlava all'uomo sotto forma umana? In
verità la sintassi del racconto biblico non sembra mai passare da un soggetto
ad un altro e sembra che a rivolgersi al primo uomo sia proprio Colui che
diceva: sia la luce, e: Ci sia il firmamento, e le altre espressioni durante i
giorni della creazione. Ora si è soliti ammettere che fu Dio Padre che comandò
che esistesse tutto ciò che volle fare. Infatti egli fece tutte le cose per
mezzo del suo Verbo, quel Verbo che noi riconosciamo come unico suo Figlio,
secondo la norma ortodossa della fede. Se fu dunque Dio Padre che parlò al rimo
uomo, lui che passeggiava alla sera del Paradiso, se da lui fuggiva Adamo
peccatore inoltrandosi nel giardino, perché non si può intendere che fu ancora
lui che apparve ad Adamo e a Mosè e a tutti coloro cui volle apparire nel modo
in cui gli piacque, servendosi di una creatura mutevole e visibile a lui
docile, pur rimanendo in se stesso e nella sua sostanza per la quale è
immutabile e invisibile? Ma può darsi che la Scrittura sia passata, senza farlo
rilevare esplicitamente, da un soggetto ad un altro e che, mentre ha narrato
che fu il Padre a dire: Sia la luce e tutto ciò che il Genesi dice che il Padre
che il Padre ha fatto per mezzo del Verbo, già indicasse ora che è il Figlio a
parlare al primo uomo, senza dirlo chiaramente, ma lasciandolo intendere a
coloro che lo possono capire.
Si tratta di un problema difficile da
risolvere
-
18. Chi dunque possiede la forza di
penetrare con l'acume dello spirito questo enigma, così che chiaramente
comprenda che anche il Padre, ovvero solo il Figlio e lo Spirito Santo possano
manifestarsi agli occhi degli uomini per mezzo delle creature visibili, continui
nelle sue riflessioni e, se può, ne prepari l'esposizione e l'analisi. Tuttavia
la cosa, per quanto riguarda questo passo della Scrittura in cui è detto che
Dio ha parlato all'uomo, mi pare misteriosa. tanto più che non apparve con
chiarezza se Adamo fosse solito vedere Dio con gli occhi corporei, dato che è
una grossa questione, particolarmente, il sapere quali occhi si aprirono ad Adamo ed Eva quand'ebbero
gustato il frutto proibito; questi occhi infatti, prima che essi gustassero il
frutto, erano chiusi. Non mi pare di dire cosa troppo azzardata se affermo
soltanto che Dio non ha potuto camminare in altro modo che sotto forma
corporea, se la Scrittura rappresenta il Paradiso come un luogo terrestre.
Certo è possibile dire che Adamo udisse il suono delle parole senza vedere
alcuna forma sensibile, perché dal fatto che la Scrittura affermi che Adamo si
nascose dal suo sguardo, non si deve necessariamente concludere che Adamo
vedesse abitualmente Dio. E se intendessimo non che Adamo potesse vedere Dio, ma
che temeva di essere visto da lui, perché ne aveva sentito la voce e i passi?
Infatti anche Caino disse a Dio: Mi nasconderò al tuo cospetto, e tuttavia noi
non siamo costretti a pensare che egli vedesse abitualmente Dio con gli occhi
corporei, sotto una forma visibile, sebbene sentisse la sua voce che lo
interrogava circa il suo delitto e parlava con lui. E' difficile sapere quale
specie di linguaggio Dio usasse allora per farsi sentire agli occhi sensibili
degli uomini, specialmente quando parlava col primo uomo; ed è una questione
che non intendiamo esaminare in quest'opera. Tuttavia se non c'erano che voci e
suoni per cui una certa presenza sensibile di Dio era offerta ai primi uomini,
non vedo perché non dovrei riconoscervi la persona di Dio Padre, tanto più che
è lui che si è manifestato nella voce udita quando Gesù sul monte, alla
presenza dei tre discepoli si trasfigurò, in quella quando la colomba discese
su di lui appena battezzato, e nella risposta che ricevette quando pregò il
Padre di glorificarlo: Io l'ho glorificato e lo glorificherò ancora. Non che la
voce abbia potuto echeggiare senza l'intervento del Figlio e dello Spirito
Santo, perché la Trinità è indivisibile nel suo operare, ma quella voce è
echeggiata per manifestare la persona del Padre soltanto, come la natura umana
tratta dal seno della vergine Maria è opera della Trinità, ma unita
personalmente al Figlio soltanto; infatti la Trinità invisibile ha prodotto il
personaggio visibile del Figlio soltanto. E nulla ci impedisce di riconoscere,
in quelle voci udite da Adamo, non solo l'opera della Trinità, ma anche di
intenderle come manifestazione della medesima Trinità. Siamo infatti obbligati ad attribuire solo al
Padre l'espressione: Questo è il mio Figlio diletto. Né la fede né la ragione ci permettono di
considerare Gesù come figlio dello Spirito Santo, né Figlio in rapporto a se
stesso. E quando si udì l'espressione: L'ho glorificato e ancora lo
glorificherò, noi non vi riconosciamo che la persona del Padre. E' infatti la
risposta a quell'invocazione del Signore: Padre, glorifica il tuo Figlio,
preghiera che non poté rivolgere che a Dio Padre, in nessun modo allo Spirito
Santo del quale non è figlio. Ma qui, dove si afferma: Ed il Signore Dio disse
ad Adamo, non si può dire per quale motivo non possa trattarsi della Trinità
medesima.
Mosè non vide Dio nella sua essenza
16,
27. Ordinariamente i più rimangono
perplessi anche di fronte a queste parole: E il Signore parlò a Mosè a faccia a
faccia come uno parla al suo amico. Tuttavia poco dopo la stesso Mosè dice: Or
dunque, se ho trovato grazia agli occhi tuoi, mostrati a me chiaramente,
affinché ti veda e trovi grazia agli occhi tuoi e sappia che questo popolo è
veramente il tuo popolo. E poco dopo ancora: E disse Mosè al Signore: Fammi
vedere la tua maestà. Com'è che si riteneva da alcuni che nelle apparizioni di
cui si è detto prima fosse Dio a farsi vedere nella sua sostanza, tanto che
qualche incompetente ha considerato il
Figlio di Dio visibile in se stesso e non attraverso le creature e si riteneva
che Mosè fosse entrato in mezzo alla caligine, nel senso che gli occhi del
popolo si presentava una cortina di nubi mentre dentro le nubi egli contemplava
la faccia di Dio e ascoltava le sue parole? Ed in che senso è detto: Il Signore
parlò a Mosè a faccia a faccia come chi parla al suo amico? Ecco, lo stesso Mosè dice: Se ho trovato
grazia al tuo cospetto, mostrati a me chiaramente. Evidentemente Mosè si
rendeva ben conto di quello che gli appariva in modo materiale e domandava la
vera visione di Dio in modo spirituale. Quella conversazione che si manifestava
attraverso le voci, evidentemente era modulata come quella di un amico che
parla ad un amico. Ma Dio Padre chi lo vede con gli occhi corporei? Il Verbo,
che era al principio ed era Dio e per mezzo del quale sono state fatte tutte le
cose, chi lo vede con gli occhi corporei? Che significa poi: Mostrati a me
chiaramente, se non: << Mostra a me la tua sostanza >>? Se Mosè non
avesse fatto questa domanda, si sarebbe certo obbligati a sopportare gli
sciocchi che ritengono che, attraverso i fatti e le parole sopra raccontati,
fosse apparsa visibile la sostanza di Dio agli occhi di Mosè, mentre ci è
rivelato in modo evidentissimo che Mosè non poté ottenere tale visione sebbene
ne avesse manifestato il desiderio. Chi oserà dunque affermare che attraverso
tali fenomeni, simili a quelli che apparvero in forma visibile anche a Mosè,
sia apparso il vero essere di Dio agli occhi di qualche mortale e non invece
una creatura docile al volere di Dio?
- 28. Ed ecco ancora ciò che il Signore dice a Mosè
nel seguito del testo: Non potrai vedere la mia faccia e vivere, perché nessun
uomo può vedere la mia faccia e vivere. Poi disse: Ecco qui un luogo vicino a
me; mettiti su quella roccia, mentre passerà la mia maestà, Io ti porrò al
sommo della roccia, e ti coprirò con la mia mano finché io non sia passato. Poi
ritirerò la mano e vedrai il mio dorso, ma la mia faccia non ti apparirà.
