domenica 1 novembre 2015

La dottrina cattolica sulla Trinità I,4




La dottrina cattolica sulla

La dottrina cattolica sulla Trinità I,4


S. Agostino


4.7  Tutti gli interpreti cattolici dei Libri sacri dell'Antico Testamento e del Nuovo che hanno scritto prima di me sulla Trinità di Dio e che io ho potuto leggere, questo intesero insegnare secondo le Scritture: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo con la loro assoluta parità in una sola e medesima sostanza mostrano l'unità divina e pertanto non sono tre dei, ma un Dio solo, benché il Padre abbia generato il Figlio e quindi non sia Figlio colui che è Padre; benché il Figlio sia stato generato dal Padre e quindi non sia Padre colui che è Figlio; benché lo Spirito Santo, non sia né Padre né Figlio ma solo lo Spirito del Padre e del Figlio, pari anch'egli al Padre e al Figlio, appartenente con essi all'unità della Trinità. Tuttavia non la Trinità medesima nacque dalla vergine Maria, fu crocifissa e sepolta sotto Ponzio Pilato, risorse il terzo giorno ed ascese al cielo, ma il Figlio solamente. Così non la Trinità medesima scese in forma di colomba su Gesù nel giorno del suo battesimo o nel giorno della Pentecoste, dopo l'ascensione del Signore, si posò su ciascuno del Apostoli, con il suono che scendeva dal cielo come fragore di vento impetuoso e mediante lingue di fuoco, ma lo Spirito Santo solamente. Né infine la medesima Trinità pronunciò dal cielo le parole: tu sei il Figlio mio, quando Gesù fu battezzato da Giovanni, o sul monte quando erano con lui i tre discepoli, oppure quando risuonò la voce dicendo: L'ho glorificato e ancora lo glorificherò, ma era la voce del Padre solamente che si rivolgeva al Figlio, sebbene il Padre, il figlio e lo Spirito Santo operino inseparabilmente, come sono inseparabili nel loro stesso essere. Questa è la mia fede, perché questa è la fede cattolica.


Le tre questioni che turbano alcuni
5.8  Ma alcuni restano fortemente turbati nella loro fede al sentire che si parla di un dio Padre e di un Dio Figlio e di un Dio Spirito Santo e che tuttavia questa Trinità non è tre dei, ma un solo Dio. Chiedono come intendere ciò, dato soprattutto che i Tre, si dice, operano inseparabilmente in ogni attività divina e tuttavia è stata udita la voce del Padre che non è la voce del figlio; il Figlio solo si incarnò, patì, risorse ed ascese al cielo; solo lo Spirito Santo discese in forma di colomba. Essi vogliono capire in che modo quella voce in cui il Padre solo parlò sia opera della Trinità, quella carne in cui il Figlio solo nacque dalla Vergine sia stata creata dalla Trinità, quella forma di colomba in cui solamente lo Spirito Santo apparve sia opera della Trinità medesima. In caso contrario la Trinità non opera inseparabilmente, ma alcune cose opera il Padre, altre il Figlio, altre lo Spirito Santo; oppure, se operano insieme solo alcune cose ed altre separatamente, la Trinità non può dirsi inseparabile. Ma c'è un'altra difficoltà: come nella Trinità vi è uno Spirito Santo non generato dal Padre né dal Figlio né da entrambi insieme, sebbene sia lo Spirito del Padre e del Figlio? Poiché sono queste le domande che ci rivolgono, e lo fanno fino a tediarci, così, se la nostra piccolezza approda a qualche conoscenza con la grazia di Dio, la esponiamo loro come meglio possiamo e senza imitare colui che è roso dall'invidia. Mentiamo se diciamo che non siamo soliti pensare a questi argomenti; ma, se confessiamo che questi ci stanno fissi in mente perché siamo trascinati dal desiderio di cercare la verità, essi vogliono sapere in nome della carità i risultati della nostra ricerca.  Non che abbia già conseguito il premio e raggiunto ormai la perfezione ( se osò dirlo l'Apostolo Paolo, quanto più lo potrei io  che sono tanto lontano da lui, sotto i suoi piedi?), ma secondo le mie capacità, dimentico ciò che mi sta alle spalle e mi slancio in avanti e con tutte le mie forze corro verso il premio della vocazione celeste. Così mi si chiede quanta strada abbia percorso e a che punto dalla fine io sia arrivato. Desiderano saperlo certe persone che la libera carità, mi costringe a servire. Ma bisogna anche, e dio me lo concederà,  che giovi a me stesso, mentre preparo questi scritti per loro perché li possano leggere, e che il desiderio di rispondere a chi mi interroga, mi aiuti a trovare ciò che ho continuato a cercare. Ho intrapreso questo lavoro per ordine  e con l'aiuto del Signore Dio nostro non per ragionare con autorità delle cose che conosco, ma per conoscerle più a fondo, parlandone con serietà.
 
 
La dottrina cattolica sulla Trinità I,5-6
Il Figlio è vero Dio, della stessa sostanza del Padre
6, 9.  Chi disse che il Signore nostro Gesù Cristo non è Dio o non è vero Dio o non è unico e solo Dio con il Padre o non è veramente immortale perché mutevole, fu convinto d'errore dalla evidentissima e unanime testimonianza delle Scritture, dove leggiamo: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. E' chiaro che nel Verbo di Dio noi riconosciamo il Figlio unico di Dio, del quale Giovanni dice più avanti: E il Verbo si fece carne ed abitò fra noi, perché si è incarnato nascendo nel tempo della Vergine. In questo passo Giovanni afferma non soltanto che il Verbo è Dio ma anche che è consustanziale al Padre, perché dopo aver detto: E il Verbo era Dio, aggiunse: questi era in principio presso Dio e tutte le cose per mezzo di Lui furono fatte e niente fu fatto senza di Lui. E poiché quando dice: tutte le cose, intende significare tutte le cose che furono fatte, ossia tutte le creature, si può con certezza affermare che non è stato fatto Colui per mezzo del quale furono fatte tutte le cose. E se non è stato fatto, non è creatura; se non è creatura, è consustanziale al Padre. Infatti ogni sostanza che non è Dio è creatura, e quella che non è creatura è Dio. Ma se il Figlio non è della medesima sostanza del Padre, evidentemente è una sostanza creata; ma se è tale, non tutte le cose furono fatte per mezzo di Lui. Se però ogni cosa per mezzo di lui fu fatta,  allora egli è una sola e medesima sostanza con il Padre. E perciò non è soltanto Dio ma anche vero Dio. E' quanto Giovanni dice con somma chiarezza nella sua Epistola: Sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza perché conosciamo il vero Dio, e siamo nel suo vero Figlio Gesù Cristo. Questi è il vero Dio e la vita eterna.
Invisibilità del Figlio e di tutta la Trinità
- 11.  tuttavia ciò che segue farà forse nascere difficoltà contro questa interpretazione. L'Apostolo infatti aggiunge: Colui che nessun uomo vide né può vedere. Ma anche queste parole vanno riferite a Cristo considerato nella sua divinità, che non fu visibile ai giudei, sebbene essi abbiano visto e crocifisso la sua carne. La divinità infatti da nessun occhio umano può essere vista. La vede solo l'occhio che si possiede quando non si è più uomini ma superiori agli uomini. Giustamente dunque si riconosce Dio Trinità nelle parole: Beato e solo potente che manifesta la venuta del Signore nostro Gesù Cristo nei tempi stabiliti. Dice infatti l'Apostolo: Il solo che possiede l'immortalità nello stesso senso in cui è stato scritto nei Salmi: Colui che solo opera meraviglie. Vorrei sapere a chi riferiscano i miei avversari questa affermazione. Se infatti si tratta solamente del Padre, in che modo può essere vero ciò che dice il Figlio: Qualunque cosa fa il Padre, la fa similmente anche il Figlio? Forse vi è tra le meraviglie cosa più prodigiosa che resuscitare e vivificare i morti? E lo stesso Figlio tuttavia dice: Come il Padre risuscita i morti e li vivifica, così anche il Figlio vivifica chi vuole. In che modo dunque il Padre solo opera meraviglie, se queste parole non permettono il riferimento a lui solo né al Figlio soltanto, ma all'unico vero Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo?
 
 
 
 
 
 
La dottrina cattolica sulla Trinità I,6-7
S. Agostino
Anche lo Spirito Santo è vero Dio, perfettamente uguale al Padre e al Figlio
-13.  Anche per quanto riguarda lo Spirito Santo si raccolsero testimonianze - e quelli che ci precedettero nella trattazione di questi argomenti se ne sono largamente serviti - secondo le quali lo Spirito Santo è Dio, non una creatura. E se non è una creatura, non soltanto è Dio (anche gli uomini furono detti dei) ma anche vero Dio. Pertanto perfettamente uguale al Padre e al Figlio e consustanziale e coeterno ad essi nell'unità della Trinità. Che lo Spirito Santo non sia una creatura risulta chiaramente soprattutto da quel passo importantissimo in cui ci viene comandato di servire non alla creatura ma al Creatore. Non si tratta di un servizio come quello che la carità  ci impone gli uni verso gli altri - in greco ̒ δουλεύείν-
 ma di quello che è dovuto al solo Dio e che in greco si esprime con λατρεύειν,
 vocabolo da cui deriva il nome idolatra, attribuito a chi presta agli idoli il culto dovuto a Dio. A questo culto si riferisce il comandamento: Adorerai il Signore Dio tuo e lui solo servirai. Il testo greco è più espressivo ed usa λατρεύбεις.
Ora, se ci è proibito di rendere alla creatura questa specie di culto per il comandamento: Adorerai il Signore Dio tuo e lui solo servirai - di qui l'esecrazione dell'Apostolo per coloro che adorano e servono la creatura invece del Creatore - non può essere assolutamente creatura lo Spirito Santo al quale tutti i cristiani prestano tale tipo di servizio, come attesta l'Apostolo: I circoncisi siamo noi che serviamo lo Spirito di Dio, dove il testo greco usa λατρεύοντες.
  Anche molti codici latini hanno : Noi che serviamo lo Spirito di Dio, quelli greci tutti o quasi. Però in alcuni esemplari latini non si trova: Serviamo lo Spirito di Dio, ma: Serviamo Dio con lo Spirito. Ma coloro che qui cadono in errore e si rifiutano nei riguardi di questo testo  di dar credito ad una lezione più autorevole trovano forse variato nei codici anche questo passo: Non sapete che i vostri corpi sono il tempio dello Spirito Santo che è in noi e che voi ricevete da Dio?  Ora che cosa di più insensato e sacrilego che qualcuno osi dire che le membra di Cristo sono il tempio di una creatura che secondo i nostri avversari è inferiore a Cristo? infatti in un altro passo l'apostolo afferma: I vostri corpi sono le membra di Cristo. Se dunque quelle che sono le membra di Cristo sono il tempio dello Spirito santo, lo Spirito Santo non è una creatura, perché  colui al quale offriamo quale tempio il nostro corpo deve ricevere necessariamente quell'adorazione che si deve solo a dio, e che è precisa dalla lingua greca con il vocabolo λατρεία.
 Per questo motivo l'Apostolo Paolo conclude: Glorificate dio nel vostro corpo.
 
 
Il Figlio come uomo inferiore al Padre ed anche a se stesso
 
7. 14.   Queste testimonianze ed altre di tale natura hanno permesso ai nostri predecessori che, come ho detto, ne hanno fatto largo uso, di sgominare le imposture e gli errori degli eretici; esse rivelano alla nostra fede l'unità e l'uguaglianza della Trinità. Ma nelle Sacre Scritture vi sono molti passi a motivo dell'incarnazione del Verbo di Dio- incarnazione avvenuta per la nostra salvezza cosicché il mediatore tra Dio e gli uomini fosse l'uomo Gesù Cristo - passi ,che fanno pensare o anche esplicitamente affermano che il Padre è superiore al Figlio. Per questo alcuni troppo poco attenti nello scrutare il senso e nell'afferrare l'insieme delle Scritture hanno tentato di riferire ciò che fu detto di Gesù Cristo in quanto uomo alla sua natura che era eterna prima dell'incarnazione e che è sempre eterna. su questa base essi pretendono che il Figlio sia inferiore al Padre, poiché il signore stesso ha detto: Il Padre è più grande di me. Ma la verità mostra che in questo senso il Figlio è inferiore anche a se stesso. Come infatti non sarebbe divenuto tale colui che si esinanì assumendo la natura di servo?  Infatti non assunse la natura di servo così da perdere quella di Dio nella quale era uguale al Padre. Pertanto, se la natura di servo fu assunta in modo tale che egli non perdette la sua natura divina - poiché come servo e come Dio egli è lo stesso e unico Figlio di Dio Padre, uguale al Padre nella sua natura divina, e mediatore di Dio e degli uomini nella sua natura di servo, l'uomo Gesù Cristo - è chiaro che considerato nella sua natura divina anche lui è superiore a se stesso, mentre è a se stesso inferiore se considerato nella natura di servo. La Scrittura molto giustamente dunque si esprime in duplice modo, affermando che il figlio è uguale al Padre e che il Padre è superiore al Figlio.  Nel primo caso riconosce una conseguenza della sua natura divina, nel secondo una conseguenza della sua natura di servo, fuori d'ogni confusione. Un capitolo di una Epistola dell'Apostolo Paolo fornisce questa regola da seguire per risolvere il problema in questione attraverso tutto il complesso delle Sante Scritture. In quel capitolo si raccomanda molto chiaramente la distinzione accennata: Colui che sussistendo in natura di Dio, non considerò rapina la sua uguaglianza con dio, ma si esinanì  perdendo la natura di servo, divenuto simile agli uomini, ritrovato in stato d'uomo. Per natura dunque il Figlio di Dio è uguale al Padre,  per stato inferiore a Lui. Nella natura di servo, che ha assunto, è inferiore al Padre, nella natura divina nella quale sussisteva, anche prima di assumere quella di servo, è uguale al Padre. Nella natura di dio è il Verbo per mezzo del quale tutte le cose furono fatte, nella natura di servo fu formato da donna, formato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano soggetti alla Legge. Perciò nella natura di Dio ha fatto l'uomo, nella natura di servo si è fatto uomo. Se il Padre solamente e non anche il figlio avesse fatto l'uomo, non sarebbe scritto: facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza.  Poiché dunque la natura di Dio ha assunto ,la natura di servo, Dio è l'uno e l'altro, come l'uomo è l'uno e l'altro. Ma dio lo è, perché ha assunto l'uomo; l'uomo lo è perché è stato assunto da Dio. Infatti nell'incarnazione nessuna delle due nature  si è mutata nell'altra : la divinità non fu certamente mutata nella creatura, cessando di essere divinità, né la creatura divenne divinità, cessando di essere creatura.
 
 
 
 
La dottrina cattolica sulla Trinità I,8
S. Agostino
Il Figlio come uomo è sottomesso al Padre
8, 15.  Le parole dello stesso Apostolo: Quando tutte le cose gli saranno state sottomesse, allora il Figlio stesso si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise, possono servire contro l'opinione secondo cui lo stato preso da Cristo nella natura umana si sarebbe poi convertito nella stessa divinità, o meglio deità, la quale non è creatura ma la stessa unità incorporea, immutabile e per natura consustanziale e coeterna con se stessa, della trinità; oppure se qualcuno pretende che le parole: allora il figlio di Dio si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise possano intendersi, come alcuni hanno inteso, nel senso che questa sottomissione sarà la trasformazione e conversione della creatura nella stessa sostanza o essenza del Creatore, cioè che quella che era la sostanza della creatura diverrebbe la sostanza del Creatore, allora costui conceda almeno questo che è certissimo: tale trasformazione non era ancora avvenuta quando il Signore diceva: Il Padre è maggiore di me. Infatti egli disse queste parole non solo prima di ascendere al cielo ma anche prima della sua passione e risurrezione dai morti. Ora chi ammette che in Cristo la natura umana si muti e si trasformi nella sostanza della deità e chi sostiene che le parole: Allora il figlio stesso si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise significhino: Allora lo stesso Figlio dell'uomo e la natura umana assunta dal Verbo di dio si trasformerà nella natura di colui che tutto gli sottomise, suppone che ciò avverrà quando (dopo il giorno del giudizio) avrà consegnato il regno a dio Padre. Ma anche a stare a questa interpretazione, resta ben fermo che il Padre è superiore alla natura di servo, che il figlio ha ricevuto dalla Vergine. Anche se alcuni sostengono che l'uomo Gesù Cristo si è già mutato nella sostanza di Dio, costoro non possono certamente negare che la natura umana sussisteva ancora , prima della passione, quando diceva: Il Padre è più grande di me, per cui ci pare che non ci sia più alcun motivo di esitazione circa il senso di quelle parole: Il Padre è superiore alla natura di servo del Figlio, che è uguale al Padre nella natura divina. Leggendo queste parole dell'Apostolo: Quando dice che tutto è stato sottomesso, è chiaro che si deve eccettuare  colui che tutto gli ha sottomesso, nessuno pensi di interpretarle nel senso che il Padre abbia sottomesso tutte le cose del Figlio, come se anche lo stesso Figlio non ne avesse sottomesso a sé tutte le cose. Lo spiega chiaramente l'Apostolo ai Filippesi: La nostra dimora è nei cieli, da dove aspettiamo, come Salvatore, il Signore Gesù Cristo che trasformerà il corpo della nostra umiliazione, rendendolo simile al corpo della sua gloria, secondo l'operazione con cui può rendere a sé soggette tutte le cose. L'operare del Padre e l'operare del Figlio sono inseparabili; altrimenti neppure il Padre ha sottomesso a sé tutte le cose. Gliele ha sottomesse il Figlio che ha consegnato a lui il regno e distrugge ogni principato, ogni potestà, ogni virtù. Proprio del Figlio fu detto: Quando consegnerà il regno a Dio Padre dopo aver distrutto ogni principato, ogni potestà, ogni virtù. Colui che sottomette è lo stesso che distrugge.
 
La contemplazione di Dio ci è promessa come fine di tutte le nostre azioni
- 17.  Questa contemplazione ci è promessa come fine di tutte le nostre azioni e pienezza eterna del nostro gaudio. Infatti siamo figli di Dio ed ancora non è stato mostrato ciò che saremo. Ma sappiamo che quando ciò sarà manifesto, saremo simili a lui, perché lo vedremo come è veramente.  Ciò che ha dichiarato al suo servo Mosè: Io sono colui che sono; e annuncerai  questo ai figli d'Israele: Colui che è mi ha mandato a Voi, questo contempleremo quando vivremo eternamente. Similmente disse il Signore: La vita eterna è questa, che conoscano te unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Questo avverrà quando il Signore sarà venuto e avrà illuminato ciò che si nasconde nelle tenebre, quando sarà dissipata l'oscurità di questo stato mortale e corruttibile. Sarà il nostro mattino, quello di cui parla il Salmista: Al mattino mi disporrò dinanzi a te e ti contemplerò. Le parole dell'Apostolo: Quando consegnerà il regno a Dio Padre si riferiscono, mi sembra, a questa contemplazione, cioè al momento in cui l'uomo Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, avrà condotto tutti i giusti, su quali ora regna per la loro vita nella sua fede, alla contemplazione di Dio Padre. Se qui cado in errore mi corregga chi ha meglio compreso. A me non sembra che ci siano altre interpretazioni. tuttavia non cercheremo altro quando saremo giunti alla contemplazione che non possiamo avere ora, finché la nostra gioia è tutta riposta nella speranza.  Ma la speranza che si scorge non è speranza: come infatti ciò che uno scorge può anche sperarlo?  Ma se speriamo in ciò che vediamo è per mezzo della pazienza che noi aspettiamo, finché  il re si trova nel suo convito. Si compirà allora quanto è scritto: Mi riempirai di gioia con la tua presenza. dopo questa gioia non si cercherà più nulla, perché non vi sarà altro da cercare; il Padre si mostrerà a noi e questo ci basterà. E' ciò che aveva ben capito Filippo quando diceva: Signore, mostraci il Padre e questo ci basterà. Ma non aveva ancora capito che avrebbe potuto dire  allo stesso modo: << Signore, mostraci te stesso e questo ci basterà >>. E perché capisse questo il Signore gli rispose: Da tanto tempo sono con voi e non mi conoscete? Filippo, chi vede me, vede anche il Padre. Ma poiché voleva che egli vivesse di fede prima che la visione gli fosse possibile, aggiunse: Non credi tu che io sono nel Padre e il Padre in me?. Infatti finché siamo presenti nel corpo, noi siamo lontani dal Signore, perché camminiamo per fede, non per visione. La contemplazione è certamente la ricompensa della fede, è il premio a cui i cuori si preparano purificandosi con la fede, come è scritto: Avendo purificato i loro cuori per mezzo della fede. Che i cuori si purifichino per quella contemplazione è testimoniato soprattutto da questo passo: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. E poiché questa è la vita eterna, dio dice nel Salmo: Lo sazierò di una lunga durata di giorni e gli mostrerò la mia salvezza. Pertanto allorché ascoltiamo: << Mostraci il figlio >>, ascoltiamo: Mostraci il Padre. E' la stessa cosa, perché nessuno dei due può essere mostrato senza l'altro. Sono appunto una cosa sola, così come ha detto anche il Signore: Io e il Padre siamo una sola cosa. Per questa inseparabilità può essere sufficiente attribuire talvolta alla sola presenza del Padre o del Figlio la pienezza della nostra felicità.
 
 
 
 
 
 
 
 
La dottrina cattolica sulla Trinità I,8
S. Agostino
Lo Spirito Santo basta alla nostra beatitudine, perché inseparabile dal Padre e dal Figlio
 
- 18. Da questa unità non può essere separato lo Spirito di ambedue, cioè lo Spirito del Padre e del Figlio. E' questo lo Spirito Santo, che la Scrittura propriamente chiama: Spirito di verità che il mondo non può ricevere. Ora la nostra gioia perfetta della quale nulla c'è di più alto, è godere Dio Trinità che ci ha fatto a sua immagine. Per questo talvolta si parla dello Spirito Santo come se bastasse lui solo alla nostra beatitudine, e davvero basta, in quanto non può essere separato dal Padre e dal Figlio, allo stesso modo in cui basta il Padre solo, perché indivisibile dal Figlio e dallo Spirito Santo, e basta il Figlio solo, perché non si può separare dal Padre e dallo Spirito Santo. Che senso hanno queste parole del Signore: Se mi amate, osservate i miei comandamenti ed io pregherò il Padre ed egli vi darà un nuovo difensore perché sia con voi in eterno, lo Spirito di verità che questo mondo (cioè chi ama questo mondo) non può ricevere? L'uomo carnale infatti non comprende le cose dello Spirito di Dio. Ma ancora può sembrare che in base all'espressione: Ed io pregherò il Padre ed egli vi darà un nuovo difensore il Figlio solo non basti per la nostra felicità. In un altro passo poi si dice dello stesso Spirito, come se solo bastasse pienamente: Quando verrà lo Spirito di verità, vi insegnerà tutta la verità. Ma forse si vuole con questo testo escludere il Figlio come se non insegnasse egli stesso tutta la verità, o come se lo Spirito Santo dovesse colmare le lacune dell'insegnamento del Figlio? I nostri avversari sostengano pure, allora,se così loro piace, che lo Spirito Santo è superiore al Figlio, mentre sono soliti considerarlo inferiore. forse concedono che si debba credere che anche il Figlio insegna insieme con lo Spirito Santo, in quanto la Scrittura non dice  << Lo Spirito solamente>>, oppure: << Nessuno all'infuori di lui vi insegnerà la verità >> ?  L'Apostolo ha dunque escluso il figlio dalla conoscenza di queste cose di dio quando disse: Così nessuno conosce le cose di Dio, eccetto lo Spirito di Dio, cosicché a questo punto questi insensati possano concludere affermando che il Figlio per quanto riguarda i segreti di Dio va a scuola dallo Spirito Santo come uno più piccolo da uno più grande. Il figlio stesso spinge la sua deferenza verso lo Spirito Santo fino a dire: Perché vi ho dette queste cose la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è meglio per voi io me ne vada; se non me ne andrò il difensore non verrà a voi.
 
 
La dottrina cattolica sulla Trinità I,9
S. Agostino
A volte quando si parla di una Persona divina si intendono implicitamente anche le altre
 
9.   Ma il Signore ha detto questo non a motivo dell'ineguaglianza tra il Verbo di Dio e lo Spirito Santo, ma perché la presenza del figlio dell'uomo tra i discepoli impediva, per così dire, la venuta di colui che non gli era inferiore perché non si era esinanito prendendo la natura di servo, come ha fatto invece il Figlio. Era necessario dunque che fosse sottratta ai loro sguardi la natura di servo la cui vista faceva loro credere che Cristo non fosse nient'altro che quello che vedevano. ecco perché Gesù dice: Se vi amate, vi rallegrerete con me che io vada al Padre, perché il Padre è più grande di me, che era quanto dire: bisogna che io vada al Padre perché fino a quando mi vedrete in questa condizione e, basandovi su ciò che vedete, mi giudicate inferiore al Padre e pertanto, distolti dalla creatura che sono e dell'aspetto esterno da me assunto, non potete comprendere la mia uguaglianza con il Padre. E' per questo che il Signore dice: Non mi toccare, ancora non sono salito al Padre mio. Infatti il tatto in un certo modo segna il limite della nostra conoscenza; pertanto il Signore non voleva che lo slancio del cuore verso di lui si fermasse a quello, così da ritenere vero solo ciò che si vedeva. Invece l'ascendere al Padre equivaleva per lui ad apparire uguale al Padre, così com'è, per divenire in cielo l'oggetto di quella visione che ci basta. A volte la Scrittura si esprime come se il Figlio solo bastasse e tutta la ricompensa del nostro amore e del nostro desiderio consistesse nella visione nella visione di lui. Così egli dice infatti: Chi accoglie ed osserva i miei comandamenti, questi mi ama. E chi ama me sarà amato dal Padre mio e io pure lo amerò e gli manifesterò me stesso. E forse, perché non ha detto: << Gli mostrerò anche il Padre >>, ha separato il Padre da se? Ma poiché è vero che: Io e il Padre siamo una cosa sola, allorché si manifesta il Padre è manifestato anche il Figlio che è in lui, e quando si manifesta il figlio è manifestato anche il Padre che è nel Figlio. Perciò, come quando dice: Gli manifesterò me stesso, intendiamo che manifesta anche il Padre, così quando è scritto altrove: Quando consegnerà il regno a Dio Padre, si intende che Cristo non si priva del regno perché quando condurrà i fedeli alla contemplazione di Dio Padre lì condurrà certamente anche alla contemplazione di se stesso, egli che dice: gli manifesterò me stesso. E' per questo che alla domanda di Giuda: Come mai ti manifesti a noi e non al mondo? Gesù rispose: Se uno mi ama, osserverà le mie parole ed il Padre mio lo amerà ed a lui verremo e dimoreremo in lui. Ecco che non mostra solo se stesso a chi lo ama, perché viene a lui e vi prende dimora con il Padre.
 
Tutta la trinità abita in noi
 - 19.  Ma si penserà forse che lo Spirito Santo sia escluso dalla dimora del Padre e del figlio in chi lo ama? In questo caso che significa ciò che il Signore ha detto più sopra a proposito dello Spirito Santo: quello che il mondo non può ricevere perché non lo vede, ma voi lo conoscete perché abita in voi ed è in voi? Non è dunque estraneo a questa dimora colui del quale fu detto: Abita con voi ed è in voi, a meno di non toccare l'assurdo pensando che quando il Padre ed il figlio vengono a dimorare presso chi li ama, lo spirito Santo se ne vada e lasci il posto a coloro che sono più grandi di lui. Ma la stessa Scrittura previene questa concezione cos' grossolana, perché poco prima il signore dice: Ed io pregherò il Padre e vi darà un altro difensore perché resti con voi in eterno. Lo Spirito Santo non se ne andrà dunque alla venuta del Padre e del figlio, ma sarà insieme con loro nella stessa dimora in eterno, perché non venne senza di quelli né quelli senza di lui. Per indicare la Trinità si fanno attribuzioni nominativamente alle singole persone separatamente, ma tali attribuzioni non intendono escludere le altre persone, data l'unità della medesima Trinità e l'unicità della sostanza e della deità del Padre e del figlio e dello spirito Santo.
 
        La Trinità I,10
 
 La contemplazione di Dio
 10, 20.  Gesù Cristo Signore nostro consegnerà dunque il regno a Dio Padre e non sarà separato né lui né lo spirito Santo,quando condurrà i credenti alla contemplazione di Dio, contemplazione che è il fine di tutte le nostre buone azioni, la pace eterna, la gioia che non ci sarà tolta. Questo ci vuole insegnare Cristo quando dice: Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà più togliere la vostra gioia. Un'immagine di questa gioia già offriva Maria quando sedeva ai piedi del Signore e intenta alla sua parola, cioè libera da ogni attività e tutta intenta alla verità del modo che questa vita permette, ma tanto tuttavia da prefigurare quello che si avrà in futuro per l'eternità. Sua sorella Marta era tutta presa da un'azione necessaria al momento che, per quanto buona e utile, tuttavia è destinata a finire quando verrà l'ora del riposo; Maria invece riposava nella parola del Signore. Ecco perché il Signore così rispondeva a Marta che si lamentava con lui che la sorella non l'aiutasse: Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta. Non disse che ciò che faceva Marta era una parte cattiva ma che la parte migliore è quella che mai ci sarà tolta.  La parte destinata al servizio del bisogno infatti sarà eliminata quando i bisogni cesseranno; l'opera buona che passa ha come ricompensa la pace che non passerà. In quella contemplazione perciò Dio sarà tutto in tutti, perché non vi sarà niente altro più da chiedergli, ma ci basterà partecipare della sua luce e di lui godere. E' ciò che implora colui nel quale lo Spirito intercede con gemiti inenarrabili. Una sola cosa domanda al Signore e questa cercherò: abitare nella casa del Signore e questa cercherò: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della vita per contemplare le delizie del Signore. E contempleremo dio Padre, Figlio e Spirito Santo, quando Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, consegnerà il regno a Dio Padre. Allora non intercederà più per noi come nostro mediatore e sacerdote, Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, ma a sua volta in quanto sacerdote per la natura di servo assunta per noi si sottometterà a colui che gli sottomise tutte le cose ed al quale tutto egli sottomise; come Dio gli saremo sottomessi come lo siamo al Padre; come sacerdote si sottometterà con noi al Padre. Perciò, essendo il Figlio insieme Dio e uomo, in lui la sostanza divina è diversa da quella umana e questa è nel figlio diversa da lui più che non sia diverso nel Padre il figlio dal Padre, come la carne che riveste la mia anima è una sostanza diversa dalla mia anima, sebbene si tatti di un unico uomo, più dell'anima di un altro uomo.
 