Il
dorso di Dio significa la carne di Cristo
17. Non
senza ragione abitualmente s'intende il dorso di Dio come un'immagine del Signore nostro Gesù Cristo nel senso della
carene secondo la quale nacque dalla Vergine, morì, risorse. Dorso di Dio può
dirsi la carne di Cristo perché la mortalità è molto inferiore alla divinità,
oppure perché egli si è degnato assumerla posteriormente, quasi alla fine del
mondo; mentre la sua faccia significa quella natura divina nella quale non
considerò una rapina la sua somiglianza con Dio Padre, natura che nessuno può
vedere senza morire, oppure perché dopo questa vita, nella quale siamo
pellegrini lontani dal Signore e dove il corpo corruttibile pesa sull'anima,
vedremo Cristo a faccia a faccia, come dice l'Apostolo; di questa vita un Salmo
dice: Sì, tutta parvenza è ogni uomo che vive; ed un altro: perché nessun
vivente può giustificarsi davanti a te. In questa vita, come afferma Giovanni,
non è ancora mostrato quello che saremo. Sappiamo - dice - che quando ciò sarà
manifesto saremo simili a lui perché lo vedremo quale egli è, intendendo
evidentemente ciò fosse riferito all'aldilà, dopo questa vita, quando avremo
pagato il debito della morte e ricevuto la promessa della risurrezione. Oppure,
perché anche adesso nella misura in cui
conosciamo spiritualmente la Sapienza di Dio per mezzo della quale sono state
fatte tutte le cose nella stessa misura noi moriamo agli affetti carnali
cosicché consideriamo questo mondo come morto a noi, anche noi moriamo a questo
mondo come morto a noi, anche noi moriamo a questo mondo e diciamo con l'Apostolo:
Il mondo per me è crocifisso ed io per il mondo. Infatti di questa morte
l'Apostolo dice anche: Se dunque siete morti con Cristo, perché, come viventi
nel mondo, vi lasciate imporre i precetti?. Non è dunque senza motivo che
nessuno potrà, senza morire, vedere la faccia, cioè la stessa manifestazione
della Sapienza di Dio. Essa è infatti quello splendore verso cui sospira, per
contemplarlo, ogni uomo che desidera amare Dio con tutto il suo cuore, con
tutta la sua anima, con tutto il suo spirito. Per fargli raggiungere tale
contemplazione chi ama il suo prossimo come se stesso edifica quanto più può
anche il suo prossimo; da questi due precetti dipende tutta la Legge e i
Profeti. questa idea esprime anche lo stesso Mosè che, dopo aver detto, spinto
dall'amore di Dio che più di tutto lo bruciava: Se ho trovato grazia ai tuoi
occhi, mostrati a me chiaramente perché trovi grazia al tuo cospetto, subito
per amore anche del prossimo aggiunse: E perché sappia che questo popolo è il
tuo popolo. Essa è dunque la bellezza il cui desiderio rapisce ogni anima
razionale, anima tanto più ardente quanto più pura, tanto più pura quanto più
si eleva elle realtà spirituali, quanto più muore alle realtà carnali. Ma fino a che siamo pellegrini lontano dal
Signore e camminiamo per fede e non per visione, è il dorso di Cristo, cioè la
sua carne, che dobbiamo guardare per mezzo della stessa fede, ossia fermi sul
solido fondamento della fede che la pietra simboleggia: essa dobbiamo
contemplare da tale osservatorio perfettamente sicuro, cioè all'interno della
Chiesa cattolica, della quale è stato
detto: E sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa. Infatti con tanta
maggiore certezza amiamo la faccia di Cristo, che desideriamo vedere, quanto
più scopriamo nel suo << dorso >> la grandezza dell'amore con cui
Cristo per primo ci ha amati.
La fede nella risurrezione di Cristo ci salva
-
29. Tuttavia è la fede della sua
risurrezione in quella stessa carne che salva e giustifica: Se infatti - dice -
l'Apostolo - credi in cuor tuo che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai
slavo. Il quale - dice ancora l'Apostolo - fu consegnato per i peccati nostri e
fu risuscitato per la nostra giustificazione. Dunque è la risurrezione del
corpo del Signore che è il merito della nostra fede. Che il suo corpo sia morto
sulla croce della passione, anche i suoi nemici l'hanno creduto, ma non credono
che sia risorto. Ciò credendo con assoluta certezza, noi lo contempliamo, per
così dire da una pietra incrollabile: è per questo che noi attendiamo con confidenza
speranza l'adozione, il riscatto del nostro corpo. perciò speriamo di vedere
nelle membra di Cristo ( e queste membra siamo noi ) ciò che l'ortodossia della
fede ci rivela realizzato in lui, come nel nostro capo. Da quella pietra non
vuole essere visto se non nel suo << dorso >> dopo che è passato :
vuole che noi crediamo nella sua risurrezione. Pasqua infatti è un termine
ebraico che significa passaggio. Per questo Giovanni Evangelista afferma: Ma
prima della festa si Pasqua, sapendo Gesù che era venuta la sua ora di passare
da questo mondo al Padre.
Solo
nella Chiesa cattolica vede il dorso di Dio chi crede nella sua risurrezione
- 30.
Quelli che credono questo ma al di fuori della Chiesa cattolica, in qualche
scisma o eresia, non vedono il << dorso >> del Signore dal luogo
posto vicino a lui. Che significa infatti l'espressione del Signore: Ecco un
posto vicino a me e tu starai sulla pietra? Quale luogo sulla terra è vicino al
Signore, se essere vicini a lui non è attingerlo spiritualmente? Infatti quale
luogo non è vicino al Signore, che estende la sua potenza da un'estremità
all'altra del mondo, e tutto amministra con bontà, di cui è stato detto che il cielo è il suo trono e la
terra lo sgabello dei suoi piedi; che
disse: Qual è la casa che mi costruirete? Dov'è il luogo del mio riposo? Forse
che tutte queste cose non sono state fatte dalla mia mano? Ma certamente il
posto vicino a lui, in cui si sta sulla pietra, è la Chiesa cattolica stessa,
nella quale vede con profitto la Pasqua, ossia il passaggio del Signore, e il
suo << dorso >>, cioè il suo corpo, chi crede nella risurrezione. E'
detto: Mettiti sulla roccia, mentre passerà la mia maestà. Certo, perché appena
è passata la maestà del Signore nella glorificazione di Gesù Cristo che risorge
e ascende al Padre, noi siamo stati consolidati sulla pietra. E Pietro stesso è
stato consolidato allora in modo da poter predicare con coraggio colui che prima
di essere stato consolidato aveva negato tre volte per timore. Pietro senza dubbio
per predestinazione era stato posto al sommo della roccia ma il Signore lo copriva
ancora con la mano perché non vedesse. Pietro avrebbe visto più tardi il dorso di
Cristo; ma questi non era ancora passato, passato s'intende dalla morte alla vita,
non era stato ancora glorificato con la risurrezione.
La
fede dei Giudei in Cristo risuscitato
- 31.
Più avanti, nell'Esodo, la Scrittura dice: ti coprirò con la mano finché io non
sia passato. Poi ritirerò la mia mano e vedrai il mio dorso. Ora molti
Israeliti, che in quel momento Mosè prefigurava, dopo la risurrezione del
Signore, credettero il lui, come se già ne vedessero il << dorso >>
e non avessero più la sua mano sui loro occhi. Perciò l'Evangelista ricorda
questa profezia di Isaia: Rendi ottuso il cuore di questo popolo e ottura le
sue orecchie e i suoi occhi acceca. Infine non è assurdo intendere che si parli
di loro nel Salmo: Poiché di giorno e di notte si è appesantita su di me la tua
mano; di giorno, cioè quando forse faceva i miracoli evidenti e tuttavia non
era riconosciuto da essi; di notte, invece, quando egli moriva nella sua
passione ed essi erano certi della sua morte e della sua scomparsa come di
quelle di qualsiasi altro uomo. M quando fu passato in modo che non potessero
vederne che il << dorso >>, per la predicazione loro rivolta
dall'Apostolo Pietro sulla necessità che Cristo patisse e risorgesse, furono
compenetrati dal dolore e dal pentimento. Cosicché si realizzò in loro, dopo
che furono battezzati, quant'è scritto all'inizio del Salmo citato: Beati
coloro ai quali sono state rimesse le iniquità e sono stati cancellati i
peccati. Per questo il Salmo aveva detto: La tua mano si è appesantita si di
me, come se il Signore passasse per togliere subito la sua mano e lasciar
vedere il suo << dorso >>; ma a questo segue la voce di uno che è
addolorato e che si accusa, che riceve la fede nella risurrezione del Signore
la remissione dei peccati: Giacqui in uno stato di tribolazione, mentre sempre
più si conficcava la spina. Ho riconosciuto il mio peccato e non ho nascosto la
mia iniquità. Ho detto: Voglio confessare contro di me le mie colpe al Signore
e tu hai perdonato le iniquità del mio cuore. Non dobbiamo infatti avvolgere
tanto dalla caligine della carne da credere che la faccia del Signore sia
invisibile ma che sia visibile il suo dorso, dato che nella forma di servo
apparve visibile sotto entrambi gli aspetti. Ma ci si guardi bene dal pensare
alcunché di simile in riferimento alla natura divina; sia lungi da noi il
pensare che il Verbo di Dio e la Sapienza divina abbia da una parte la faccia e
dall'altra il dorso come il corpo umano, o il pensare che in qualsiasi maniera
muti d'aspetto o di posto nello spazio o nel tempo.
E'
temerario affermare che il Padre non sia mai apparso ai Padri in forma visibile
- 32. Perciò,
se in quelle conversazioni che avvenivano al momento dell' Esodo o in tutte
quelle manifestazioni corporee si mostrava il Signore Gesù Cristo, ovvero
talora Cristo, come induce a pensare l'analisi di questo passo, talaltra lo
Spirito Santo, come ci ricordano le osservazioni fatte precedentemente, non ne
consegue che Dio Padre non si sia mai manifestato in quei fenomeni. In quei
tempi infatti molte apparizioni di questo genere avvennero senza che in esse
fossero nominati o designati o il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo, ma
furono accompagnate da indicazioni abbastanza chiare, grazie a numerosi indizi,
da farci apparire troppo temerario affermare che Dio Padre non si sia mai
manifestato ai Patriarchi o ai Profeti sotto forme visibili. Questa opinione è
nata da coloro che si sono mostrati incapaci di riconoscere l'unità della
Trinità in quelle parole: Al re immortale dei secoli, all'invisibile e unico
Dio; e: Colui che nessuno uomo vide mai, né può vedere. Questo la vera fede lo intende come detto della stessa
sostanza altissima, supremamente divina e immutabile, nella quale un solo e
medesimo Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo. Mentre quelle apparizioni si sono
realizzate per mezzo della creatura mutevole che obbedisce al Dio immutabile ed
hanno manifestato Dio non esattamente com'è ma attraverso dei segni, come
richiedevano le circostanze e i momenti.