 
     La dottrina cattolica sulla Trinità I, 11-12
     S. Agostino
 
 
Le due nature di Cristo
11, 22.  Perciò una volta trovata la regola per interpretare le Scritture quando ci parlano del Figlio di Dio, cioè tener sempre distinto ciò che in esse è detto di lui in riferimento alla natura di Dio nella quale egli è, ed è uguale al Padre, da ciò che è detto in riferimento alla natura di servo che prese e per la quale è inferiore al Padre, non avranno più da inquietarci le affermazioni delle Scritture come se fossero contraddittorie e opposte tra loro. Infatti il Figlio secondo la natura divina è, come lo Spirito Santo, uguale al Padre, poiché nessuno dei due è creatura, come abbiamo già mostrato, ma secondo la natura di servo è inferiore al Padre come egli stesso ha detto: Il Padre è più grande di me. E' inferiore anche a se stesso, poiché di lui è detto: Esinanì se stesso; è inferiore allo Spirito Santo, perché egli stesso dice: Chiunque parlerà contro il Figlio sarà perdonato, ma non sarà perdonato chi avrà parlato contro lo Spirito Santo. E' nello Spirito Santo che egli operò i suoi miracoli: Se io caccio i demoni nello Spirito di Dio, dunque il regno di Dio è giunto in mezzo a voi. E in un passo di Isaia di cui dette lettura lui stesso nella sinagoga e di cui non ebbe alcuna esitazione a mostrare il compimento nella sua persona, dice: Lo Spirito del Signore è sopra di me, poiché egli mi ha unto per annunciare la buona novella ai poveri, per predicare agli schiavi la liberazione, e tutte le altre cose al cui compimento dichiara di essere stato mandato, perché lo Spirito del Signore è sopra di lui. In quanto Dio tutte le cose per mezzo di lui furono fatte, in quanto servo egli stesso fu formato da donna, formato sotto la Legge; come Dio lui e il Padre sono tutt'uno, come servo non venne per compiere la propria volontà ma quella di colui che lo mandò. In quanto Dio, come il Padre ha la vita in se stesso, così diede al figlio di avere la vita in se stesso; come servo dice: L'anima mia è triste fino alla morte e implora: Padre, se è possibile, si allontani da me questo calice. Come Dio egli stesso è il vero Dio e la vita eterna, come servo divenne obbediente fino alla morte e alla morte di croce.
 
 - 23.  In quanto egli è Dio, tutto ciò che ha il Padre gli appartiene ed egli lo conferma: Ogni cosa tua è mia ed ogni cosa mia è tua. In quanto uomo la sua dottrina non è sua ma di Colui che lo ha mandato.
Alcune affermazioni della Scrittura su Cristo riguardano la sua natura divina, altre la sua natura umana
 
 - 24.  Di Cristo in quanto Dio è detto: Mi ha generato prima delle colline, cioè prima delle creature più alte, e: Ti ho generato prima della stella del mattino, cioè prima di tutti i tempi e delle cose temporali. Invece di lui in quanto servo è detto: Il Signore mi ha creato al principio delle sue vie; perché come Dio egli disse: Io sono la verità, e come servo: Io sono la via. Intanto evidentemente egli fu creato in principio delle vie di Dio in vista delle sue opere, in quanto, primogenito fra i morti, aprì la strada versi il regno di Dio, verso la vita eterna, alla sua Chiesa, di cui è il capo, per l'immortalità anche del corpo. Infatti come Dio è il principio che ci parla, quel principio in cui Dio fece il cielo e la terra; in quanto servo è lo sposo che esce dal suo talamo. In quanto Dio è primogenito di tutte le creature, colui che è prima di tutti gli esseri e nel quale tutte le cose sussistono; nella sua natura umana è lui il capo del corpo della Chiesa. come Dio è il Signore della gloria, perciò è lui evidentemente che glorifica i suoi santi; infatti: Quelli che ha predestinati li ha pure chiamati e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati; di lui è stato detto che giustifica l'empio, di lui che è giusto e fonte di giustizia. Se dunque i giustificati e i glorificati sono gli stessi, lo stesso è pure il giustificatore e il glorificatore, e costui è, come ho detto, il signore della gloria. Ma, come servo, ai discepoli che si preoccupavano della loro glorificazione rispose: Sedere alla mia destra o alla sinistra non sta a me concederlo, ma per quelli per i quali è stato preparato dal Padre mio.
 
In che senso il Figlio giudicherà e nello stesso tempo giudicherà
 - 26.  Mi chiedo anche in che senso è detto: Se qualcuno non ascolta la mia parola, io non lo giudicherò. Forse non lo giudicherò è detto nello stesso senso di: Non sta a me concederlo. Ma che significa ciò che segue: Non venni infatti per giudicare il mondo, ma per salvarlo; e poi aggiunge: Chi disprezza me e non accoglie la mia parola ha chi lo giudica? A questo punto noi penseremo subito al Padre, se non trovassimo subito dopo. La parola che io ho annunciato, questa lo giudicherà nell'ultimo giorno. Come? Non giudicherà dunque il Figlio perché ha detto: Io non lo giudicherò, non il Padre che mi ha mandato mi ha prescritto quello che debbo dire e quello che debbo insegnare e so che il suo comando è vita eterna.  Le cose che dico tali e quali il Padre le ha dette a me. Pertanto se non è il Figlio a giudicare ma la parola detta dal Figlio, questa parola detta dal Figlio non giudica se non in quanto il Figlio non ha parlato da sé ma per comando del Padre che lo ha mandato e gli ha prescritto quello che doveva dire e annunciare; è dunque il Padre che giudica perché sua è la parola detta dal Figlio e perché Parola del Padre è lo stesso Figlio. Il comando del Padre infatti non è altro che la Parola del Padre,  perché il Signore lo ha chiamato indifferentemente parola e comando. Io non ho parlato da me stesso. Vediamo se dicendo tale espressione il Signore non abbia voluto che noi si intenda: Non sono nato da me. Infatti se il Signore annuncia al parola del Padre, poiché egli è la parola del Padre, egli annuncia se stesso. Spesso infatti dice: Il padre mi ha mandato. Intende che il Padre lo ha generato, non che esiste già e il Padre gli abbia dato qualcosa che non aveva, gli ha dato di avere, in quanto lo ha generato all'esistenza; infatti non avviene anche nel Figlio di Dio ciò che avviene nelle creature: prima dell'incarnazione nell'Unigenito, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, l'essere e l'avere non si distinguono; egli è al contrario quello che è ciò che ha. Questo è detto più chiaramente, se si è in grado di capirlo bene, nel testo seguente: Come il Padre ha la vita in se stesso, così dette al Figlio di avere la vita in se stesso. Il Padre non lo ha messo in possesso della vita come se prima esistesse senza vivere, perché egli è la vita in forza della sua stessa esistenza. L'espressione: Dette al figlio di avere la vita significa dunque: Il Padre generò il Figlio a essere la vita immutabile, la vita eterna. Se dunque la parola di Dio è lo stesso Figlio di Dio e il Figlio di Dio è il vero Dio e la vita eterna, come dice Giovanni nella sua Lettera, perché dare un altro senso alle parole del Signore: La parola che ho pronunciato, essa lo giudicherà nell'ultimo giorno, dal momento che egli stesso dichiara che questa stessa parola è nello stesso tempo Parola del Padre e comando del Padre e lo stesso comando è la vita eterna? So - egli dice -che il tuo comando è la vita eterna.
 
 
 
     La dottrina cattolica sulla Trinità I,12
     S. Agostino
Senso delle parole: La mia dottrina non è mia
  -27.  A questo punto indaghiamo il significato della frase: Io non giudicherò, ma la parola che vi ho detto giudicherà.  Dal seguito del testo appare evidente che è detto in questo senso: << Non giudicherò io, ma giudicherà la parola del Padre >>. Ora la parola del Padre è lo stesso del Figlio di Dio. Bisognerà dunque intendere: non giudicherò io, ma io giudicherò? Questo può essere vero solo in questo senso: << Io non giudicherò in base al potere umano, in quanto cioè sono Figlio dell'uomo, ma giudicherò con l'autorità del verbo, perché sono Figlio di Dio >>. Se si trova che le affermazioni: << Io non giudicherò, ma io giudicherò>>, si contraddicono e si respingono, che diremo di questa: La mia dottrina non è mia? come mai mia e non mia? Infatti non disse: << questa dottrina non è mia >>, ma proprio: La mia dottrina non è mia; dice cioè  << sua >> la medesima dottrina che dichiara << non sua >>. In quale modo ciò sarà vero se non in quanto egli disse << sua >> da un punto di vista e << non sua >> da un altro punto di vista?  Sua in quanto Dio, non sua in quanto uomo? Quando dice: Non è mia ma di Colui che mi ha mandato, ci fa risalire al Verbo. La dottrina del Padre e dunque è il Figlio unigenito. E che significa ancora questo: chi crede in me, non crede in me? come << in lui >>, come << non in lui >>? Come prendere un'espressione così contraddittoria e così paradossale: Colui che crede ime, non crede in me ma in Colui che mi ha mandato se non intendendo così: Colui che crede in me non crede in ciò che vede, affinché la nostra speranza non sia riposta nella creatura ma in chi assume la creatura per mostrarsi agli occhi degli uomini e così purificare i cuori di coloro che credono alla sua uguaglianza al Padre per contemplarlo? Perciò quando per volgere l'intenzione dei credenti verso il Padre dice: Egli non crede in me ma in Colui che mi ha mandato, non intese che lo si separasse dal Padre, cioè da colui che lo ha mandato, ma piuttosto che si credesse in lui allo stesso modo in cui si crede al Padre al quale egli è uguale. Altrove dice questo apertamente: Credete in Dio e credete in me, cioè come credete in Dio così credete anche in me, perché io e il Padre siamo un Dio  solo. Come dunque in questo passo distoglie in qualche modo da sé la fede degli uomini per volgerla al Padre, senza tuttavia separare assolutamente sé dal Padre, così anche dove dice: Non sta a me concederlo ma è per quelli per i quali è stato preparato dal Padre mio è chiaro, mi sembra, in che senso debbano essere accolte entrambe le affermazioni. Così anche quando dice: Io non giudicherò, mentre egli stesso verrà a giudicare i vivi e i morti. Ma perché ciò non sarà per l'autorità umana, perciò facendo appello alla deità eleva i cuori degli uomini per sollevare i quali è disceso.
 
 E' esatto dire:Dio crocifisso
   13, 28.  Tuttavia se un solo e medesimo soggetto no fosse insieme Figlio dell'uomo per la sua natura di servo da lui assunta e Figlio di Dio per la natura divina che gli è propria, l'Apostolo Paolo non direbbe dei principi di questo mondo: Se l'avessero conosciuto, mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Fu crocifisso infatti nella natura di servo e tuttavia fu crocifisso il Signore della gloria. Quell'assunzione infatti fu tale che Dio divenne uomo e l'uomo di Dio. Con l'aiuto di Dio poi il lettore prudente, attento e pio potrà discernere il perché e il come di quanto viene detto. Infatti noi abbiamo affermato, per esempio, che come Dio glorifica i suoi perché è signore della gloria, e tuttavia il Signore della gloria fu crocifisso; infatti è esatto parlare anche di Dio crocifisso, non per la sua divina potenza, ma per la debolezza della carne. Come diciamo che egli giudica in quanto Dio, cioè in forza del potere divino, non in forza dell'autorità umana, tuttavia è l'uomo stesso che giudicherà come fu crocifisso il Signore della gloria. Così egli infatti dice con tutta chiarezza: Quando verrà il Figlio dell'uomo nella sua gloria e tutti gli Angeli con lui, allora saranno radunate davanti a lui tutte le genti, e tutto ciò che in quel passo è annunciato circa il giudizio futuro sino all'ultima sentenza. Anche i Giudei, che in quel giudizio debbono venir puniti, perché si ostineranno nella malizia, come è scritto altrove: Guarderanno a colui che hanno trafitto. Poiché tanto i buoni che i cattivi dovranno vedere il giudice dei vivi e dei morti, i cattivi non lo potranno certamente vedere se non nella natura per la quale è Figlio dell'uomo, tuttavia nello splendore in cui giudicherà, non nell'umiliazione in cui fu giudicato. Del resto senza dubbio gli empi non vedranno la natura divina per la quale è uguale al Padre; infatti non sono puri di cuore ed è scritto: Beati i puri di cuore perché vedranno dio. E questa visione è a faccia a faccia; promessa come sommo premio ai giusti, essa sarà data quando il Signore consegnerà il regno a dio Padre; in questo egli vuole che si intenda anche la visione della sua natura, una volta sottomessa a dio ogni creatura, compresa quella stessa nella quale il Figlio di dio è divenuto uomo. Poiché secondo questa umanità anche il Figlio sarà allora sottomesso a colui che gli sottomise tutte le cose affinché Dio sia in tutto in tutti. D'altra parte se il Figlio di Dio giudice, quando sarà per giudicare apparisse anche ai malvagi nella natura in cui è uguale al Padre, quale sarebbe il vantaggio che egli promette a chi lo ama quando dice: Io dunque lo amerò e mostrerò me stesso a lui?  Perciò il Figlio di Dio giudicherà, ma non in forza dell'autorità umana, bensì in forza di quel potere che lo fa Figlio di Dio. D'altra parte il figlio di Dio giudicherà senza apparire in quella natura nella quale, come Dio, è uguale al Padre, ma mostrandosi in quella per cui è Figlio dell'uomo.
 