Trinità
II, 18
La
visione di Daniele
18,
33. Tuttavia non so proprio come questa
brava gente spieghi l'apparizione a Daniele dell'Antico dei giorni; dal quale
ha ricevuto il regno il Figlio dell'uomo, che si è degnato di farsi tale per
noi, cioè da Colui che si dice secondo i Salmi: Tu sei il mio Figlio, oggi ti
ho generato: chiedi a me e ti darò le nazioni per tua eredità; da Colui che
tutto ha messo sotto i suoi piedi. Se dunque il Padre nell'atto di dare il
regno e il Figlio nell'atto di riceverlo apparvero a Daniele sotto forma
sensibile, come fanno costoro ad affermare che il Padre non si manifestò mai ai
Profeti cosicché egli deve intendersi come l'invisibile, che nessuno vide mai,
né può vedere? Ecco infatti il tenore della narrazione di Daniele: Io
continuavo a guardare, quand'ecco furono posti dei troni e l'Antico dei giorni
si pose a sedere. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo
capo simili a lana pura; il suo trono era come vampa di fuoco e le sue ruote
come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scendeva davanti a lui; mille migliaia lo
servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte si assise e furono
aperti i libri. E poco dopo: guardando ancora nelle visioni notturne ecco
apparire, sulle nubi del cielo, uno
simile ad un figliolo dell'uomo; giunse fino all'Antico dei giorni e fu
presentato a lui che gli dette potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni,
lingue lo dovranno servire: il suo potere è un potere eterno che mai tramonta
ed il suo regno è tale che non sarà mai distrutto. Ecco il Padre che dà e il
Figlio riceve il regno eterno e sono ambedue presenti in forma visibile al
Profeta. Dunque si ha il diritto di credere che anche Dio Padre apparisse
abitualmente in quel modo ai mortali.
Obiezione
-
34. Ma forse qualcuno insisterà nel dire
che il Padre non è visibile perché apparve in sogno a Daniele, mentre il Figlio
è visibile come anche lo Spirito Santo, perché Mosè ha ricevuto tutte quelle
visioni in stato di veglia. Proprio come se Mosè avesse visto il Verbo e la
Sapienza divina con gli occhi del corpo, o come se noi potessimo vedere anche
soltanto quel soffio umano che anima questo nostro corpo o lo stesso soffio
materiale che si chiama vento. Se non sono visibili questi ultimi, tanto meno
quel soffio divino che supera gli spiriti di tutti gli uomini e di tutti gli
Angeli per l'inesprimibile sublimità della divina natura. Ci sarà chi cadrà in
errore così grave da affermare che il Figlio e lo Spirito Santo sono visibili
anche agli uomini in stato di veglia, mentre il Padre è ad essi visibile solo
in sogno? Come possono allora intendere come dette solo del Padre le parole:
Colui che nessuno vide mai, né può vedere? Forse che gli uomini quando dormono
non sono uomini? Ovvero Colui che può produrre delle immagini corporee onde
manifestarsi per mezzo di visioni apparse a uomini che sognano, sarebbe
incapace di costruire la stessa realtà materiale per manifestarsi alla vista di
uomini svegli? La sua essenza per la quale è ciò che è, non può essere
manifesta per mezzo di alcuna immagine corporea all'uomo che dorme, con nessuna
forma sensibile all'uomo sveglio. Non solo l'essenza del Padre ma anche quella
del Figlio e dello Spirito Santo. In ogni caso coloro che dalle visioni in
stato di veglia sono messi in tanto imbarazzo da pensare che con il Padre ma
solo il Figlio e lo Spirito Santo sono apparsi agli occhi corporei degli uomini
( per tacere del grandissimo numero di testi della Scrittura e dell'estrema
varietà delle loro interpretazioni che impediscono a chiunque sia sano di mente
di affermare che la persona del Padre in nessun luogo si sia manifestata
attraverso qualche forma corporea agli occhi di uomini svegli ), per tacere
dunque di queste, come ho affermato, che dicono di costoro del caso del nostro
padre Abramo? Egli era certamente sveglio e occupato quando, secondo il passo
della Scrittura che inizia dicendo che il Signore apparve ad Abramo, gli
apparvero non uno né due ma tre uomini, di nessuno dei quali si dice che si
distinguesse dagli altri per maggior dignità, più degli altri rifulgesse per
maggior onore, che fosse superiore agli altri per maggiore potere.
La natura di dio è invisibile, ma le tre
Persone possono manifestarsi attraverso simboli sensibili
-
35. Quando abbiamo diviso in tre parti
la nostra trattazione, avevamo deciso di indagare per prima cosa se il Padre o
il Figlio o lo Spirito Santo o invece se talora il Padre, talvolta il Figlio,
altre volte lo Spirito Santo, ovvero, senza alcuna distinzione tra le Persone,
l'unico e solo Dio, come si dice, cioè la stessa Trinità sia apparsa ai
Patriarchi per mezzo di quelle forme tratte dalla creatura. Orbene, dopo aver
esaminato i testi della Scrittura che ci è stato possibile, tanto quanto ci è
apparso sufficiente, niente altro ritengo che una indagine umile e prudente dei
misteri divini ci inviti a fare se non questo: non affermare recisamente quale Persona
della Trinità si sia manifestata ad un determinato Patriarca o Profeta, sotto
una determinata cosa o sotto un'immagine sensibile, eccetto nel caso in cui il
tenore del testo comprenda alcuni indizi probabili. La natura stessa infatti o
la sostanza o l'essenza o qualunque altro nome si debba chiamare l'essere
stesso di Dio, qualunque esso sia, non si può vedere sensibilmente. Si deve
invece ammettere che per mezzo della creatura docile a Dio non solo il Figlio o
lo Spirito Santo, ma anche il Padre abbia potuto manifestarsi ai sensi degli
uomini sotto una forma o un'immagine corporea. Stando così le cose, per non
allungare iltre misura questo secondo volume, tratteremo le questioni che
restano nei seguenti.
La
fede dei Giudei in Cristo risuscitato
- 31.
Più avanti, nell'Esodo, la Scrittura dice: ti coprirò con la mano finché io non
sia passato. Poi ritirerò la mia mano e vedrai il mio dorso. Ora molti
Israeliti, che in quel momento Mosè prefigurava, dopo la risurrezione del
Signore, credettero il lui, come se già ne vedessero il << dorso >>
e non avessero più la sua mano sui loro occhi. Perciò l'Evangelista ricorda
questa profezia di Isaia: Rendi ottuso il cuore di questo popolo e ottura le
sue orecchie e i suoi occhi acceca. Infine non è assurdo intendere che si parli
di loro nel Salmo: Poiché di giorno e di notte si è appesantita su di me la tua
mano; di giorno, cioè quando forse faceva i miracoli evidenti e tuttavia non
era riconosciuto da essi; di notte, invece, quando egli moriva nella sua
passione ed essi erano certi della sua morte e della sua scomparsa come di
quelle di qualsiasi altro uomo. M quando fu passato in modo che non potessero
vederne che il << dorso >>, per la predicazione loro rivolta
dall'Apostolo Pietro sulla necessità che Cristo patisse e risorgesse, furono
compenetrati dal dolore e dal pentimento. Cosicché si realizzò in loro, dopo
che furono battezzati, quant'è scritto all'inizio del Salmo citato: Beati
coloro ai quali sono state rimesse le iniquità e sono stati cancellati i
peccati. Per questo il Salmo aveva detto: La tua mano si è appesantita si di
me, come se il Signore passasse per togliere subito la sua mano e lasciar
vedere il suo << dorso >>; ma a questo segue la voce di uno che è
addolorato e che si accusa, che riceve la fede nella risurrezione del Signore
la remissione dei peccati: Giacqui in uno stato di tribolazione, mentre sempre
più si conficcava la spina. Ho riconosciuto il mio peccato e non ho nascosto la
mia iniquità. Ho detto: Voglio confessare contro di me le mie colpe al Signore
e tu hai perdonato le iniquità del mio cuore. Non dobbiamo infatti avvolgere
tanto dalla caligine della carne da credere che la faccia del Signore sia
invisibile ma che sia visibile il suo dorso, dato che nella forma di servo
apparve visibile sotto entrambi gli aspetti. Ma ci si guardi bene dal pensare
alcunché di simile in riferimento alla natura divina; sia lungi da noi il
pensare che il Verbo di Dio e la Sapienza divina abbia da una parte la faccia e
dall'altra il dorso come il corpo umano, o il pensare che in qualsiasi maniera
muti d'aspetto o di posto nello spazio o nel tempo.
E'
temerario affermare che il Padre non sia mai apparso ai Padri in forma visibile
- 32. Perciò,
se in quelle conversazioni che avvenivano al momento dell' Esodo o in tutte
quelle manifestazioni corporee si mostrava il Signore Gesù Cristo, ovvero
talora Cristo, come induce a pensare l'analisi di questo passo, talaltra lo
Spirito Santo, come ci ricordano le osservazioni fatte precedentemente, non ne
consegue che Dio Padre non si sia mai manifestato in quei fenomeni. In quei
tempi infatti molte apparizioni di questo genere avvennero senza che in esse
fossero nominati o designati o il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo, ma
furono accompagnate da indicazioni abbastanza chiare, grazie a numerosi indizi,
da farci apparire troppo temerario affermare che Dio Padre non si sia mai
manifestato ai Patriarchi o ai Profeti sotto forme visibili. Questa opinione è
nata da coloro che si sono mostrati incapaci di riconoscere l'unità della
Trinità in quelle parole: Al re immortale dei secoli, all'invisibile e unico
Dio; e: Colui che nessuno uomo vide mai, né può vedere. Questo la vera fede lo intende come detto della stessa
sostanza altissima, supremamente divina e immutabile, nella quale un solo e
medesimo Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo. Mentre quelle apparizioni si sono
realizzate per mezzo della creatura mutevole che obbedisce al Dio immutabile ed
hanno manifestato Dio non esattamente com'è ma attraverso dei segni, come
richiedevano le circostanze e i momenti.
Trinità
II, 18
La
visione di Daniele
18,
33. Tuttavia non so proprio come questa
brava gente spieghi l'apparizione a Daniele dell'Antico dei giorni; dal quale
ha ricevuto il regno il Figlio dell'uomo, che si è degnato di farsi tale per
noi, cioè da Colui che si dice secondo i Salmi: Tu sei il mio Figlio, oggi ti
ho generato: chiedi a me e ti darò le nazioni per tua eredità; da Colui che
tutto ha messo sotto i suoi piedi. Se dunque il Padre nell'atto di dare il
regno e il Figlio nell'atto di riceverlo apparvero a Daniele sotto forma
sensibile, come fanno costoro ad affermare che il Padre non si manifestò mai ai
Profeti cosicché egli deve intendersi come l'invisibile, che nessuno vide mai,
né può vedere? Ecco infatti il tenore della narrazione di Daniele: Io
continuavo a guardare, quand'ecco furono posti dei troni e l'Antico dei giorni
si pose a sedere. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo
capo simili a lana pura; il suo trono era come vampa di fuoco e le sue ruote
come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scendeva davanti a lui; mille migliaia lo
servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte si assise e furono
aperti i libri. E poco dopo: guardando ancora nelle visioni notturne ecco
apparire, sulle nubi del cielo, uno
simile ad un figliolo dell'uomo; giunse fino all'Antico dei giorni e fu
presentato a lui che gli dette potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni,
lingue lo dovranno servire: il suo potere è un potere eterno che mai tramonta
ed il suo regno è tale che non sarà mai distrutto. Ecco il Padre che dà e il
Figlio riceve il regno eterno e sono ambedue presenti in forma visibile al
Profeta. Dunque si ha il diritto di credere che anche Dio Padre apparisse
abitualmente in quel modo ai mortali.
Obiezione
-
34. Ma forse qualcuno insisterà nel dire
che il Padre non è visibile perché apparve in sogno a Daniele, mentre il Figlio
è visibile come anche lo Spirito Santo, perché Mosè ha ricevuto tutte quelle
visioni in stato di veglia. Proprio come se Mosè avesse visto il Verbo e la
Sapienza divina con gli occhi del corpo, o come se noi potessimo vedere anche
soltanto quel soffio umano che anima questo nostro corpo o lo stesso soffio
materiale che si chiama vento. Se non sono visibili questi ultimi, tanto meno
quel soffio divino che supera gli spiriti di tutti gli uomini e di tutti gli
Angeli per l'inesprimibile sublimità della divina natura. Ci sarà chi cadrà in
errore così grave da affermare che il Figlio e lo Spirito Santo sono visibili
anche agli uomini in stato di veglia, mentre il Padre è ad essi visibile solo
in sogno? Come possono allora intendere come dette solo del Padre le parole:
Colui che nessuno vide mai, né può vedere? Forse che gli uomini quando dormono
non sono uomini? Ovvero Colui che può produrre delle immagini corporee onde
manifestarsi per mezzo di visioni apparse a uomini che sognano, sarebbe
incapace di costruire la stessa realtà materiale per manifestarsi alla vista di
uomini svegli? La sua essenza per la quale è ciò che è, non può essere
manifesta per mezzo di alcuna immagine corporea all'uomo che dorme, con nessuna
forma sensibile all'uomo sveglio. Non solo l'essenza del Padre ma anche quella
del Figlio e dello Spirito Santo. In ogni caso coloro che dalle visioni in
stato di veglia sono messi in tanto imbarazzo da pensare che con il Padre ma
solo il Figlio e lo Spirito Santo sono apparsi agli occhi corporei degli uomini
( per tacere del grandissimo numero di testi della Scrittura e dell'estrema
varietà delle loro interpretazioni che impediscono a chiunque sia sano di mente
di affermare che la persona del Padre in nessun luogo si sia manifestata
attraverso qualche forma corporea agli occhi di uomini svegli ), per tacere
dunque di queste, come ho affermato, che dicono di costoro del caso del nostro
padre Abramo? Egli era certamente sveglio e occupato quando, secondo il passo
della Scrittura che inizia dicendo che il Signore apparve ad Abramo, gli
apparvero non uno né due ma tre uomini, di nessuno dei quali si dice che si
distinguesse dagli altri per maggior dignità, più degli altri rifulgesse per
maggior onore, che fosse superiore agli altri per maggiore potere.
La natura di dio è invisibile, ma le tre
Persone possono manifestarsi attraverso simboli sensibili
-
35. Quando abbiamo diviso in tre parti
la nostra trattazione, avevamo deciso di indagare per prima cosa se il Padre o
il Figlio o lo Spirito Santo o invece se talora il Padre, talvolta il Figlio,
altre volte lo Spirito Santo, ovvero, senza alcuna distinzione tra le Persone,
l'unico e solo Dio, come si dice, cioè la stessa Trinità sia apparsa ai
Patriarchi per mezzo di quelle forme tratte dalla creatura. Orbene, dopo aver
esaminato i testi della Scrittura che ci è stato possibile, tanto quanto ci è
apparso sufficiente, niente altro ritengo che una indagine umile e prudente dei
misteri divini ci inviti a fare se non questo: non affermare recisamente quale Persona
della Trinità si sia manifestata ad un determinato Patriarca o Profeta, sotto
una determinata cosa o sotto un'immagine sensibile, eccetto nel caso in cui il
tenore del testo comprenda alcuni indizi probabili. La natura stessa infatti o
la sostanza o l'essenza o qualunque altro nome si debba chiamare l'essere
stesso di Dio, qualunque esso sia, non si può vedere sensibilmente. Si deve
invece ammettere che per mezzo della creatura docile a Dio non solo il Figlio o
lo Spirito Santo, ma anche il Padre abbia potuto manifestarsi ai sensi degli
uomini sotto una forma o un'immagine corporea. Stando così le cose, per non
allungare iltre misura questo secondo volume, tratteremo le questioni che
restano nei seguenti.
Trinità III, 7- 8
-9-10
Le arti magiche non possono produrre nulla, se
non per permissione divina
7,12. A questo punto prevedo
quale difficoltà possa presentarsi ad uno
spirito debole: come mai questi miracoli vengono compiuti anche con le arti
magiche? Infatti anche i magi del
Faraone hanno in modo simile prodotto dei serpenti ed altri fenomeni dello
stesso genere. Ma vi è una cosa ancor più straordinaria: come mai quella
potenza dei magi, che ebbe la capacità di produrre serpenti, si mostrò del
tutto insufficiente, quando si trattò di produrre delle mosche minutissime?
Quelle infatti che la Scrittura chiama << sci nifi >> sono mosche
minutissime e costituirono la terza piaga che colpì l'orgoglioso popolo
egiziano. E' proprio allora che i magi, rimasti impotenti, dissero: Questo è il
dito di Dio. questo fatto induce a pensare che nemmeno gli angeli prevaricatori
e le potenze dell'aria, precipitate dall'alto del loro soggiorno di celeste
purità nel fondo di queste tenebre come nel carcere che è loro adatto, esse che
danno alla magia tutto il potere che ha, siano capaci di qualcosa senza un
potere che è dato dall'alto. Tale potere viene dato o per ingannare gli
ingannatori, come è stato dato contro gli Egiziani ed anche contro gli stessi
magi perché fossero oggetto di ammirazione in quello che facevano per seduzione
diabolica, e oggetto di condanna per il giusto giudizio di Dio; oppure viene
dato per distogliere i fedeli dal desiderio di fare cose simili, come se il
farle avesse grande importanza; è per questo che la Scrittura ce le ha narrate
con la sua autorità. Viene anche data per esercitare, mettere alla prova e
manifestare chiaramente la pazienza dei giusti. Infatti per miracoli visibili
di non piccola potenza Giobbe venne a
perdere tutte le sue ricchezze e i figli e la stessa salute fisica.
Solo Dio crea, gli angeli cattivi non sono
creatori nella magia
8,
13. Tuttavia non si deve ritenere che
questa materia delle cose visibili sia incondizionatamente soggetta alla
volontà di questi angeli prevaricatori e che essi la dominino a loro
piacimento, ma è invece soggetta a Dio che concede ad essi questa potenza, come
l'Immutabile lo giudica conveniente dal suo trono sublime e spirituale. Infatti
anche i criminali condannati alle miniere hanno a disposizione dell'acqua, del
fuoco e della terra per farne ciò che vogliono, ma nella misura che è loro
concesso. Non è certamente ragionevole chiamare creatori quegli angeli cattivi,
per il solo fatto che, grazie a loro, i magi, che resistevano al servitore di
Dio, fecero delle rane e dei serpenti; infatti non furono loro a crearli.