 In che senso il Figlio dell'uomo giudicherà e non giudicherà
   - 29.  Abbiamo visto così che si può affermare l'una e l'altra cosa: sia che il figlio dell'uomo giudicherà sia che non giudicherà; infatti il Figlio dell'uomo giudicherà, affinché si adempia l'affermazione: Quando verrà il Figlio dell'uomo, allora saranno radunate tutte le genti al suo cospetto, e non giudicherà affinché si compiano le altre: Io non giudicherò; e: Io non cerco la mia gloria, vi è colui che la cerca e che giudica. Anzi se consideriamo che nel giudizio apparirà non la natura divina ma la natura del Figlio dell'uomo, neppure il Padre giudicherà; in questo senso è stato detto: Il Padre non giudica nessuno ma ha affidato ogni giudizio al Figlio. C'è da decidere se questo si debba intendere nel senso dell'affermazione già esaminata: Così dette al Figlio di avere la vita in se stesso, per far intendere che così egli generò il Figlio, oppure secondo quest'altra in cui l'Apostolo dice: Ecco perché Dio lo esaltò e gli dette un nome che è sopra ogni altro nome. E qui si riferiva al Figlio dell'uomo, perché come tale il Figlio di Dio fu resuscitato dai morti. Egli è uguale al Padre nella natura divina, rispetto al quale si è esinanito assumendo la natura di servo; in questa stessa natura di servo opera e patisce e riceve ciò che l'Apostolo, continuando, afferma: Egli si umiliò, fatto obbediente fino alla morte, anzi alla morte di croce; per questo anche Dio lo esaltò e gli diede il nome che è sopra ogni altro nome, cosicché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle creature celesti, terrestri e sotterranee e ogni lingua confessi che il signore Gesù Cristo è nella gloria di dio Padre. Appare dunque ben chiaro da questo se il Signore ha detto: Ha affidato al figlio ogni giudizio, secondo il senso di quella prima o di quest'ultima espressione. Se l'avesse detto nello stesso senso in cui ha detto: Dette al Figlio di avere in se stesso la vita, non direbbe: Il padre non giudica alcuno. E' secondo la natura divina nella quale il Padre ha generato il Figlio uguale a sé che il Padre che il Padre giudica insieme al figlio. si dice dunque che il Padre non giudica per dire che nel giudizio non apparirà la natura di dio ma la natura del Figlio dell'uomo. Non che colui che ha affidato ogni giudizio al figlio non abbia a giudicare, dal momento che il Figlio dice di lui: Vi è colui che cerca la mia gloria e che giudicherà. Ma il Signore ha detto: Il Padre non giudica alcuno ma ha affidato ogni giudizio al figlio, come se avesse detto: << Nessuno vedrà il Padre nel giudizio dei vivi e dei morti, ma tutti vedranno il figlio >>, perché egli è anche figlio dell'uomo, affinché appunto anche i malvagi lo possano vedere, allorché vedranno colui che hanno trafitto.
 
 
     La dottrina cattolica sulla Trinità I,13
     S. Agostino
Solo Dio è buono
 - 31.  Nella visione in cui si mostrerà ai puri di cuore Dio è pieno di bontà, perché: Quanto è buono il Dio d'Israele verso i retti di cuore! Ma quando i cattivi lo vedranno come loro giudice non sembrerà loro buono, poiché non godranno di lui in fondo al loro cuore ma gemeranno su di sé tutte le genti della terra. Cioè tutti i cattivi e i non credenti. Per questo anche a chi lo aveva chiamato "Buon Maestro", chiedendogli consiglio per conseguire la vita eterna, Gesù rispose: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono? Nessuno è buono se non Dio solo. E tuttavia il Signore dice buono anche l'uomo : L'uomo buono estrae dal tesoro buono del suo cuore cose buone, il cattivo estrae dal cattivo tesoro del suo cuore cose cattive. Ma quello gli chiedeva della vita eterna e la vita eterna consiste in quella contemplazione nella quale Dio è visto non a nostra condanna, ma per la nostra eterna felicità; e non capiva l'interlocutore con chi stava parlando, poiché lo riteneva solo un Figlio dell'uomo. Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono, gli disse; cioè:" Perché interroghi questa natura che vedi riguardo a ciò che è buono? Perché da ciò che vedi mi chiami Buon Maestro? Questa natura è quella del Figlio dell'uomo, quella creatura che è stata assunta, che apparirà nel giudizio non solo ai buoni ma anche ai cattivi e la cui visione non si volgerà in bene per quelli che compiono il male. Ma vi è una visione della natura a me propria, quella in cui non ritenni rapina la mia uguaglianza con Dio, ma mi sono esinanito per assumere questa. E' dunque lui questo unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, che non apparirà che per il gaudio che non sarà mai tolto ai giusti; a questo gaudio futuro aspira colui che gemendo dice: Una sola cosa domandai al Signore e questa cercherò: di abitare nella sua casa tutti i giorni della mia vita per contemplare le delizie del Signore. E' l'unico Dio dunque che solo è buono perché nessuno lo vede affliggersi e lamentarsi, ma solo per la propria salvezza e felicità vera. Se tu dunque mi consideri dal punto di vista di quella natura, io sono buono; ma se mi consideri dal punto di vista di questa che vedi, perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono se tu sarai di quelli che vedranno colui che hanno trafitto? Questa visione sarà a loro infelicità perché sarà di castigo". I testi che ho citato sembrano provare che in questo senso il Signore ha detto: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono? Nessuno è buono se non dio solo. Infatti quella visione di Dio nella quale contempleremo la sostanza immutabile che occhi umani non possono vedere, visione che è promessa solo ai santi e che San Paolo chiama a faccia a faccia, di cui l'Apostolo Giovanni afferma: Saremo simili a Dio, perché lo vedremo come egli è, della quale ancora è detto: Una sola cosa domandai al Signore che io possa contemplare le sue delizie, e di cui il Signore stesso afferma: Io lo amerò e mostrerò me stesso a lui, questa sola visione per la quale si purificheranno i nostri cuori con la fede perché possiamo essere: Beati dal cuore puro perché vedranno Dio, la visione circa la quale altri testi sparsi in grandissima quantità nella Scrittura può trovare chi per cercarla tende gli occhi all'amore: essa sola è il nostro sommo bene per il cui raggiungimento ci è comandato di fare quanto facciamo di bene. Ma la visione, già preannunciata del Figlio dell'uomo, quando tutte le genti saranno radunate al suo cospetto e gli chiederanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato e assetato?,  e quel che segue, non sarà di gaudio per i cattivi che saranno gettati nel fuoco eterno né di sommo bene per i buoni  perché egli li invita inoltre al regno che è stato preparato loro fin dall'inizio del mondo. Se a quelli comanderà: andate nel fuoco eterno, dirà a questi: Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi. Come quelli andranno nel fuoco eterno, così i giusti entreranno nella vita eterna.  Ma che cos'è la vita eterna? Che conoscano te - egli dice - come l'unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo e lo conoscano beninteso in quella magnificenza della quale egli dice al Padre: quella che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Allora consegnerà il regno a Dio Padre, perché il servo buono e fedele entri nella gioia del suo Signore, e per nascondere coloro che Dio possiede nel segreto del suo volto, lontani dal turbamento degli uomini, di quelli cioè che nell'udire quella sentenza saranno agitati. Il giusto non temerà nell'udire quella condanna,  se fin d'ora nel tabernacolo, cioè nella fede della Chiesa cattolica, trova protezione di fronte agli attacchi delle malelingue, ossia di fronte ai calunniosi errori degli eretici. Ma se è possibile un'altra interpretazione delle parole del Signore: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono? Nessuno è buono se non Dio Solo, purché non si ritenga che la sostanza del Padre è migliore di quella del Figlio per la quale egli è il Verbo per mezzo del quale tutte le cose furono fatte, e purché non ci si allontani in nulla dalla retta dottrina, noi l'accetteremo serenamente e non solo quella, ma ogni altra che si potrà trovare. Perché avremo ragione degli eretici tanto più saldamente quanto più numerose si aprono le vie d'uscita per sfuggire ai loro inganni. In quanto agli argomenti che ancora dobbiamo prendere in considerazione, li affronteremo in un'altra parte della nostra ricerca.
 
 
 
 
     La dottrina cattolica sulla Trinità Libro II,3
     S. Agostino
Lo Spirito Santo non parla da sé, perché procede dal Padre
 3, 5.  Infatti anche dello Spirito Santo, sebbene di lui la Scrittura no abbia detto : Si esinanì assumendo la natura di servo, il Signore stesso ha affermato: Quando sarà venuto lo Spirito di verità, egli vi insegnerà tutta la verità, giacché non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà e vi annunzierà le cose che dovranno succedere. Egli mi glorificherà perché prenderà dal mio e ve lo annunzierà. Se dopo queste parole non avesse immediatamente aggiunto: Tutto ciò che ha il Padre è mio; perciò ho detto che prenderà dal mio e ve lo annunzierà, si potrebbe forse credere che lo Spirito Santo è nato da Cristo come questi dal Padre. Infatti di se stesso Cristo aveva detto : La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato; dello Spirito Santo dice: Giacché non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà; e poi: perché prenderà dal mio e ve lo annunzierà. Ma, poiché spiega l'affermazione prenderà dal mio ( dicendo: Tutto ciò che ha il Padre è mio, perciò ho detto che prenderà dal mio e ve lo annunzierà ), non resta se non intendere che anche lo Spirito Santo riceve dal Padre come il Figlio. E questo non può avvenire se non nel senso già sopra indicato: quando poi sarà venuto il Paraclito che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli renderà testimonianza di me? Per questo è detto che non parla da se, in quanto procede dal Padre. E come il Figlio non è inferiore al Padre, sebbene abbia detto: Il Figlio non può fare nulla da sé, se non quanto avrà visto fare dal Padre ( infatti non ha detto questo in quanto servo ma in quanto Dio, come abbiamo già dimostrato, e queste parole non indicano che egli è inferiore al Padre ma che ha origine da lui ), allo stesso modo non consegue che lo Spirito Santo sia inferiore al Padre, perché il figlio ha detto di lui: Infatti non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà. con queste parole il Figlio voleva significare che lo Spirito Santo procede dal Padre. Ma poiché il Figlio ha origine dal Padre e lo Spirito Santo procede dal Padre, perché  non li chiamiamo ambedue "figli" né li chiamiamo ambedue "generati" ma chiamiamo Figlio Unigenito solamente il primo, mentre chiamiamo l'altro Spirito Santo e non "figlio" o "generato", espressioni queste equivalenti? E' quello che spiegherò, se Dio lo concederà e nella misura in cui lo concederà.
 
Il figlio non è inferiore al Padre, perché questi lo glorifica
  4, 6. Ma a questo punto stiamo bene attenti, se lo possono, quanti hanno creduto di potersi valere, per dimostrare la superiorità del Padre sul Figlio, anche di queste parole del figlio: Padre, glorificami. Si badi bene che anche lo Spirito Santo lo glorifica. Allora anche lui è superiore al Figlio? Si osservi però che, se lo Spirito Santo glorifica il figlio in quanto riceverà dal Figlio, e riceverà dal Figlio perché tutto ciò che ha il Padre è del Figlio, appare chiaro che, quando lo Spirito Santo glorifica il Figlio, è il Padre che glorifica il Figlio.  Da questo si vede che tutto ciò che ha il Padre appartiene non solo al Figlio ma anche allo spirito Santo, perché lo Spirito Santo ha il potere di glorificare il Figlio che il Padre glorifica. Se colui che glorifica è superiore a chi da lui viene glorificato, si conceda almeno che sono uguali quelli che si glorificano vicendevolmente. Ora la Scrittura afferma che anche il Figlio glorifica il Padre: Io - afferma il Figlio - ti ho glorificato sopra la terra. ci si guardi bene dal considerare lo Spirito Santo superiore al Padre e al figlio perché glorifica il Figlio che il Padre glorifica, mentre non si afferma nella Scrittura che egli sia glorificato né dal Padre né dal figlio.
Trinità I,4



S. Agostino

4.7  Tutti gli interpreti cattolici dei Libri sacri dell'Antico Testamento e del Nuovo che hanno scritto prima di me sulla Trinità di Dio e che io ho potuto leggere, questo intesero insegnare secondo le Scritture: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo con la loro assoluta parità in una sola e medesima sostanza mostrano l'unità divina e pertanto non sono tre dei, ma un Dio solo, benché il Padre abbia generato il Figlio e quindi non sia Figlio colui che è Padre; benché il Figlio sia stato generato dal Padre e quindi non sia Padre colui che è Figlio; benché lo Spirito Santo, non sia né Padre né Figlio ma solo lo Spirito del Padre e del Figlio, pari anch'egli al Padre e al Figlio, appartenente con essi all'unità della Trinità. Tuttavia non la Trinità medesima nacque dalla vergine Maria, fu crocifissa e sepolta sotto Ponzio Pilato, risorse il terzo giorno ed ascese al cielo, ma il Figlio solamente. Così non la Trinità medesima scese in forma di colomba su Gesù nel giorno del suo battesimo o nel giorno della Pentecoste, dopo l'ascensione del Signore, si posò su ciascuno del Apostoli, con il suono che scendeva dal cielo come fragore di vento impetuoso e mediante lingue di fuoco, ma lo Spirito Santo solamente. Né infine la medesima Trinità pronunciò dal cielo le parole: tu sei il Figlio mio, quando Gesù fu battezzato da Giovanni, o sul monte quando erano con lui i tre discepoli, oppure quando risuonò la voce dicendo: L'ho glorificato e ancora lo glorificherò, ma era la voce del Padre solamente che si rivolgeva al Figlio, sebbene il Padre, il figlio e lo Spirito Santo operino inseparabilmente, come sono inseparabili nel loro stesso essere. Questa è la mia fede, perché questa è la fede cattolica.

Le tre questioni che turbano alcuni

5.8  Ma alcuni restano fortemente turbati nella loro fede al sentire che si parla di un dio Padre e di un Dio Figlio e di un Dio Spirito Santo e che tuttavia questa Trinità non è tre dei, ma un solo Dio. Chiedono come intendere ciò, dato soprattutto che i Tre, si dice, operano inseparabilmente in ogni attività divina e tuttavia è stata udita la voce del Padre che non è la voce del figlio; il Figlio solo si incarnò, patì, risorse ed ascese al cielo; solo lo Spirito Santo discese in forma di colomba. Essi vogliono capire in che modo quella voce in cui il Padre solo parlò sia opera della Trinità, quella carne in cui il Figlio solo nacque dalla Vergine sia stata creata dalla Trinità, quella forma di colomba in cui solamente lo Spirito Santo apparve sia opera della Trinità medesima. In caso contrario la Trinità non opera inseparabilmente, ma alcune cose opera il Padre, altre il Figlio, altre lo Spirito Santo; oppure, se operano insieme solo alcune cose ed altre separatamente, la Trinità non può dirsi inseparabile. Ma c'è un'altra difficoltà: come nella Trinità vi è uno Spirito Santo non generato dal Padre né dal Figlio né da entrambi insieme, sebbene sia lo Spirito del Padre e del Figlio? Poiché sono queste le domande che ci rivolgono, e lo fanno fino a tediarci, così, se la nostra piccolezza approda a qualche conoscenza con la grazia di Dio, la esponiamo loro come meglio possiamo e senza imitare colui che è roso dall'invidia. Mentiamo se diciamo che non siamo soliti pensare a questi argomenti; ma, se confessiamo che questi ci stanno fissi in mente perché siamo trascinati dal desiderio di cercare la verità, essi vogliono sapere in nome della carità i risultati della nostra ricerca.  Non che abbia già conseguito il premio e raggiunto ormai la perfezione ( se osò dirlo l'Apostolo Paolo, quanto più lo potrei io  che sono tanto lontano da lui, sotto i suoi piedi?), ma secondo le mie capacità, dimentico ciò che mi sta alle spalle e mi slancio in avanti e con tutte le mie forze corro verso il premio della vocazione celeste. Così mi si chiede quanta strada abbia percorso e a che punto dalla fine io sia arrivato. Desiderano saperlo certe persone che la libera carità, mi costringe a servire. Ma bisogna anche, e dio me lo concederà,  che giovi a me stesso, mentre preparo questi scritti per loro perché li possano leggere, e che il desiderio di rispondere a chi mi interroga, mi aiuti a trovare ciò che ho continuato a cercare. Ho intrapreso questo lavoro per ordine  e con l'aiuto del Signore Dio nostro non per ragionare con autorità delle cose che conosco, ma per conoscerle più a fondo, parlandone con serietà.

 

 

La dottrina cattolica sulla Trinità I,5-6

Il Figlio è vero Dio, della stessa sostanza del Padre

6, 9.  Chi disse che il Signore nostro Gesù Cristo non è Dio o non è vero Dio o non è unico e solo Dio con il Padre o non è veramente immortale perché mutevole, fu convinto d'errore dalla evidentissima e unanime testimonianza delle Scritture, dove leggiamo: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. E' chiaro che nel Verbo di Dio noi riconosciamo il Figlio unico di Dio, del quale Giovanni dice più avanti: E il Verbo si fece carne ed abitò fra noi, perché si è incarnato nascendo nel tempo della Vergine. In questo passo Giovanni afferma non soltanto che il Verbo è Dio ma anche che è consustanziale al Padre, perché dopo aver detto: E il Verbo era Dio, aggiunse: questi era in principio presso Dio e tutte le cose per mezzo di Lui furono fatte e niente fu fatto senza di Lui. E poiché quando dice: tutte le cose, intende significare tutte le cose che furono fatte, ossia tutte le creature, si può con certezza affermare che non è stato fatto Colui per mezzo del quale furono fatte tutte le cose. E se non è stato fatto, non è creatura; se non è creatura, è consustanziale al Padre. Infatti ogni sostanza che non è Dio è creatura, e quella che non è creatura è Dio. Ma se il Figlio non è della medesima sostanza del Padre, evidentemente è una sostanza creata; ma se è tale, non tutte le cose furono fatte per mezzo di Lui. Se però ogni cosa per mezzo di lui fu fatta,  allora egli è una sola e medesima sostanza con il Padre. E perciò non è soltanto Dio ma anche vero Dio. E' quanto Giovanni dice con somma chiarezza nella sua Epistola: Sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza perché conosciamo il vero Dio, e siamo nel suo vero Figlio Gesù Cristo. Questi è il vero Dio e la vita eterna.

Invisibilità del Figlio e di tutta la Trinità

- 11.  tuttavia ciò che segue farà forse nascere difficoltà contro questa interpretazione. L'Apostolo infatti aggiunge: Colui che nessun uomo vide né può vedere. Ma anche queste parole vanno riferite a Cristo considerato nella sua divinità, che non fu visibile ai giudei, sebbene essi abbiano visto e crocifisso la sua carne. La divinità infatti da nessun occhio umano può essere vista. La vede solo l'occhio che si possiede quando non si è più uomini ma superiori agli uomini. Giustamente dunque si riconosce Dio Trinità nelle parole: Beato e solo potente che manifesta la venuta del Signore nostro Gesù Cristo nei tempi stabiliti. Dice infatti l'Apostolo: Il solo che possiede l'immortalità nello stesso senso in cui è stato scritto nei Salmi: Colui che solo opera meraviglie. Vorrei sapere a chi riferiscano i miei avversari questa affermazione. Se infatti si tratta solamente del Padre, in che modo può essere vero ciò che dice il Figlio: Qualunque cosa fa il Padre, la fa similmente anche il Figlio? Forse vi è tra le meraviglie cosa più prodigiosa che resuscitare e vivificare i morti? E lo stesso Figlio tuttavia dice: Come il Padre risuscita i morti e li vivifica, così anche il Figlio vivifica chi vuole. In che modo dunque il Padre solo opera meraviglie, se queste parole non permettono il riferimento a lui solo né al Figlio soltanto, ma all'unico vero Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo?

 

 

 

 

 

 

La dottrina cattolica sulla Trinità I,6-7

S. Agostino

Anche lo Spirito Santo è vero Dio, perfettamente uguale al Padre e al Figlio

-13.  Anche per quanto riguarda lo Spirito Santo si raccolsero testimonianze - e quelli che ci precedettero nella trattazione di questi argomenti se ne sono largamente serviti - secondo le quali lo Spirito Santo è Dio, non una creatura. E se non è una creatura, non soltanto è Dio (anche gli uomini furono detti dei) ma anche vero Dio. Pertanto perfettamente uguale al Padre e al Figlio e consustanziale e coeterno ad essi nell'unità della Trinità. Che lo Spirito Santo non sia una creatura risulta chiaramente soprattutto da quel passo importantissimo in cui ci viene comandato di servire non alla creatura ma al Creatore. Non si tratta di un servizio come quello che la carità  ci impone gli uni verso gli altri - in greco ̒ δουλεύείν-

 ma di quello che è dovuto al solo Dio e che in greco si esprime con λατρεύειν,

 vocabolo da cui deriva il nome idolatra, attribuito a chi presta agli idoli il culto dovuto a Dio. A questo culto si riferisce il comandamento: Adorerai il Signore Dio tuo e lui solo servirai. Il testo greco è più espressivo ed usa λατρεύбεις.

Ora, se ci è proibito di rendere alla creatura questa specie di culto per il comandamento: Adorerai il Signore Dio tuo e lui solo servirai - di qui l'esecrazione dell'Apostolo per coloro che adorano e servono la creatura invece del Creatore - non può essere assolutamente creatura lo Spirito Santo al quale tutti i cristiani prestano tale tipo di servizio, come attesta l'Apostolo: I circoncisi siamo noi che serviamo lo Spirito di Dio, dove il testo greco usa λατρεύοντες.

  Anche molti codici latini hanno : Noi che serviamo lo Spirito di Dio, quelli greci tutti o quasi. Però in alcuni esemplari latini non si trova: Serviamo lo Spirito di Dio, ma: Serviamo Dio con lo Spirito. Ma coloro che qui cadono in errore e si rifiutano nei riguardi di questo testo  di dar credito ad una lezione più autorevole trovano forse variato nei codici anche questo passo: Non sapete che i vostri corpi sono il tempio dello Spirito Santo che è in noi e che voi ricevete da Dio?  Ora che cosa di più insensato e sacrilego che qualcuno osi dire che le membra di Cristo sono il tempio di una creatura che secondo i nostri avversari è inferiore a Cristo? infatti in un altro passo l'apostolo afferma: I vostri corpi sono le membra di Cristo. Se dunque quelle che sono le membra di Cristo sono il tempio dello Spirito santo, lo Spirito Santo non è una creatura, perché  colui al quale offriamo quale tempio il nostro corpo deve ricevere necessariamente quell'adorazione che si deve solo a dio, e che è precisa dalla lingua greca con il vocabolo λατρεία.

 Per questo motivo l'Apostolo Paolo conclude: Glorificate dio nel vostro corpo.

 

 

Il Figlio come uomo inferiore al Padre ed anche a se stesso

 

7. 14.   Queste testimonianze ed altre di tale natura hanno permesso ai nostri predecessori che, come ho detto, ne hanno fatto largo uso, di sgominare le imposture e gli errori degli eretici; esse rivelano alla nostra fede l'unità e l'uguaglianza della Trinità. Ma nelle Sacre Scritture vi sono molti passi a motivo dell'incarnazione del Verbo di Dio- incarnazione avvenuta per la nostra salvezza cosicché il mediatore tra Dio e gli uomini fosse l'uomo Gesù Cristo - passi ,che fanno pensare o anche esplicitamente affermano che il Padre è superiore al Figlio. Per questo alcuni troppo poco attenti nello scrutare il senso e nell'afferrare l'insieme delle Scritture hanno tentato di riferire ciò che fu detto di Gesù Cristo in quanto uomo alla sua natura che era eterna prima dell'incarnazione e che è sempre eterna. su questa base essi pretendono che il Figlio sia inferiore al Padre, poiché il signore stesso ha detto: Il Padre è più grande di me. Ma la verità mostra che in questo senso il Figlio è inferiore anche a se stesso. Come infatti non sarebbe divenuto tale colui che si esinanì assumendo la natura di servo?  Infatti non assunse la natura di servo così da perdere quella di Dio nella quale era uguale al Padre. Pertanto, se la natura di servo fu assunta in modo tale che egli non perdette la sua natura divina - poiché come servo e come Dio egli è lo stesso e unico Figlio di Dio Padre, uguale al Padre nella sua natura divina, e mediatore di Dio e degli uomini nella sua natura di servo, l'uomo Gesù Cristo - è chiaro che considerato nella sua natura divina anche lui è superiore a se stesso, mentre è a se stesso inferiore se considerato nella natura di servo. La Scrittura molto giustamente dunque si esprime in duplice modo, affermando che il figlio è uguale al Padre e che il Padre è superiore al Figlio.  Nel primo caso riconosce una conseguenza della sua natura divina, nel secondo una conseguenza della sua natura di servo, fuori d'ogni confusione. Un capitolo di una Epistola dell'Apostolo Paolo fornisce questa regola da seguire per risolvere il problema in questione attraverso tutto il complesso delle Sante Scritture. In quel capitolo si raccomanda molto chiaramente la distinzione accennata: Colui che sussistendo in natura di Dio, non considerò rapina la sua uguaglianza con dio, ma si esinanì  perdendo la natura di servo, divenuto simile agli uomini, ritrovato in stato d'uomo. Per natura dunque il Figlio di Dio è uguale al Padre,  per stato inferiore a Lui. Nella natura di servo, che ha assunto, è inferiore al Padre, nella natura divina nella quale sussisteva, anche prima di assumere quella di servo, è uguale al Padre. Nella natura di dio è il Verbo per mezzo del quale tutte le cose furono fatte, nella natura di servo fu formato da donna, formato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano soggetti alla Legge. Perciò nella natura di Dio ha fatto l'uomo, nella natura di servo si è fatto uomo. Se il Padre solamente e non anche il figlio avesse fatto l'uomo, non sarebbe scritto: facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza.  Poiché dunque la natura di Dio ha assunto ,la natura di servo, Dio è l'uno e l'altro, come l'uomo è l'uno e l'altro. Ma dio lo è, perché ha assunto l'uomo; l'uomo lo è perché è stato assunto da Dio. Infatti nell'incarnazione nessuna delle due nature  si è mutata nell'altra : la divinità non fu certamente mutata nella creatura, cessando di essere divinità, né la creatura divenne divinità, cessando di essere creatura.

 

 

 

 

La dottrina cattolica sulla Trinità I,8

S. Agostino

Il Figlio come uomo è sottomesso al Padre

8, 15.  Le parole dello stesso Apostolo: Quando tutte le cose gli saranno state sottomesse, allora il Figlio stesso si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise, possono servire contro l'opinione secondo cui lo stato preso da Cristo nella natura umana si sarebbe poi convertito nella stessa divinità, o meglio deità, la quale non è creatura ma la stessa unità incorporea, immutabile e per natura consustanziale e coeterna con se stessa, della trinità; oppure se qualcuno pretende che le parole: allora il figlio di Dio si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise possano intendersi, come alcuni hanno inteso, nel senso che questa sottomissione sarà la trasformazione e conversione della creatura nella stessa sostanza o essenza del Creatore, cioè che quella che era la sostanza della creatura diverrebbe la sostanza del Creatore, allora costui conceda almeno questo che è certissimo: tale trasformazione non era ancora avvenuta quando il Signore diceva: Il Padre è maggiore di me. Infatti egli disse queste parole non solo prima di ascendere al cielo ma anche prima della sua passione e risurrezione dai morti. Ora chi ammette che in Cristo la natura umana si muti e si trasformi nella sostanza della deità e chi sostiene che le parole: Allora il figlio stesso si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise significhino: Allora lo stesso Figlio dell'uomo e la natura umana assunta dal Verbo di dio si trasformerà nella natura di colui che tutto gli sottomise, suppone che ciò avverrà quando (dopo il giorno del giudizio) avrà consegnato il regno a dio Padre. Ma anche a stare a questa interpretazione, resta ben fermo che il Padre è superiore alla natura di servo, che il figlio ha ricevuto dalla Vergine. Anche se alcuni sostengono che l'uomo Gesù Cristo si è già mutato nella sostanza di Dio, costoro non possono certamente negare che la natura umana sussisteva ancora , prima della passione, quando diceva: Il Padre è più grande di me, per cui ci pare che non ci sia più alcun motivo di esitazione circa il senso di quelle parole: Il Padre è superiore alla natura di servo del Figlio, che è uguale al Padre nella natura divina. Leggendo queste parole dell'Apostolo: Quando dice che tutto è stato sottomesso, è chiaro che si deve eccettuare  colui che tutto gli ha sottomesso, nessuno pensi di interpretarle nel senso che il Padre abbia sottomesso tutte le cose del Figlio, come se anche lo stesso Figlio non ne avesse sottomesso a sé tutte le cose. Lo spiega chiaramente l'Apostolo ai Filippesi: La nostra dimora è nei cieli, da dove aspettiamo, come Salvatore, il Signore Gesù Cristo che trasformerà il corpo della nostra umiliazione, rendendolo simile al corpo della sua gloria, secondo l'operazione con cui può rendere a sé soggette tutte le cose. L'operare del Padre e l'operare del Figlio sono inseparabili; altrimenti neppure il Padre ha sottomesso a sé tutte le cose. Gliele ha sottomesse il Figlio che ha consegnato a lui il regno e distrugge ogni principato, ogni potestà, ogni virtù. Proprio del Figlio fu detto: Quando consegnerà il regno a Dio Padre dopo aver distrutto ogni principato, ogni potestà, ogni virtù. Colui che sottomette è lo stesso che distrugge.