Poiché tutte le cose che nascono materialmente e visibilmente sono presenti
negli elementi materiali di questo mondo certi misteriosi semi. Una cosa
infatti sono i semi già visibili ai nostri occhi, nei frutti e negli animali,
un'altra cosa sono i misteriosi semi con i quali, al comando del Creatore,
l'acqua ha prodotto i primi pesci e i primi volatili, la terra i primi suoi
germogli ed i suoi primi animali secondo la loro specie. E nella realizzazione
di queste prime nascite non si esaurì la forza vitale di questi semi, soltanto
che ad essi spesso vengono meno le condizioni favorevoli per svilupparsi e
produrre la loro specie. Per esempio: un piccolissimo virgulto è un seme.
Infatti convenientemente affidato al terreno diviene albero. Ma di questo
ramoscello c'è un seme più piccolo della stessa specie: un grano, e fino a questo punto si tratta sempre di
qualcosa che possiamo vedere. Anche di questo granello poi la ragione esige che
ci sia un seme, per quanto invisibile ai nostri occhi, perché se tali semi non
si trovassero in questi elementi terreni, non vedremmo così spesso spuntare
dalla terra piante mai seminate, o sia in terra che nell'acqua nascere senza
congiungimento tra i maschi e femmine tanti animali che crescono e ne
riproducono altri per congiungimento, sebbene siano nati senza di esso. Ed è
fuori dubbio che le api non concepiscono i semi dei loro figli mediante
l'accoppiamento, ma raccolgono con la bocca questi germi disseminati in qualche
modo per il suolo. Dunque il Creatore dei germi invisibili è il vero Creatore
di tutte le cose, perché tutte le cose che nascendo appaiono ai nostri occhi,
prendono dai semi nascosti il punto di partenza della loro crescita; e lo
sviluppo della loro statura normale e la differenziazione delle loro forme
provengono, per così dire, dalle leggi delle loro origini. Perciò come noi non
chiamiamo i nostri genitori creatori di uomini né gli agricoltori creatori di
messi, sebbene sia con il concorso esterno della loro attività che la potenza
di Dio interiormente opera la creazione di queste cose, allo stesso modo non è
permesso ritenere creatori non soltanto gli angeli cattivi ma nemmeno quelli
buoni, anche se la sottigliezza della loro sensibilità e del loro corpo ha loro
permesso di scoprire i semi di queste cose, germi a noi più sconosciuti, e che
essi segretamente spargono, con il favore di adatte combinazioni di elementi,
provocando così le condizioni favorevoli e allo sbocciare e allo svilupparsi
rapido degli esseri. M né i buoni fanno questo se non nella misura in cui Dio
lo comanda, né i cattivi lo fanno ingiustamente, se non nella misura in cui
egli giustamente lo permette. Ingiusta è infatti la volontà dei cattivi che è
loro fornita a causa della loro malizia, ma giusto è il potere che viene loro
concesso sia a loro castigo sia nei riguardi degli altri a castigo dei cattivi
o a premio dei buoni.
Anche il nostro spirito non può essere
formato con la giustificazione se non da Dio
-
14. E' per questo che l'Apostolo Paolo, distinguendo l'azione di Dio, che crea
e plasma all'interno, da quella creatura che agisce all'esterno, e prendendo
un'immagine dall'agricoltura, dice: Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è
Dio che ha fatto crescere. Come dunque nella nostra stessa vita solo Dio può
formare il nostro spirito giustificandolo, mentre predicare esteriormente il
Vangelo lo possono anche gli uomini, non solo quelli veramente buoni, ma anche,
all'occasione, i cattivi, così la creazione delle cose visibili la compie Dio segretamente, mentre le
attività esterne dei buoni e dei cattivi, degli Angeli e degli uomini e di ogni
specie di animali egli le applica alla natura dove tutto crea, come applica
l'agricoltura al terreno, secondo la propria volontà e la distribuzione che ha
fatto dei poteri e degli istinti. Perciò non possono dire che gli angeli
cattivi, evocati con le arti magiche, siano stati creatori delle rane e dei
serpenti, come non posso ,chiamare gli uomini cattivi creatori di una messe che
avrò visto crescere per loro opera.
Nemmeno Giacobbe è stato il creatore dei
colori delle sue pecore
-
15. Così nemmeno Giacobbe fu creatore
dei colori delle sue pecore per aver messo davanti agli occhi delle femmine nel
periodo della concezione verghe variopinte, mentre esse bevevano. E neppure le
pecore crearono i colori variegati della loro prole, in quanto la loro anima
aveva ritenuto l'immagine variopinta impressavi per mezzo degli occhi che
avevano visto le verghe di vari colori. Questa immagine non poté influire, per
l'emozione dell'accoppiamento, che su un corpo animato da uno spirito così
impressionato da rendere maculati i teneri embrioni dei piccoli. L'influsso
reciproco, dell'anima sul corpo e del corpo sull'anima , si fonda su
corrispondenze razionali immutabilmente viventi nella stessa Sapienza di Dio,
quella Sapienza che nessuno spazio racchiude. Essa, pur essendo immutabile, non
abbandona nessun essere anche mutevole, perché nessuno di essi è stato creato
se non per mezzo di essa. E' stata la norma dell'immutabile e invisibile
Sapienza di Dio, per mezzo della quale tutte le cose sono state create, a far
si che dalle pecore nascessero non delle verghe ma delle pecore; ma è stata
l'anima della pecora gravida, impressionata dall'esterno per mezzo della vista,
e che interiormente seguiva in se, a suo modo, la legge della generazione
ricevuta dalla segreta potenza del suo Creatore, a far sì che l'iridescenza
delle verghe avesse un qualche influsso sul colore delle pecore concepite.
Circa la potenza che ha l'anima nell'influire sulla materia corporea e nel
trasformarla, molto si potrebbe dire, ma non è un discorso necessario al nostro
assunto. In ogni caso non si può affermare che l'anima crei il corpo perché
ogni causa di una sostanza mutevole e sensibile, la misura, il numero, il peso
che la fanno essere, la natura che la fa questa o quella, derivano da quella
vita spirituale e immutabile che esiste e sussiste al di sopra di tutte le cose
e si diffonde fino alle cose ultime e terrene. Ho ritenuto di dover ricordare
senz'altro quanto ha fatto Giacobbe con le sue pecore perché si comprendesse
che, se non si può chiamare creatore dei colori degli agnelli e dei capretti un
uomo che ha così disposto le verghe, né le stesse anime delle femmine che, nei
limiti posti dalla natura, impressero sui piccoli corpi concepiti nella carne
l'immagine variegata concepita per mezzo degli occhi del corpo, tanto meno
possono essere detti creatori delle rane e dei serpenti gli angeli cattivi per
intervento dei quali i magi del Faraone compirono quei prodigi.
Solo
Dio crea e governa le cose, le creature possono intervenire solo dall'esterno
9,
16. Infatti altra cosa è costruire e
governare la creazione dal centro e dalla sommità del cardine delle cose, chi
fa questo è l'unico Creatore, Dio, altra cosa intervenire dal di fuori secondo
le forze e le possibilità da lui distribuite per portare alla luce ciò che
viene da lui creato in questo o in quel momento, in questa o quella maniera. Senza dubbio
tutte le cose che noi vediamo sono già state create originariamente e
fondamentalmente in una specie di trama degli elementi, ma solo quando ci sono
le occasioni favorevoli vengono fuori.
Infatti, come le madri sono gravide della loro prole, così il mondo
stesso è gravido dei principi delle cose che nascono; principi che non vengono
creati nel mondo se non da quella suprema Essenza, nella quale nulla nasce,
nulla muore. Invece applicare esternamente le cause contingenti, che sebbene
non naturali, tuttavia si applicano in armonia con la natura, per trarne fuori
in qualche modo dal profondo seno della natura gli esseri che esso tiene
nascosti e in qualche modo crearli esteriormente con il dispiegamento delle
loro misure, numeri e pesi che essi hanno ricevuto segretamente da Colui che ha
ordinato ogni cosa con misura ordine e peso, è possibile non solo agli angeli
cattivi ma anche agli uomini cattivi, come ho dimostrato sopra con l'esempio
dell'agricoltura.
La
rapidità di sviluppo di alcuni germi desta meraviglia
- 17.
Ma perché non si pensi diversamente
degli animali per il fatto che hanno la vita con l'istinto di cercare quanto è
secondo la loro natura e di evitare quanto le è contrario, dobbiamo osservare
pure che molti uomini sanno da quali erbe o carni o succhi e umori di ogni
sorta, lasciati come si presentano o posti al coperto o triturati e mescolati
siano soliti nascere determinati animali. Ora, che di costoro è tanto stolto da
dirsi creatore di questi animali? Se dunque qualsiasi uomo, anche il più
cattivo, può sapere da dove nascono questi vermi e quelle mosche, come può
destare meraviglia che gli angeli cattivi con la sottigliezza della loro
sensibilità conoscano nei semi più segreti degli elementi la possibilità di far
nascere rane e serpenti e, senza crearli, li facciano nascere attraverso
trasformazioni occulte suscitando certe condizioni favorevoli a loro note? Ma gli uomini non si meravigliano di quelle
cose che gli uomini sono soliti fare. Che se qualcuno eventualmente si stupisce
della rapidità degli sviluppi, in quanto quegli animali si produssero
all'improvviso, avverta che gli uomini, proporzionalmente, ottengono cose simili. Come avviene infatti
che i medesimi corpi invermiscano più rapidamente nell'estate che nell'inverno,
più rapidamente in luoghi caldi che in luoghi freddi? Ma queste forze naturali
vengono applicate dagli uomini con tanta maggiore difficoltà quanto più manca alle
loro membra terrene e lente l'acutezza sensitiva e l'agilità fisica. Perciò
quanto più è agevole a tutti gli Angeli trarre dagli elementi le loro risorse
immediate, tanto più sorprendenti appaiono le loro agilità in tali operazioni.