 

La contemplazione di Dio ci è promessa come fine di tutte le nostre azioni

- 17.  Questa contemplazione ci è promessa come fine di tutte le nostre azioni e pienezza eterna del nostro gaudio. Infatti siamo figli di Dio ed ancora non è stato mostrato ciò che saremo. Ma sappiamo che quando ciò sarà manifesto, saremo simili a lui, perché lo vedremo come è veramente.  Ciò che ha dichiarato al suo servo Mosè: Io sono colui che sono; e annuncerai  questo ai figli d'Israele: Colui che è mi ha mandato a Voi, questo contempleremo quando vivremo eternamente. Similmente disse il Signore: La vita eterna è questa, che conoscano te unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Questo avverrà quando il Signore sarà venuto e avrà illuminato ciò che si nasconde nelle tenebre, quando sarà dissipata l'oscurità di questo stato mortale e corruttibile. Sarà il nostro mattino, quello di cui parla il Salmista: Al mattino mi disporrò dinanzi a te e ti contemplerò. Le parole dell'Apostolo: Quando consegnerà il regno a Dio Padre si riferiscono, mi sembra, a questa contemplazione, cioè al momento in cui l'uomo Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, avrà condotto tutti i giusti, su quali ora regna per la loro vita nella sua fede, alla contemplazione di Dio Padre. Se qui cado in errore mi corregga chi ha meglio compreso. A me non sembra che ci siano altre interpretazioni. tuttavia non cercheremo altro quando saremo giunti alla contemplazione che non possiamo avere ora, finché la nostra gioia è tutta riposta nella speranza.  Ma la speranza che si scorge non è speranza: come infatti ciò che uno scorge può anche sperarlo?  Ma se speriamo in ciò che vediamo è per mezzo della pazienza che noi aspettiamo, finché  il re si trova nel suo convito. Si compirà allora quanto è scritto: Mi riempirai di gioia con la tua presenza. dopo questa gioia non si cercherà più nulla, perché non vi sarà altro da cercare; il Padre si mostrerà a noi e questo ci basterà. E' ciò che aveva ben capito Filippo quando diceva: Signore, mostraci il Padre e questo ci basterà. Ma non aveva ancora capito che avrebbe potuto dire  allo stesso modo: << Signore, mostraci te stesso e questo ci basterà >>. E perché capisse questo il Signore gli rispose: Da tanto tempo sono con voi e non mi conoscete? Filippo, chi vede me, vede anche il Padre. Ma poiché voleva che egli vivesse di fede prima che la visione gli fosse possibile, aggiunse: Non credi tu che io sono nel Padre e il Padre in me?. Infatti finché siamo presenti nel corpo, noi siamo lontani dal Signore, perché camminiamo per fede, non per visione. La contemplazione è certamente la ricompensa della fede, è il premio a cui i cuori si preparano purificandosi con la fede, come è scritto: Avendo purificato i loro cuori per mezzo della fede. Che i cuori si purifichino per quella contemplazione è testimoniato soprattutto da questo passo: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. E poiché questa è la vita eterna, dio dice nel Salmo: Lo sazierò di una lunga durata di giorni e gli mostrerò la mia salvezza. Pertanto allorché ascoltiamo: << Mostraci il figlio >>, ascoltiamo: Mostraci il Padre. E' la stessa cosa, perché nessuno dei due può essere mostrato senza l'altro. Sono appunto una cosa sola, così come ha detto anche il Signore: Io e il Padre siamo una sola cosa. Per questa inseparabilità può essere sufficiente attribuire talvolta alla sola presenza del Padre o del Figlio la pienezza della nostra felicità.

 

 

 

 

 

 

 

 

La dottrina cattolica sulla Trinità I,8

S. Agostino

Lo Spirito Santo basta alla nostra beatitudine, perché inseparabile dal Padre e dal Figlio

 

- 18. Da questa unità non può essere separato lo Spirito di ambedue, cioè lo Spirito del Padre e del Figlio. E' questo lo Spirito Santo, che la Scrittura propriamente chiama: Spirito di verità che il mondo non può ricevere. Ora la nostra gioia perfetta della quale nulla c'è di più alto, è godere Dio Trinità che ci ha fatto a sua immagine. Per questo talvolta si parla dello Spirito Santo come se bastasse lui solo alla nostra beatitudine, e davvero basta, in quanto non può essere separato dal Padre e dal Figlio, allo stesso modo in cui basta il Padre solo, perché indivisibile dal Figlio e dallo Spirito Santo, e basta il Figlio solo, perché non si può separare dal Padre e dallo Spirito Santo. Che senso hanno queste parole del Signore: Se mi amate, osservate i miei comandamenti ed io pregherò il Padre ed egli vi darà un nuovo difensore perché sia con voi in eterno, lo Spirito di verità che questo mondo (cioè chi ama questo mondo) non può ricevere? L'uomo carnale infatti non comprende le cose dello Spirito di Dio. Ma ancora può sembrare che in base all'espressione: Ed io pregherò il Padre ed egli vi darà un nuovo difensore il Figlio solo non basti per la nostra felicità. In un altro passo poi si dice dello stesso Spirito, come se solo bastasse pienamente: Quando verrà lo Spirito di verità, vi insegnerà tutta la verità. Ma forse si vuole con questo testo escludere il Figlio come se non insegnasse egli stesso tutta la verità, o come se lo Spirito Santo dovesse colmare le lacune dell'insegnamento del Figlio? I nostri avversari sostengano pure, allora,se così loro piace, che lo Spirito Santo è superiore al Figlio, mentre sono soliti considerarlo inferiore. forse concedono che si debba credere che anche il Figlio insegna insieme con lo Spirito Santo, in quanto la Scrittura non dice  << Lo Spirito solamente>>, oppure: << Nessuno all'infuori di lui vi insegnerà la verità >> ?  L'Apostolo ha dunque escluso il figlio dalla conoscenza di queste cose di dio quando disse: Così nessuno conosce le cose di Dio, eccetto lo Spirito di Dio, cosicché a questo punto questi insensati possano concludere affermando che il Figlio per quanto riguarda i segreti di Dio va a scuola dallo Spirito Santo come uno più piccolo da uno più grande. Il figlio stesso spinge la sua deferenza verso lo Spirito Santo fino a dire: Perché vi ho dette queste cose la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è meglio per voi io me ne vada; se non me ne andrò il difensore non verrà a voi.

 

 

La dottrina cattolica sulla Trinità I,9

S. Agostino

A volte quando si parla di una Persona divina si intendono implicitamente anche le altre

 

9.   Ma il Signore ha detto questo non a motivo dell'ineguaglianza tra il Verbo di Dio e lo Spirito Santo, ma perché la presenza del figlio dell'uomo tra i discepoli impediva, per così dire, la venuta di colui che non gli era inferiore perché non si era esinanito prendendo la natura di servo, come ha fatto invece il Figlio. Era necessario dunque che fosse sottratta ai loro sguardi la natura di servo la cui vista faceva loro credere che Cristo non fosse nient'altro che quello che vedevano. ecco perché Gesù dice: Se vi amate, vi rallegrerete con me che io vada al Padre, perché il Padre è più grande di me, che era quanto dire: bisogna che io vada al Padre perché fino a quando mi vedrete in questa condizione e, basandovi su ciò che vedete, mi giudicate inferiore al Padre e pertanto, distolti dalla creatura che sono e dell'aspetto esterno da me assunto, non potete comprendere la mia uguaglianza con il Padre. E' per questo che il Signore dice: Non mi toccare, ancora non sono salito al Padre mio. Infatti il tatto in un certo modo segna il limite della nostra conoscenza; pertanto il Signore non voleva che lo slancio del cuore verso di lui si fermasse a quello, così da ritenere vero solo ciò che si vedeva. Invece l'ascendere al Padre equivaleva per lui ad apparire uguale al Padre, così com'è, per divenire in cielo l'oggetto di quella visione che ci basta. A volte la Scrittura si esprime come se il Figlio solo bastasse e tutta la ricompensa del nostro amore e del nostro desiderio consistesse nella visione nella visione di lui. Così egli dice infatti: Chi accoglie ed osserva i miei comandamenti, questi mi ama. E chi ama me sarà amato dal Padre mio e io pure lo amerò e gli manifesterò me stesso. E forse, perché non ha detto: << Gli mostrerò anche il Padre >>, ha separato il Padre da se? Ma poiché è vero che: Io e il Padre siamo una cosa sola, allorché si manifesta il Padre è manifestato anche il Figlio che è in lui, e quando si manifesta il figlio è manifestato anche il Padre che è nel Figlio. Perciò, come quando dice: Gli manifesterò me stesso, intendiamo che manifesta anche il Padre, così quando è scritto altrove: Quando consegnerà il regno a Dio Padre, si intende che Cristo non si priva del regno perché quando condurrà i fedeli alla contemplazione di Dio Padre lì condurrà certamente anche alla contemplazione di se stesso, egli che dice: gli manifesterò me stesso. E' per questo che alla domanda di Giuda: Come mai ti manifesti a noi e non al mondo? Gesù rispose: Se uno mi ama, osserverà le mie parole ed il Padre mio lo amerà ed a lui verremo e dimoreremo in lui. Ecco che non mostra solo se stesso a chi lo ama, perché viene a lui e vi prende dimora con il Padre.

 

Tutta la trinità abita in noi

 - 19.  Ma si penserà forse che lo Spirito Santo sia escluso dalla dimora del Padre e del figlio in chi lo ama? In questo caso che significa ciò che il Signore ha detto più sopra a proposito dello Spirito Santo: quello che il mondo non può ricevere perché non lo vede, ma voi lo conoscete perché abita in voi ed è in voi? Non è dunque estraneo a questa dimora colui del quale fu detto: Abita con voi ed è in voi, a meno di non toccare l'assurdo pensando che quando il Padre ed il figlio vengono a dimorare presso chi li ama, lo spirito Santo se ne vada e lasci il posto a coloro che sono più grandi di lui. Ma la stessa Scrittura previene questa concezione cos' grossolana, perché poco prima il signore dice: Ed io pregherò il Padre e vi darà un altro difensore perché resti con voi in eterno. Lo Spirito Santo non se ne andrà dunque alla venuta del Padre e del figlio, ma sarà insieme con loro nella stessa dimora in eterno, perché non venne senza di quelli né quelli senza di lui. Per indicare la Trinità si fanno attribuzioni nominativamente alle singole persone separatamente, ma tali attribuzioni non intendono escludere le altre persone, data l'unità della medesima Trinità e l'unicità della sostanza e della deità del Padre e del figlio e dello spirito Santo.

 

        La Trinità I,10

 

 La contemplazione di Dio

 10, 20.  Gesù Cristo Signore nostro consegnerà dunque il regno a Dio Padre e non sarà separato né lui né lo spirito Santo,quando condurrà i credenti alla contemplazione di Dio, contemplazione che è il fine di tutte le nostre buone azioni, la pace eterna, la gioia che non ci sarà tolta. Questo ci vuole insegnare Cristo quando dice: Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà più togliere la vostra gioia. Un'immagine di questa gioia già offriva Maria quando sedeva ai piedi del Signore e intenta alla sua parola, cioè libera da ogni attività e tutta intenta alla verità del modo che questa vita permette, ma tanto tuttavia da prefigurare quello che si avrà in futuro per l'eternità. Sua sorella Marta era tutta presa da un'azione necessaria al momento che, per quanto buona e utile, tuttavia è destinata a finire quando verrà l'ora del riposo; Maria invece riposava nella parola del Signore. Ecco perché il Signore così rispondeva a Marta che si lamentava con lui che la sorella non l'aiutasse: Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta. Non disse che ciò che faceva Marta era una parte cattiva ma che la parte migliore è quella che mai ci sarà tolta.  La parte destinata al servizio del bisogno infatti sarà eliminata quando i bisogni cesseranno; l'opera buona che passa ha come ricompensa la pace che non passerà. In quella contemplazione perciò Dio sarà tutto in tutti, perché non vi sarà niente altro più da chiedergli, ma ci basterà partecipare della sua luce e di lui godere. E' ciò che implora colui nel quale lo Spirito intercede con gemiti inenarrabili. Una sola cosa domanda al Signore e questa cercherò: abitare nella casa del Signore e questa cercherò: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della vita per contemplare le delizie del Signore. E contempleremo dio Padre, Figlio e Spirito Santo, quando Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, consegnerà il regno a Dio Padre. Allora non intercederà più per noi come nostro mediatore e sacerdote, Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, ma a sua volta in quanto sacerdote per la natura di servo assunta per noi si sottometterà a colui che gli sottomise tutte le cose ed al quale tutto egli sottomise; come Dio gli saremo sottomessi come lo siamo al Padre; come sacerdote si sottometterà con noi al Padre. Perciò, essendo il Figlio insieme Dio e uomo, in lui la sostanza divina è diversa da quella umana e questa è nel figlio diversa da lui più che non sia diverso nel Padre il figlio dal Padre, come la carne che riveste la mia anima è una sostanza diversa dalla mia anima, sebbene si tatti di un unico uomo, più dell'anima di un altro uomo.

 

 

     La dottrina cattolica sulla Trinità I, 11-12

     S. Agostino

 

 

Le due nature di Cristo

11, 22.  Perciò una volta trovata la regola per interpretare le Scritture quando ci parlano del Figlio di Dio, cioè tener sempre distinto ciò che in esse è detto di lui in riferimento alla natura di Dio nella quale egli è, ed è uguale al Padre, da ciò che è detto in riferimento alla natura di servo che prese e per la quale è inferiore al Padre, non avranno più da inquietarci le affermazioni delle Scritture come se fossero contraddittorie e opposte tra loro. Infatti il Figlio secondo la natura divina è, come lo Spirito Santo, uguale al Padre, poiché nessuno dei due è creatura, come abbiamo già mostrato, ma secondo la natura di servo è inferiore al Padre come egli stesso ha detto: Il Padre è più grande di me. E' inferiore anche a se stesso, poiché di lui è detto: Esinanì se stesso; è inferiore allo Spirito Santo, perché egli stesso dice: Chiunque parlerà contro il Figlio sarà perdonato, ma non sarà perdonato chi avrà parlato contro lo Spirito Santo. E' nello Spirito Santo che egli operò i suoi miracoli: Se io caccio i demoni nello Spirito di Dio, dunque il regno di Dio è giunto in mezzo a voi. E in un passo di Isaia di cui dette lettura lui stesso nella sinagoga e di cui non ebbe alcuna esitazione a mostrare il compimento nella sua persona, dice: Lo Spirito del Signore è sopra di me, poiché egli mi ha unto per annunciare la buona novella ai poveri, per predicare agli schiavi la liberazione, e tutte le altre cose al cui compimento dichiara di essere stato mandato, perché lo Spirito del Signore è sopra di lui. In quanto Dio tutte le cose per mezzo di lui furono fatte, in quanto servo egli stesso fu formato da donna, formato sotto la Legge; come Dio lui e il Padre sono tutt'uno, come servo non venne per compiere la propria volontà ma quella di colui che lo mandò. In quanto Dio, come il Padre ha la vita in se stesso, così diede al figlio di avere la vita in se stesso; come servo dice: L'anima mia è triste fino alla morte e implora: Padre, se è possibile, si allontani da me questo calice. Come Dio egli stesso è il vero Dio e la vita eterna, come servo divenne obbediente fino alla morte e alla morte di croce.

 

 - 23.  In quanto egli è Dio, tutto ciò che ha il Padre gli appartiene ed egli lo conferma: Ogni cosa tua è mia ed ogni cosa mia è tua. In quanto uomo la sua dottrina non è sua ma di Colui che lo ha mandato.