Solo Dio crea
- 18. Creatore è solamente colui che produce queste
cose come causa prima. E nessuno lo può all'infuori di colui presso il quale
sono originariamente le misure, i numeri, i pesi di tutte le cose che esistono:
e questi è soltanto Dio creatore, dalla cui ineffabile sovranità dipende che
quanto gli angeli cattivi potrebbero fare, se fosse loro permesso, non lo
possano invece fare perché egli non lo permette loro. Infatti non si potrebbe
trovare altro motivo per cui non poterono produrre delle mosche piccolissime,
quelli che avevano prodotto rane e serpenti,
se non questo: c'era un potere più alto, quello di Dio, che lo impediva
per mezzo dello Spirito Santo, come lo riconobbero gli stessi magi dicendo:
Questo è il dito di Dio. Che cosa poi possano per loro natura, che cosa non
possano per proibizione, che cosa non sia loro permesso dalle loro condizioni
naturali, è difficile all'uomo chiarire, anzi impossibile, se non in virtù di
quel dono divino che l'Apostolo ricorda quando dice: ad un altro il
discernimento degli spiriti. Sappiamo infatti che un uomo può camminare e che
non può nemmeno questo, se gli è impedito, ma sappiamo che non può volare anche
se gli viene dato il permesso. Gli angeli cattivi possono fare alcune cose se per
volere di Dio gli angeli superiori li lasciano liberi; altre cose invece non le
potrebbero fare anche se gli angeli superiori li lasciassero liberi; perché non
lo concede Colui che ha dato loro la natura angelica. Anzi il più delle volte
per mezzo dei suoi angeli impedisce loro di esercitare anche le loro capacità
naturali.
Dio
non interviene personalmente in tutti i miracoli
-
19. ebbene lasciamo da parte quei
fenomeni materiali che nell'ordine naturale delle cose accadono secondo il
corso più normale dei tempi, come il sorgere e il tramontare degli astri, le
nascite e le morti degli animali, le varietà innumerevoli dei semi e dei germi,
le nuvole e le nubi, le nevi e le piogge, le folgori e i tuoni, i fulmini e le
grandini, i venti e il fuoco, il freddo e il caldo e tutti i fenomeni come
questi; lasciamo da parte anche quelli che nel medesimo ordine di realtà sono
insoliti come: eclissi, apparizioni straordinarie degli astri, esseri
mostruosi, terremoti e simili; lasciamo dunque da parte tutti questi fenomeni
la cui causa prima e suprema è solo la volontà di Dio. Per questo un
Salmo, dopo che sono stati ricordati
alcuni fenomeni di questo genere: il fuoco, la grandine, la neve, il ghiaccio,
la tempesta, il vento procelloso, perché non venissero attribuiti al caso o
solo a cause corporee o anche spirituali, ma sempre indipendenti dalla volontà
di Dio, subito aggiunge: che obbediscono alla sua parola.
10. Ma, come avevo incominciato a
dire, lasciati da parte questi fenomeni, differenti sono quelli che, sebbene
appartenenti al mondo corporeo, vengono a cadere sotto i nostri sensi per farci
conoscere qualcosa da parte di Dio. Questi sono detti propriamente miracoli e
segni. Ma non tutte le volte che ci viene data una comunicazione divina, appare
la stessa persona di Dio. Quando appare, talvolta si manifesta per mezzo di un
Angelo, talaltra sotto una forma che non è quella di un Angelo, sebbene venga
utilizzata dopo che è stata preparata per opera di un Angelo; anche quando
appare per mezzo di una forma che non è quella di un angelo, talvolta questa
forma esisteva allo stato di corpo che viene sottoposto a qualche
trasformazione per divenire atto a questa determinata rivelazione, altre volte
essa viene prodotta soltanto per questo compito e, svolto questo compito,
scompare. Così per esempio quando gli uomini annunziano la parola di Dio, a
volte la ripetono a suo nome, come quando a tale annuncio sono premesse le
parole: Il Signore ha detto, oppure: Questo dice Il Signore, ed espressioni di
questo genere; altre volte invece senza alcun preambolo simile si mettono al
posto di Dio stesso, come quando è detto: Io ti istruirò e ti porrò su questa
via nella quale dovrai camminare. A questo modo ad un Profeta viene dati il
compito di simboleggiare non solo nelle parole ma anche nei suoi atti la
persona di Dio per rappresentarla nel suo mistero di profeta. Così
rappresentava la persona di Dio il Profeta che divise la sua veste in dodici
parti e ne dette dieci al servo del re Salomone, al futuro re d'Israele.
Talvolta ancora è una cosa diversa dal profeta ma già esistente tra le realtà
di questa terra che è stata assunta quale simbolo, come ha detto Giacobbe,
risvegliato dal suo sonno, con la pietra che, mentre dormiva, teneva sotto il
suo capo; qualche volta la forma simbolica è prodotta proprio per questo scopo
ed è destinata ad esistere anche nel tempo, come fu possibile per il famoso
serpente di bronzo innalzato nel deserto e come è possibile per uno scritto;
oppure essa è destinata a scomparire, una volta svolto il suo compito, come il
pane che, preparato a questo scopo, è consumato quando è ricevuto il
sacramento.
Non
tutti i miracoli sono fenomeni straordinari
- 20.
Ma queste cose, note agli uomini perché
fatte dagli uomini, se possono conciliarsi rispetto al loro carattere
religioso, tuttavia non possono suscitare stupore perché sono prive di
carattere miracoloso. Perciò le opere degli Angeli sono per noi tanto più
mirabili quanto più difficili e misteriose; per essi invece sono chiare e
facili e facili essendo di loro competenza. Parla in nome di Dio l'angelo che,
indirizzandosi all'uomo dice: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il
Dio di Giacobbe, poiché la Scrittura aveva iniziato col dire: Un Angelo del
Signore gli apparve. Anche l'uomo parla in nome di Dio quando dice: Ascolta,
popolo mio, e parlerò; o Israele, ascoltami e ti dichiarerò la mia volontà: io
sono Dio, il tuo Dio sono io. La verga è stata assunta a simbolo, tuttavia è
stata la potenza angelica che l'ha mutata in serpente; ma sebbene questa
potenza manchi all'uomo, tuttavia egli ha scelto una pietra per significare
qualcosa dello stesso ordine. C'è grandissima differenza tra l'atto dell'Angelo
e quello dell'uomo: l'uno provoca ammirazione e riflessione, l'altro solo
riflessione. Ciò che c'è da capire nell'uno e nell'altro caso è forse la stessa
cosa, ma i fatti che ce la fanno capire sono diversi. Come se il nome del
Signore venga scritto in oro o in inchiostro: l'uno è più prezioso, l'altro
meno, ma ciò che viene espresso con l'una e con l'altra cosa è identico. E sebbene il serpente tratto dalla verga di
Mosè significasse la stessa cosa che significava la pietra di Giacobbe,
tuttavia la pietra di Giacobbe significava qualcosa di meglio che i serpenti dei magi. Infatti, come l'unzione della pietra significava
Cristo, nella carne umana, nella quale fu unto con l'olio dell'esultanza sopra
i suoi compagni, cos' la verga di Mosè
mutata in serpente significava il Cristo stesso, divenuto obbediente fino alla
morte, anzi alla morte di croce. Per questo il Vangelo dice: E come Mosè
innalzò nel deserto il serpente, così è necessario che sia innalzato il Figlio
dell'uomo, affinché chi crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna, a somiglianza
di coloro che fissando il serpente innalzato nel deserto non morivano per i
morsi dei serpenti. Il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui, affinché
venga distrutto il corpo del peccato. Il serpente rappresentava la morte
causata dal serpente nel Paradiso: figura retorica che designa l'effetto per la
causa. Il tramutarsi della verga in un serpente è il passare di Cristo alla
morte, il ritornare del serpente a verga è il ritornare alla risurrezione del
Cristo tutto intero, cioè insieme al suo corpo, che è la Chiesa. Come avverrà
alla fine dei tempi, indicata dalla coda del serpente, che Mosè afferrò con la
mano perché ritornasse verga. I serpenti dei magi raffigurano i morti del
secolo che non potranno risorgere nel Cristo se non saranno prima entrati nel
suo corpo credendo in lui, quasi da lui divorati. Dunque la pietra di Giacobbe,
dicevo, indicava qualcosa di meglio che i serpenti dei magi, ma il fatto
compiuto dai magi fu molto più meraviglioso. Quanto però alla comprensione
delle cose la differenza conta così poco come se si scrivesse il nome di un
uomo con l'oro e il nome di Dio con l'inchiostro.
Carattere
misterioso dell'azione angelica nei miracoli
-
21. Quale uomo sa come gli Angeli
abbiano prodotto quelle nubi o quella fiamma o come le abbiano utilizzate per
annunciare ciò che annunciavano, pur ammettendo che sotto quelle forme corporee
si rivelasse il Signore o lo Spirito Santo? Similmente non conoscono i neofiti
quello che si offre sull'altare e si consuma al termine della sacra
celebrazione: donde venga, come si appresta, perché mai abbia significato
religioso. E se non lo imparano mai per esperienza propria o altrui, se non
osservano mai quelle cose stesse se non durante la celebrazione sacramentale,
dove si offrono e si distribuiscono, e se non si dica mai loro con la più
grande autorità di chi siano il corpo e il sangue, null'altro crederanno se non
questo: che il Signore sia apparso agli occhi dei mortali proprio in quella
forma e che proprio quel liquido sia sgorgato dal suo fianco ferito. Ma a me è
utile ricordarmi delle mie forze ed invitare i miei fratelli a ricordarsi delle
loro, per evitare che la debolezza umana vada oltre i limiti di ciò che si può
affermare con sicurezza. In qual modo infatti gi Angeli compiano questi
prodigi, o meglio, come Dio li compia per mezzo dei suoi Angeli, fino a che
punto li voglia compiere per mezzo degli stessi angeli cattivi, a volte
tollerando, altre comandando, altre ancora costringendo, dal trono misterioso
della sua onnipotenza, non ho lo sguardo così acuto per discernere, non la
ragione così ardita per spiegare, non lo spirito così elevato per attingere e
così non posso rispondere a tutte le domande che si possono porre su questo
argomento con la sicurezza che avrebbe un angelo o un profeta o un apostolo.
timidi sono i pensieri dei mortali e incerte le nostre previsioni, perché un
corpo corruttibile pesa sull'anima e questa tenda di creta opprime la mente dai
molti pensieri. A fatica sappiamo valutare le cose che sono sulla terra,
persino le cose che abbiamo tra mano non sappiamo ben conoscere; chi poi è mai
riuscito a capire le cose celesti?. Ma poiché il testo continua e dice: E chi
avrebbe potuto conoscere il tuo pensiero, se tu non gli avessi dato la sapienza
e mandato il tuo Santo Spirito dal più alto dei cieli?, noi non investighiamo
le cose del cielo, tra le quali cose sono compresi anche i corpi degli Angeli
secondo la loro propria dignità e certe loro attitudini sensibili; tuttavia in
virtù dello Spirito di Dio a noi inviato dal più alto dei cieli e della sua
grazia partecipata alle nostre anime, oso dire con libertà che né Dio Padre né
il suo Verbo né il suo Spirito, ossia l'unico Dio, in virtù della sua essenza e del suo stesso
essere è mutevole e tanto meno visibile. E' vero che ci sono delle cose
mutevoli che pur non sono visibili, come i nostri pensieri, ricordi e volontà
ed ogni creatura spirituale: ma nessuna cosa è visibile senza essere mutevole.
Trinità III, 11
Invisibilità dell'essenza divina
11. Perciò la sostanza, o, se è
meglio dire così, l'essenza di Dio, nella quale intendiamo a modo nostro,
quanto mai imperfetto, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, non essendo
assolutamente mutevole, è radicalmente impossibile che sia per se stessa
visibile.
Intervento
degli Angeli nelle teofanie
- 22.
E' dunque chiaro che tutte le apparizioni fatte ai Patriarchi quando Dio si
rivelava ad essi secondo il suo piano stabilito per quei tempi, sono avvenute
per mezzo di una creatura. Se noi ignoriamo come abbia compiuto quelle cose
servendosi degli Angeli come ministri suoi, in ogni caso non è in base ad
un'idea personale che affermiamo l'intervento degli Angeli, e questo perché
nessuno ci creda più saggi di quello che siamo; ora le nostre sono modeste,
conformi alla misura di fede che Dio ci ha dispensato, e crediamo, per questo
parliamo. C'è infatti l'autorità della divina Scrittura, che il nostro spirito
non deve abbandonare per cadere a capofitto, una volta abbandonato il valido
sostegno della parola divina, nei precipizi delle congetture personali dove né
i sensi del corpo guidano, né la luce della verità brilla. Ora è scritto in
modo chiarissimo nell'Epistola agli Ebrei, quando vien fatta la distinzione tra
l'economia del Nuovo Testamento e l'economia dell'Antico Testamento, secondo
l'opportunità dei tempi e dei momenti, che gli Angeli sono intervenuti non
soltanto nei prodigi visibili ma anche nella manifestazione della parola di
Dio. Ecco il testo: Di quale degli Angeli ha detto mai: Siedi alla mia destra
finché io ponga i tuoi nemici sgabello ai tuoi piedi? Non sono essi invece
tutti spiriti destinati a servire, inviati per esercitare un ufficio in favore
di coloro che devono ereditare la salvezza?. L'autore dimostra con queste
parole che quei prodigi non soltanto sono stati compiuti per mezzo degli Angeli
ma anche che sono stati fatti per noi, cioè per il popolo di Dio al quale è
promessa l'eredità della vita eterna. Così l'Apostolo scrive ai Corinti: Ma
tutte queste cose accaddero loro come in figura e sono state scritte per
ammonire noi, che siamo giunti alla fine dei tempi. L'Apostolo dimostra poi
logicamente e chiaramente che allora Dio parlava per mezzo degli Angeli, ora
per mezzo del suo Figlio: Per questo noi dobbiamo attendere con il massimo
impegno alle cose udite per non venir trascinati fuori strada. Se infatti la
Legge promulgata per mezzo degli Angeli si rivelò efficace al punto che ogni
trasgressione o disobbedienza ricevette la sua giusta pena, come scamperemo
noi, se trascuriamo una così grande salvezza?. Poi, come se gli si domandasse
di quale salvezza si tratta,, per precisare che egli parla ora del Nuovo
Testamento, cioè della parola che è stata pronunciata non per mezzo degli
Angeli ma per mezzo di nostro Signore, prosegue: La quale fu annunziata prima
dal Signore, poi ci è stata confermata da coloro che lo avevano udito, mentre
Dio aggiungeva la sua testimonianza alla loro con segni e prodigi e ogni sorta
di miracoli e con i doni dello Spirito Santo distribuiti secondo la sua
volontà.
Dio
parla per mezzo degli Angeli
- 23. Ma si dirà, perché è stato allora scritto: Il
Signore disse a Mosè, e non piuttosto: << Disse l'Angelo a Mosè >>?
E' lo stesso motivo per cui quando l'araldo proclama la sentenza del giudice,
non si registra negli atti: << 'araldo ha detto >> ma: << Il
giudice ha detto >>. Così allo
stesso modo quando un santo Profeta parla, sebbene diciamo << Il Profeta
ha detto >>, non vogliamo far comprendere nient'altro che: << Il
Signore ha detto >>. Se diciamo: Il Signore ha detto, non mettiamo da
parte il Profeta ma facciamo presente che abbia parlato per suo mezzo. D'altra
parte la Scrittura svela spesso che l'Angelo è il Signore e, quando l'Angelo
parla, essa dice frequentemente: Il Signore ha detto, come abbiamo già
mostrato. Ma ci sono alcuni che nei passi in cui la Scrittura usa il nome
<< Angelo >> ritengono che si tratti del Figlio stesso di Dio in
persona, perché un Profeta l'ha chiamato << Angelo >> in quanto ha
annunciato la volontà del Padre e la sua propria. Per questo ho voluto ricavare
una prova più decisiva da questa Epistola in cui non è scritto: << per
mezzo di un Angelo >> ma per mezzo degli Angeli.
Il
Signore apparve a Mosè per mezzo di un Angelo
- 24.
Anche Stefano negli Atti degli Apostoli racconta le cose alla stessa maniera in
cui sono state raccontate anche nei libri dell'Antico Testamento: Uomini,
fratelli, padri, ascoltate. Il Dio della gloria apparve a nostro padre Abramo
mentre era nella Mesopotamia. Ma perché nessuno pensasse che il Dio della
gloria fosse apparso allora nella sua essenza agli occhi degli uomini, Stefano
dice più avanti che fu un Angelo che apparve a Mosè: A queste parole Mosè fuggì
ed andò ad abitare nella terra di Madian dove generò due figli. Al compiersi
poi dei quarant'anni un Angelo apparve a lui nel deserto del Sinai in mezzo
alla fiamma del roveto ardente. A questa vista Mosè rimase stupito dalla
visione e, mentre si avvicinava per osservare, la voce del Signore si fece
udire: Io sono il Dio dei padri tuoi; Il Dio di Abramo, il Dio d'Isacco, il Dio
di Giacobbe. Tremante Mosè no ardiva guardare. Ma il Signore gli disse: Levati
i calzari dai piedi. Qui certamente egli chiama Angelo e Signore lo stesso Dio
d?Abramo, d'Isacco e di Giacobbe, come dice il Genesi.
Anche
ad Abramo apparve per mezzo di un Angelo
- 25.
Forse qualcuno dirà che il Signore è
apparso a Mosè per mezzo di un Angelo ma ad Abramo direttamente? Non chiediamo
una risposta si questo a Stefano ma interroghiamo lo stesso libro da cui egli
ha trattato questa narrazione. Perché c'è scritto: E disse il Signore Dio ad
Abramo, e poco dopo: E apparve il Signore Dio ad Abramo, significa forse che
qui non sono intervenuti gli Angeli? Ma in altro passo si trova la stessa
maniera di esprimersi: Il Signore gli apparve poi presso il querceto di Mambre,
mentre egli sul caldo del giorno era seduto davanti alla sua tenda, e poi il
testo continua: Alzati gli occhi guardò, ed ecco tre uomini in piedi gli
stavano davanti. Noi abbiamo già parlato di essi. Ebbene, come potranno
costoro, che dalle parole non vogliono assurgere alle idee o ricadono
facilmente dalle idee alle parole, spiegare che Dio è apparso in questi tre
uomini senza riconoscere, come lo insegna il seguito del testo, che essi erano
degli Angeli? Forse perché non è detto << un Angelo gli parlò >> o
<< gli apparve >>, oseranno per questo affermare che per quanto
riguarda Mosè quella visione e quella voce furono prodotte per mezzo di un
Angelo, perché così dice il testo, mentre ad Abramo, perché non si fa parola di
un Angelo, fu Dio nella sua essenza che apparve e parlò? Ma perché, se anche a
proposito di Abramo si parla di un angelo?