Alcune affermazioni della Scrittura su Cristo riguardano la sua natura divina, altre la sua natura umana

 

 - 24.  Di Cristo in quanto Dio è detto: Mi ha generato prima delle colline, cioè prima delle creature più alte, e: Ti ho generato prima della stella del mattino, cioè prima di tutti i tempi e delle cose temporali. Invece di lui in quanto servo è detto: Il Signore mi ha creato al principio delle sue vie; perché come Dio egli disse: Io sono la verità, e come servo: Io sono la via. Intanto evidentemente egli fu creato in principio delle vie di Dio in vista delle sue opere, in quanto, primogenito fra i morti, aprì la strada versi il regno di Dio, verso la vita eterna, alla sua Chiesa, di cui è il capo, per l'immortalità anche del corpo. Infatti come Dio è il principio che ci parla, quel principio in cui Dio fece il cielo e la terra; in quanto servo è lo sposo che esce dal suo talamo. In quanto Dio è primogenito di tutte le creature, colui che è prima di tutti gli esseri e nel quale tutte le cose sussistono; nella sua natura umana è lui il capo del corpo della Chiesa. come Dio è il Signore della gloria, perciò è lui evidentemente che glorifica i suoi santi; infatti: Quelli che ha predestinati li ha pure chiamati e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati; di lui è stato detto che giustifica l'empio, di lui che è giusto e fonte di giustizia. Se dunque i giustificati e i glorificati sono gli stessi, lo stesso è pure il giustificatore e il glorificatore, e costui è, come ho detto, il signore della gloria. Ma, come servo, ai discepoli che si preoccupavano della loro glorificazione rispose: Sedere alla mia destra o alla sinistra non sta a me concederlo, ma per quelli per i quali è stato preparato dal Padre mio.

 

In che senso il Figlio giudicherà e nello stesso tempo giudicherà

 - 26.  Mi chiedo anche in che senso è detto: Se qualcuno non ascolta la mia parola, io non lo giudicherò. Forse non lo giudicherò è detto nello stesso senso di: Non sta a me concederlo. Ma che significa ciò che segue: Non venni infatti per giudicare il mondo, ma per salvarlo; e poi aggiunge: Chi disprezza me e non accoglie la mia parola ha chi lo giudica? A questo punto noi penseremo subito al Padre, se non trovassimo subito dopo. La parola che io ho annunciato, questa lo giudicherà nell'ultimo giorno. Come? Non giudicherà dunque il Figlio perché ha detto: Io non lo giudicherò, non il Padre che mi ha mandato mi ha prescritto quello che debbo dire e quello che debbo insegnare e so che il suo comando è vita eterna.  Le cose che dico tali e quali il Padre le ha dette a me. Pertanto se non è il Figlio a giudicare ma la parola detta dal Figlio, questa parola detta dal Figlio non giudica se non in quanto il Figlio non ha parlato da sé ma per comando del Padre che lo ha mandato e gli ha prescritto quello che doveva dire e annunciare; è dunque il Padre che giudica perché sua è la parola detta dal Figlio e perché Parola del Padre è lo stesso Figlio. Il comando del Padre infatti non è altro che la Parola del Padre,  perché il Signore lo ha chiamato indifferentemente parola e comando. Io non ho parlato da me stesso. Vediamo se dicendo tale espressione il Signore non abbia voluto che noi si intenda: Non sono nato da me. Infatti se il Signore annuncia al parola del Padre, poiché egli è la parola del Padre, egli annuncia se stesso. Spesso infatti dice: Il padre mi ha mandato. Intende che il Padre lo ha generato, non che esiste già e il Padre gli abbia dato qualcosa che non aveva, gli ha dato di avere, in quanto lo ha generato all'esistenza; infatti non avviene anche nel Figlio di Dio ciò che avviene nelle creature: prima dell'incarnazione nell'Unigenito, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, l'essere e l'avere non si distinguono; egli è al contrario quello che è ciò che ha. Questo è detto più chiaramente, se si è in grado di capirlo bene, nel testo seguente: Come il Padre ha la vita in se stesso, così dette al Figlio di avere la vita in se stesso. Il Padre non lo ha messo in possesso della vita come se prima esistesse senza vivere, perché egli è la vita in forza della sua stessa esistenza. L'espressione: Dette al figlio di avere la vita significa dunque: Il Padre generò il Figlio a essere la vita immutabile, la vita eterna. Se dunque la parola di Dio è lo stesso Figlio di Dio e il Figlio di Dio è il vero Dio e la vita eterna, come dice Giovanni nella sua Lettera, perché dare un altro senso alle parole del Signore: La parola che ho pronunciato, essa lo giudicherà nell'ultimo giorno, dal momento che egli stesso dichiara che questa stessa parola è nello stesso tempo Parola del Padre e comando del Padre e lo stesso comando è la vita eterna? So - egli dice -che il tuo comando è la vita eterna.

 

 

 

     La dottrina cattolica sulla Trinità I,12

     S. Agostino

Senso delle parole: La mia dottrina non è mia

  -27.  A questo punto indaghiamo il significato della frase: Io non giudicherò, ma la parola che vi ho detto giudicherà.  Dal seguito del testo appare evidente che è detto in questo senso: << Non giudicherò io, ma giudicherà la parola del Padre >>. Ora la parola del Padre è lo stesso del Figlio di Dio. Bisognerà dunque intendere: non giudicherò io, ma io giudicherò? Questo può essere vero solo in questo senso: << Io non giudicherò in base al potere umano, in quanto cioè sono Figlio dell'uomo, ma giudicherò con l'autorità del verbo, perché sono Figlio di Dio >>. Se si trova che le affermazioni: << Io non giudicherò, ma io giudicherò>>, si contraddicono e si respingono, che diremo di questa: La mia dottrina non è mia? come mai mia e non mia? Infatti non disse: << questa dottrina non è mia >>, ma proprio: La mia dottrina non è mia; dice cioè  << sua >> la medesima dottrina che dichiara << non sua >>. In quale modo ciò sarà vero se non in quanto egli disse << sua >> da un punto di vista e << non sua >> da un altro punto di vista?  Sua in quanto Dio, non sua in quanto uomo? Quando dice: Non è mia ma di Colui che mi ha mandato, ci fa risalire al Verbo. La dottrina del Padre e dunque è il Figlio unigenito. E che significa ancora questo: chi crede in me, non crede in me? come << in lui >>, come << non in lui >>? Come prendere un'espressione così contraddittoria e così paradossale: Colui che crede ime, non crede in me ma in Colui che mi ha mandato se non intendendo così: Colui che crede in me non crede in ciò che vede, affinché la nostra speranza non sia riposta nella creatura ma in chi assume la creatura per mostrarsi agli occhi degli uomini e così purificare i cuori di coloro che credono alla sua uguaglianza al Padre per contemplarlo? Perciò quando per volgere l'intenzione dei credenti verso il Padre dice: Egli non crede in me ma in Colui che mi ha mandato, non intese che lo si separasse dal Padre, cioè da colui che lo ha mandato, ma piuttosto che si credesse in lui allo stesso modo in cui si crede al Padre al quale egli è uguale. Altrove dice questo apertamente: Credete in Dio e credete in me, cioè come credete in Dio così credete anche in me, perché io e il Padre siamo un Dio  solo. Come dunque in questo passo distoglie in qualche modo da sé la fede degli uomini per volgerla al Padre, senza tuttavia separare assolutamente sé dal Padre, così anche dove dice: Non sta a me concederlo ma è per quelli per i quali è stato preparato dal Padre mio è chiaro, mi sembra, in che senso debbano essere accolte entrambe le affermazioni. Così anche quando dice: Io non giudicherò, mentre egli stesso verrà a giudicare i vivi e i morti. Ma perché ciò non sarà per l'autorità umana, perciò facendo appello alla deità eleva i cuori degli uomini per sollevare i quali è disceso.

 

 E' esatto dire:Dio crocifisso

   13, 28.  Tuttavia se un solo e medesimo soggetto no fosse insieme Figlio dell'uomo per la sua natura di servo da lui assunta e Figlio di Dio per la natura divina che gli è propria, l'Apostolo Paolo non direbbe dei principi di questo mondo: Se l'avessero conosciuto, mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Fu crocifisso infatti nella natura di servo e tuttavia fu crocifisso il Signore della gloria. Quell'assunzione infatti fu tale che Dio divenne uomo e l'uomo di Dio. Con l'aiuto di Dio poi il lettore prudente, attento e pio potrà discernere il perché e il come di quanto viene detto. Infatti noi abbiamo affermato, per esempio, che come Dio glorifica i suoi perché è signore della gloria, e tuttavia il Signore della gloria fu crocifisso; infatti è esatto parlare anche di Dio crocifisso, non per la sua divina potenza, ma per la debolezza della carne. Come diciamo che egli giudica in quanto Dio, cioè in forza del potere divino, non in forza dell'autorità umana, tuttavia è l'uomo stesso che giudicherà come fu crocifisso il Signore della gloria. Così egli infatti dice con tutta chiarezza: Quando verrà il Figlio dell'uomo nella sua gloria e tutti gli Angeli con lui, allora saranno radunate davanti a lui tutte le genti, e tutto ciò che in quel passo è annunciato circa il giudizio futuro sino all'ultima sentenza. Anche i Giudei, che in quel giudizio debbono venir puniti, perché si ostineranno nella malizia, come è scritto altrove: Guarderanno a colui che hanno trafitto. Poiché tanto i buoni che i cattivi dovranno vedere il giudice dei vivi e dei morti, i cattivi non lo potranno certamente vedere se non nella natura per la quale è Figlio dell'uomo, tuttavia nello splendore in cui giudicherà, non nell'umiliazione in cui fu giudicato. Del resto senza dubbio gli empi non vedranno la natura divina per la quale è uguale al Padre; infatti non sono puri di cuore ed è scritto: Beati i puri di cuore perché vedranno dio. E questa visione è a faccia a faccia; promessa come sommo premio ai giusti, essa sarà data quando il Signore consegnerà il regno a dio Padre; in questo egli vuole che si intenda anche la visione della sua natura, una volta sottomessa a dio ogni creatura, compresa quella stessa nella quale il Figlio di dio è divenuto uomo. Poiché secondo questa umanità anche il Figlio sarà allora sottomesso a colui che gli sottomise tutte le cose affinché Dio sia in tutto in tutti. D'altra parte se il Figlio di Dio giudice, quando sarà per giudicare apparisse anche ai malvagi nella natura in cui è uguale al Padre, quale sarebbe il vantaggio che egli promette a chi lo ama quando dice: Io dunque lo amerò e mostrerò me stesso a lui?  Perciò il Figlio di Dio giudicherà, ma non in forza dell'autorità umana, bensì in forza di quel potere che lo fa Figlio di Dio. D'altra parte il figlio di Dio giudicherà senza apparire in quella natura nella quale, come Dio, è uguale al Padre, ma mostrandosi in quella per cui è Figlio dell'uomo.

 

 In che senso il Figlio dell'uomo giudicherà e non giudicherà

   - 29.  Abbiamo visto così che si può affermare l'una e l'altra cosa: sia che il figlio dell'uomo giudicherà sia che non giudicherà; infatti il Figlio dell'uomo giudicherà, affinché si adempia l'affermazione: Quando verrà il Figlio dell'uomo, allora saranno radunate tutte le genti al suo cospetto, e non giudicherà affinché si compiano le altre: Io non giudicherò; e: Io non cerco la mia gloria, vi è colui che la cerca e che giudica. Anzi se consideriamo che nel giudizio apparirà non la natura divina ma la natura del Figlio dell'uomo, neppure il Padre giudicherà; in questo senso è stato detto: Il Padre non giudica nessuno ma ha affidato ogni giudizio al Figlio. C'è da decidere se questo si debba intendere nel senso dell'affermazione già esaminata: Così dette al Figlio di avere la vita in se stesso, per far intendere che così egli generò il Figlio, oppure secondo quest'altra in cui l'Apostolo dice: Ecco perché Dio lo esaltò e gli dette un nome che è sopra ogni altro nome. E qui si riferiva al Figlio dell'uomo, perché come tale il Figlio di Dio fu resuscitato dai morti. Egli è uguale al Padre nella natura divina, rispetto al quale si è esinanito assumendo la natura di servo; in questa stessa natura di servo opera e patisce e riceve ciò che l'Apostolo, continuando, afferma: Egli si umiliò, fatto obbediente fino alla morte, anzi alla morte di croce; per questo anche Dio lo esaltò e gli diede il nome che è sopra ogni altro nome, cosicché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle creature celesti, terrestri e sotterranee e ogni lingua confessi che il signore Gesù Cristo è nella gloria di dio Padre. Appare dunque ben chiaro da questo se il Signore ha detto: Ha affidato al figlio ogni giudizio, secondo il senso di quella prima o di quest'ultima espressione. Se l'avesse detto nello stesso senso in cui ha detto: Dette al Figlio di avere in se stesso la vita, non direbbe: Il padre non giudica alcuno. E' secondo la natura divina nella quale il Padre ha generato il Figlio uguale a sé che il Padre che il Padre giudica insieme al figlio. si dice dunque che il Padre non giudica per dire che nel giudizio non apparirà la natura di dio ma la natura del Figlio dell'uomo. Non che colui che ha affidato ogni giudizio al figlio non abbia a giudicare, dal momento che il Figlio dice di lui: Vi è colui che cerca la mia gloria e che giudicherà. Ma il Signore ha detto: Il Padre non giudica alcuno ma ha affidato ogni giudizio al figlio, come se avesse detto: << Nessuno vedrà il Padre nel giudizio dei vivi e dei morti, ma tutti vedranno il figlio >>, perché egli è anche figlio dell'uomo, affinché appunto anche i malvagi lo possano vedere, allorché vedranno colui che hanno trafitto.