Infatti ecco che cosa si legge quando si esigeva che venisse immolato suo figlio: Dopo questi fatti Dio
volle provare Abramo e gli disse: Abramo! Abramo! Ed egli rispose: Eccomi! E
gli disse: Orsù, prendi il tuo figlio, l'unico che hai e che tanto ami, Isacco,
e và nella regione di Moira e là lo offrirai in olocausto sopra quel monte che
io ti mostrerò. Certo qui si parla di Dio, non di un Angelo. Ma un po’ più
avanti la Scrittura così aggiunge: Stese quindi Abramo la mano e prese un
coltello per uccidere suo figlio. Ma l'Angelo del Signore gli gridò dal cielo
dicendo: Abramo! Abramo! Ed egli rispose: Eccomi! E l'Angelo gli disse: Non
mettere le mani addosso al fanciullo e non gli fare alcun male. Che cosa si può
replicare di fronte a queste affermazioni? Affermeranno che Dio ha comandato
l'uccisione di Isacco e che l'Angelo l'ha proibita? Allora il padre di Isacco, contro il comando
divino di immolare suo figlio, avrebbe obbedito all'ingiunzione dell'Angelo di
risparmiarlo? Bisogna ridere di tale
interpretazione e respingerla. Ma la Scrittura offre la possibilità di
attardarsi in una sciocchezza così grossolana, perché immediatamente aggiunge:
Poiché ora conosco che tu temi Iddio e non hai risparmiato il tuo figlio unico
per me. Che significa per me, se non per Colui che aveva comandato che fosse
ucciso? Il Dio di Abramo e l'Angelo sono
dunque lo stesso personaggio o piuttosto è Iddio che parla attraverso l'Angelo? Ma ascoltiamo il seguito; è del tutto
evidente che qui si parla di un angelo. tuttavia osserva il contesto: Ed
Abramo, alzati gli occhi, vide dietro di sé che un montone era rimasto con le
corna intricate in un cespuglio. Abramo andò, prese quel montone e lo offrì in
olocausto in luogo del figlio. Ed Abramo pose nome a quel luogo << Il
Signore ha visto >> e perciò anche oggi si dice: Sul monte il Signore è
apparso. Ora un po’ prima dio aveva detto similmente per mezzo dell'Angelo: Ora
conosco che tu temi Dio. Ciò non significa che Dio sia vento a conoscere in
quel momento il timore di Abramo ma che si è comportato in modo che Abramo
scoprisse per mezzo di Dio quanta forza d'animo avesse per obbedire a Dio fino
all'immolazione del figlio unico: è una figura retorica che esprime l'effetto
per la causa, come quando si dice: << un inverno pigro >>, perché
rende pigri. Allo stesso modo la Scrittura dice che Dio aveva conosciuto i
sentimenti di Abramo perché aveva fatto conoscere ad Abramo la fermezza della
sua fede che egli avrebbe potuto ignorare senza tale prova. ebbene allo stesso
modo qui Abramo chiamò il luogo di quell'avvenimento << Dio ha visto
>>, perché Dio ha fatto vedere se stesso. Infatti aggiunge
immediatamente: Si dice ancora oggi: Sul monte di Dio è apparso. Dunque lo
stesso Angelo è chiamato Signore. Perché? In quanto per mezzo dell'Angelo si
rivelò il Signore. Del resto nel seguito del testo l'angelo si esprime in una
maniera che è nettamente quella di un profeta e lascia chiaramente intendere
che è Dio che parla per mezzo dell'Angelo: Poi l'Angelo del Signore chiamò
Abramo dal cielo una seconda volta e gli disse: Io giuro per me stesso, dice il
Signore, che siccome hai fatto questo e non hai risparmiato il tuo figlio per
me. Questa espressione il Signore dice, che usa colui che parla in nome di Dio,
la si trova abitualmente anche presso i Profeti. Sarebbe forse il Figlio di Dio
a usare, parlando del Padre, l'espressione: Il Signore dice, e sarebbe lui
quest'Angelo del Padre? Che dire dunque? Coloro che ci contraddicono osservino
come vengono incalzati a riguardo di quei tre uomini che apparvero ad Abramo
quando il testo ulteriormente afferma:
Gli apparve il Signore. Forse non erano Angeli perché sono detti uomini? Allora
leggano Daniele che dice: Ed ecco l'uomo Gabriele.
Gli
Angeli hanno promulgato la Legge
-
26. Ma perché tardiamo a chiudere la
bocca a costoro con un altro testo che è di una evidenza assoluta e di
grandissima importanza? In esso non si parla di un Angelo al singolare né di
uomini al plurale; si parla solamente di Angeli e in esso appare con tutta
chiarezza che essi non hanno trasmesso un discorso qualunque ma hanno dato la
Legge stessa. Certamente nessun fedele dubita che è stato Dio a darla a Mosè
per sottomettere il popolo d'Israele, ma l'ha data per mezzo degli Angeli. Ecco
come si esprime Stefano: Duri di cervice e incirconcisi di cuore e di orecchi,
voi sempre avete resistito allo Spirito Santo: come furono i vostri padri, cos'
siete voi. Quale dei Profeti non perseguitarono i vostri padri? Essi uccisero
coloro che predicavano la venuta del Giusto di cui voi in questi giorni siete
stati traditori e omicidi, voi che avete ricevuto la Legge per il ministero
degli Angeli e non l'avete osservata. Che può essere di più evidente di questo,
di più fermo di tale autorità? E' per mezzo degli Angeli che è stata promulgata
la Legge a quel popolo, ma è del Signore nostro Gesù Cristo che essa preparava
e preannunciava la venuta, e lui come Verbo di Dio era in maniera incomparabile
ed inesprimibile negli Angeli che promulgavano la Legge. Perciò egli dice nel
Vangelo: Se credeste a Mosè, a me pure credereste; di me egli infatti ha
scritto. Per mezzo degli Angeli era dunque il Signore che parlava allora, è per
mezzo degli Angeli che il Figlio di Dio, il Mediatore di Dio e degli uomini,
che sarebbe nato dalla stirpe di Abramo, preparava la sua venuta per trovare
accoglienza presso gli uomini che si riconoscessero colpevoli perché la Legge
da essi non attuata ne aveva fatto dei trasgressori. Per questo anche
l'Apostolo dice ai Galati: Perché dunque la Legge? In vista della trasgressioni fu bandita,
finché non fosse venuto il Discendente a cui era stata fatta la promessa; essa
fu promulgata per mezzo degli Angeli, tramite un Mediatore, ossia promulgata
per mezzo degli Angeli, tramite lui. Infatti la sua nascita non è frutto della
condizione umana ma della potenza divina. Che l'Apostolo non chiami Mediatore
un angelo, ma lo stesso Signore Gesù Cristo, in quanto si è degnato di
diventare uomo, lo si può vedere in un altro passo: Un solo Dio - egli dice -
uno solo anche il Mediatore di Dio e degli uomini, l'uomo Cristo Gesù. Ecco il
senso dell'immolazione degli Agnello pasquale, il senso di tutti i simboli
riguardanti il Cristo che si sarebbe incarnato e che avrebbe patito ma che
sarebbe anche risorto, simboli contenuti nella Legge promulgata dagli Angeli.
In questi Angeli erano certamente presenti il Padre, il Figlio e lo Spirito
Santo. Talvolta gli Angeli rappresentavano il Padre, talvolta il Figlio, altre
volte lo Spirito Santo, talvolta Dio senza distinzione di persone. Dio appariva
sotto forme visibili e sensibili ma per mezzo della sua creatura, non nella sua
stessa sostanza, per vedere la quale i cuori vengono purificati da tutti questi
simboli offerti ai nostri occhi ed alle nostre orecchie.
Dio
si è manifestato nell'Antico Testamento per mezzo degli Angeli
-
27. Ma ritengo che sia stato
sufficientemente discusso e provato, secondo le nostre capacità l'argomento che
avevamo incominciato a dimostrare in questo libro. In base a motivi razionali
dotati di quella probabilità che è ,possibile raggiungere ad un uomo, o meglio
a me, ed in base ad una autorità dotata di quella forza che la chiarezza delle
parole divine della Scrittura santa permette, resta dunque stabilito questo:
quelle voci sono state dette e quelle forme corporee suscitate ai nostri padri
dell'antichità prima dell'incarnazione del Salvatore, nei tempi in cui avevano
luogo le apparizioni divine, dagli Angeli; sia parlando essi stessi o facendo
qualcosa in nome di Dio, abitudine propria anche dei Profeti, come abbiamo
dimostrato, o assumendo dalla creatura ciò che essi non erano per mostrare, per
mezzo di figure, Dio agli uomini. Nemmeno i Profeti hanno trascurato questo
tipo di simboli come ci insegna la Scrittura con molti esempi. Ora non ci
rimane da vedere che una cosa. Il Signore è nato dalla Vergine, lo Spirito
Santo è disceso sotto la forma corporea di una colomba, sono state viste le
lingue di fuoco ed è stato udito un fragore dal cielo nel giorno della
Pentecoste, dopo l'ascensione del Signore. Ebbene il Verbo stesso di Dio non è
apparso nella sostanza per la quale è uguale e coeterno al Padre. Nemmeno lo
Spirito del Padre e del Figlio è apparso nella sua sostanza per la quale è
insieme uguale e coeterno all'uno e all'altro. Ma certamente una creatura
capace di rivestire quelle forme e di restarvi apparve ai sensi corporei e
mortali. Si tratta dunque di vedere quale differenza ci sia tra le
manifestazioni di cui si è detto e queste che sono proprietà del Figlio e dello
Spirito Santo, nonostante l'intervento della creatura visibile. Inizieremo a
trattare di questo con un altro volume: sarà più comodo.