 

 

     La dottrina cattolica sulla Trinità I,13

     S. Agostino

Solo Dio è buono

 - 31.  Nella visione in cui si mostrerà ai puri di cuore Dio è pieno di bontà, perché: Quanto è buono il Dio d'Israele verso i retti di cuore! Ma quando i cattivi lo vedranno come loro giudice non sembrerà loro buono, poiché non godranno di lui in fondo al loro cuore ma gemeranno su di sé tutte le genti della terra. Cioè tutti i cattivi e i non credenti. Per questo anche a chi lo aveva chiamato "Buon Maestro", chiedendogli consiglio per conseguire la vita eterna, Gesù rispose: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono? Nessuno è buono se non Dio solo. E tuttavia il Signore dice buono anche l'uomo : L'uomo buono estrae dal tesoro buono del suo cuore cose buone, il cattivo estrae dal cattivo tesoro del suo cuore cose cattive. Ma quello gli chiedeva della vita eterna e la vita eterna consiste in quella contemplazione nella quale Dio è visto non a nostra condanna, ma per la nostra eterna felicità; e non capiva l'interlocutore con chi stava parlando, poiché lo riteneva solo un Figlio dell'uomo. Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono, gli disse; cioè:" Perché interroghi questa natura che vedi riguardo a ciò che è buono? Perché da ciò che vedi mi chiami Buon Maestro? Questa natura è quella del Figlio dell'uomo, quella creatura che è stata assunta, che apparirà nel giudizio non solo ai buoni ma anche ai cattivi e la cui visione non si volgerà in bene per quelli che compiono il male. Ma vi è una visione della natura a me propria, quella in cui non ritenni rapina la mia uguaglianza con Dio, ma mi sono esinanito per assumere questa. E' dunque lui questo unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, che non apparirà che per il gaudio che non sarà mai tolto ai giusti; a questo gaudio futuro aspira colui che gemendo dice: Una sola cosa domandai al Signore e questa cercherò: di abitare nella sua casa tutti i giorni della mia vita per contemplare le delizie del Signore. E' l'unico Dio dunque che solo è buono perché nessuno lo vede affliggersi e lamentarsi, ma solo per la propria salvezza e felicità vera. Se tu dunque mi consideri dal punto di vista di quella natura, io sono buono; ma se mi consideri dal punto di vista di questa che vedi, perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono se tu sarai di quelli che vedranno colui che hanno trafitto? Questa visione sarà a loro infelicità perché sarà di castigo". I testi che ho citato sembrano provare che in questo senso il Signore ha detto: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono? Nessuno è buono se non dio solo. Infatti quella visione di Dio nella quale contempleremo la sostanza immutabile che occhi umani non possono vedere, visione che è promessa solo ai santi e che San Paolo chiama a faccia a faccia, di cui l'Apostolo Giovanni afferma: Saremo simili a Dio, perché lo vedremo come egli è, della quale ancora è detto: Una sola cosa domandai al Signore che io possa contemplare le sue delizie, e di cui il Signore stesso afferma: Io lo amerò e mostrerò me stesso a lui, questa sola visione per la quale si purificheranno i nostri cuori con la fede perché possiamo essere: Beati dal cuore puro perché vedranno Dio, la visione circa la quale altri testi sparsi in grandissima quantità nella Scrittura può trovare chi per cercarla tende gli occhi all'amore: essa sola è il nostro sommo bene per il cui raggiungimento ci è comandato di fare quanto facciamo di bene. Ma la visione, già preannunciata del Figlio dell'uomo, quando tutte le genti saranno radunate al suo cospetto e gli chiederanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato e assetato?,  e quel che segue, non sarà di gaudio per i cattivi che saranno gettati nel fuoco eterno né di sommo bene per i buoni  perché egli li invita inoltre al regno che è stato preparato loro fin dall'inizio del mondo. Se a quelli comanderà: andate nel fuoco eterno, dirà a questi: Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi. Come quelli andranno nel fuoco eterno, così i giusti entreranno nella vita eterna.  Ma che cos'è la vita eterna? Che conoscano te - egli dice - come l'unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo e lo conoscano beninteso in quella magnificenza della quale egli dice al Padre: quella che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Allora consegnerà il regno a Dio Padre, perché il servo buono e fedele entri nella gioia del suo Signore, e per nascondere coloro che Dio possiede nel segreto del suo volto, lontani dal turbamento degli uomini, di quelli cioè che nell'udire quella sentenza saranno agitati. Il giusto non temerà nell'udire quella condanna,  se fin d'ora nel tabernacolo, cioè nella fede della Chiesa cattolica, trova protezione di fronte agli attacchi delle malelingue, ossia di fronte ai calunniosi errori degli eretici. Ma se è possibile un'altra interpretazione delle parole del Signore: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono? Nessuno è buono se non Dio Solo, purché non si ritenga che la sostanza del Padre è migliore di quella del Figlio per la quale egli è il Verbo per mezzo del quale tutte le cose furono fatte, e purché non ci si allontani in nulla dalla retta dottrina, noi l'accetteremo serenamente e non solo quella, ma ogni altra che si potrà trovare. Perché avremo ragione degli eretici tanto più saldamente quanto più numerose si aprono le vie d'uscita per sfuggire ai loro inganni. In quanto agli argomenti che ancora dobbiamo prendere in considerazione, li affronteremo in un'altra parte della nostra ricerca.

 

 

 

 

     La dottrina cattolica sulla Trinità Libro II,3

     S. Agostino

Lo Spirito Santo non parla da sé, perché procede dal Padre

 3, 5.  Infatti anche dello Spirito Santo, sebbene di lui la Scrittura no abbia detto : Si esinanì assumendo la natura di servo, il Signore stesso ha affermato: Quando sarà venuto lo Spirito di verità, egli vi insegnerà tutta la verità, giacché non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà e vi annunzierà le cose che dovranno succedere. Egli mi glorificherà perché prenderà dal mio e ve lo annunzierà. Se dopo queste parole non avesse immediatamente aggiunto: Tutto ciò che ha il Padre è mio; perciò ho detto che prenderà dal mio e ve lo annunzierà, si potrebbe forse credere che lo Spirito Santo è nato da Cristo come questi dal Padre. Infatti di se stesso Cristo aveva detto : La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato; dello Spirito Santo dice: Giacché non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà; e poi: perché prenderà dal mio e ve lo annunzierà. Ma, poiché spiega l'affermazione prenderà dal mio ( dicendo: Tutto ciò che ha il Padre è mio, perciò ho detto che prenderà dal mio e ve lo annunzierà ), non resta se non intendere che anche lo Spirito Santo riceve dal Padre come il Figlio. E questo non può avvenire se non nel senso già sopra indicato: quando poi sarà venuto il Paraclito che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli renderà testimonianza di me? Per questo è detto che non parla da se, in quanto procede dal Padre. E come il Figlio non è inferiore al Padre, sebbene abbia detto: Il Figlio non può fare nulla da sé, se non quanto avrà visto fare dal Padre ( infatti non ha detto questo in quanto servo ma in quanto Dio, come abbiamo già dimostrato, e queste parole non indicano che egli è inferiore al Padre ma che ha origine da lui ), allo stesso modo non consegue che lo Spirito Santo sia inferiore al Padre, perché il figlio ha detto di lui: Infatti non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà. con queste parole il Figlio voleva significare che lo Spirito Santo procede dal Padre. Ma poiché il Figlio ha origine dal Padre e lo Spirito Santo procede dal Padre, perché  non li chiamiamo ambedue "figli" né li chiamiamo ambedue "generati" ma chiamiamo Figlio Unigenito solamente il primo, mentre chiamiamo l'altro Spirito Santo e non "figlio" o "generato", espressioni queste equivalenti? E' quello che spiegherò, se Dio lo concederà e nella misura in cui lo concederà.

 

Il figlio non è inferiore al Padre, perché questi lo glorifica

  4, 6. Ma a questo punto stiamo bene attenti, se lo possono, quanti hanno creduto di potersi valere, per dimostrare la superiorità del Padre sul Figlio, anche di queste parole del figlio: Padre, glorificami. Si badi bene che anche lo Spirito Santo lo glorifica. Allora anche lui è superiore al Figlio? Si osservi però che, se lo Spirito Santo glorifica il figlio in quanto riceverà dal Figlio, e riceverà dal Figlio perché tutto ciò che ha il Padre è del Figlio, appare chiaro che, quando lo Spirito Santo glorifica il Figlio, è il Padre che glorifica il Figlio.  Da questo si vede che tutto ciò che ha il Padre appartiene non solo al Figlio ma anche allo spirito Santo, perché lo Spirito Santo ha il potere di glorificare il Figlio che il Padre glorifica. Se colui che glorifica è superiore a chi da lui viene glorificato, si conceda almeno che sono uguali quelli che si glorificano vicendevolmente. Ora la Scrittura afferma che anche il Figlio glorifica il Padre: Io - afferma il Figlio - ti ho glorificato sopra la terra. ci si guardi bene dal considerare lo Spirito Santo superiore al Padre e al figlio perché glorifica il Figlio che il Padre glorifica, mentre non si afferma nella Scrittura che egli sia glorificato né dal Padre né dal figlio.

Il Figlio e lo Spirito Santo non sono inferiori al Padre, perché questi li manda

   5, 7.  Quelli però, così confutati, ricorrono a quest'altro argomento: << Chi manda è superiore a chi è mandato >>; perciò il Padre è superiore al Figlio, perché il Figlio afferma costantemente di essere mandato dal Padre; è anche superiore allo Spirito Santo, perché Gesù disse di lui: Colui che il Padre manderà in mio nome. Lo Spirito Santo da parte sua è inferiore al Padre e al figlio perché lo manda il Padre, come abbiamo detto, e lo manda anche il figlio, come testimonia la sua parola: Ma se me ne andrò, ve lo manderò. Circa questa questione chiedo anzitutto da dove sia stato mandato il Figlio e dove sia stato mandato. Io - egli ha detto - sono uscito dal Padre e sono venuto in questo mondo. Dunque uscire dal Padre e venire in questo mondo, questo significa essere mandato. Che cosa significa l'affermazione che fa su di lui lo stesso Evangelista: egli era nel mondo e il mondo per mezzo di lui è stato fatto e il mondo non l'ha conosciuto? E subito e subito aggiunge: è venuto nella sua proprietà. Certo egli è stato mandato là dove è venuto, ma se è stato mandato in questo mondo, perché è uscito dal Padre ed è venuto in questo mondo, ed era in questo mondo, allora è stato mandato là dov'era. D'altra parte quando il Profeta fa dire a Dio: Io riempio il cielo e la terra, se si riferisce al Figlio ( alcuni infatti vogliono che sia lui che ha parlato ai Profeti o per bocca dei Profeti), dove è stato mandato se non là dov'era? Infatti era dunque Colui che dice: riempio il cielo e la terra. Se l'affermazione riguarda invece il Padre, dove ha mai potuto essere il Padre senza il Verbo suo e senza la sua Sapienza che si estende con la potenza con potenza da un'estremità all'altra e tutto governa con bontà? Ma nemmeno poté essere in alcun luogo senza il suo Spirito. Perciò, se Dio è dovunque, dovunque è anche il suo Spirito. Dunque anche lo Spirito Santo è stato mandato là dov'era. E' per questo che colui che non trovava luogo per sfuggire dallo sguardo di Dio e dice: Se salirò nel cielo, là sei tu; se scenderò negli inferi, tu sei presente, volendo significare che Dio è presente ovunque, prima aveva nominato il suo Spirito dicendo: Dove me ne andrò lontano dal tuo Spirito? e dove fuggirò al tuo sguardo?

 

 

 

La missione del Figlio consiste nella sua incarnazione

 - 8.  Se dunque tanto il Figlio quanto lo Spirito Santo sono inviati là dov'erano, bisogna domandarsi di che genere sia tale missione del Figlio e dello Spirito Santo. Infatti solo del Padre non si dice in alcun luogo della Scrittura che sia stato mandato. Del Figlio così scrive l'Apostolo: Ma quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò suo Figlio, formato da donna, formato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge. Ha mandato - dice - il suo Figlio formato da donna. Quale cattolico ignora che con questa parola << donna>> l'Apostolo non ha voluto indicare la perdita della verginità ma, secondo il modo di esprimersi ebraico, la differenza di sesso? dicendo dunque: dio ha mandato il Figlio suo formato da donna, egli dimostra a sufficienza che la missione del Figlio è precisamente la nascita da donna. dunque in quanto nato da Dio era in questo mondo, in quanto invece è nato da Maria, è venuto come mandato in questo mondo. Tuttavia non ha potuto essere mandato dal Padre senza lo Spirito Santo, non solo perché il Padre quando lo mandò, ossia quando lo formò dal seno della donna, non lo formò affatto senza il concorso del suo Spirito, ma anche perché nel Vangelo, alla domanda della vergine Maria: Come avverrà questo? si trovano in risposta le seguenti parole assolutamente chiare ed evidenti: Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra, e Matteo dice: Si trovò incinta per virtù dello Spirito Santo. Ma presso il Profeta Isaia è proprio Cristo che si intende affermare della sua futura venuta: Ed ora il Signore Dio mi ha mandato, lui e il suo Spirito.

 

La missione dello Spirito Santo è un intervento manifestato visibilmente

  - 10. Se dunque si afferma che è stato mandato il Figlio in quanto si manifestò esteriormente in una creatura corporea, lui che interiormente nella sua natura spirituale è sempre nascosto agli occhi degli uomini, si comprende facilmente perché si parli pure di missione a proposito dello Spirito Santo. Una forma creata è stata prodotta nel tempo per manifestare visibilmente lo Spirito Santo, sia quando discese sul Signore stesso, sotto l'apparenza corporea di una colomba sia quando, trascorsi dieci giorni dall'ascensione di lui, nel giorno della Pentecoste improvvisamente venne dal cielo un suono come di vento che soffi impetuoso, ed apparvero ad essi delle lingue separate come di fuoco che si posò sopra ciascuno di loro. E' questa azione manifestatasi visibilmente ed offertasi agli occhi dei mortali che è stata chiamata missione dello Spirito Santo. Non si trattava d'una manifestazione della sua stessa sostanza per la quale anche lui è invisibile ed immutabile come il Padre ed il figlio, ma si trattava d'una manifestazione della sua stessa sostanza per la quale anche lui è invisibile ed immutabile come il Padre ed il Figlio, ma si trattava di toccare il cuore degli uomini con una dimostrazione esteriore per condurli dalla manifestazione temporale di colui che veniva alla misteriosa eternità di Colui che è sempre presente.

 

La creatura in cui lo Spirito Santo si è manifestato non è stata da lui assunta come la natura umana dal Figlio

  6, 11.  Tuttavia in nessun passo della Scrittura è affermato che Dio Padre è superiore allo Spirito Santo, o lo Spirito Santo inferiore a Dio Padre,  perché la creatura che servì allo Spirito Santo per apparire non fu da lui assunta, come la persona del Verbo di Dio assunse la natura umana per presentarsi in forma di uomo. Quell'uomo non era in possesso del Verbo di Dio alla pari di altri uomini dotati di santità e di sapienza, bensì al di sopra di essi, non certo nel senso che avesse in misura più larga il Verbo di Dio in modo da eccellere su di essi per sapienza, ma nel senso che era lo stesso Verbo. Una cosa infatti è il Verbo nella carne, ed altra cosa il Verbo fatto carne. Cioè una cosa è il Verbo nell'uomo, un'altra il Verbo uomo.[3]  Infatti carne è sinonimo di "uomo" nell'affermazione: Il Verbo si è fatto carne, come nell'altra. E vedrà ogni carne ugualmente la salvezza di Dio. Non si tratta di carne senza anima o senza spirito, ma ogni carne significa "ogni uomo". Perciò la creatura in cui si doveva manifestare lo Spirito Santo non è stata assunta come è stata assunta quella carne umana e quella creatura umana della vergine Maria. Infatti lo Spirito Santo non ha beatificato quella colomba o quel vento o quel fuoco, né li unì a sé ed alla propria persona in un medesimo stato per sempre. Altrimenti sarebbe variabile e convertibile la natura dello Spirito Santo, se quei fenomeni non si fossero compiuti per cambiamento delle creature, ma lo stesso Spirito Santo si fosse in maniera mutevole cambiato in una cosa ed in un'altra, come si muta l'acqua in ghiaccio. quelle creature invece apparvero quando era opportuno che apparissero,  perché la creatura serve al Creatore, e si è mutata e trasformata, secondo la volontà di Colui che resta immutabile in se stesso, per significarlo e rivelarlo come era necessario significarlo e rivelarlo ai mortali. Pertanto, sebbene la Scrittura chiami quella colomba Spirito e di quel fuoco dica: E apparvero distinte l'una dall'altra delle lingue che parevano di fuoco, che si posò sopra ciascuno di loro, e cominciarono a parlare in varie lingue, secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi, per indicare che lo Spirito era stato manifestato attraverso quel fuoco come attraverso la colomba, tuttavia non possiamo dire che lo Spirito Santo è Dio e uomo. Nemmeno possiamo dirlo alla stessa maniera che diciamo che il Figlio è l'Agnello di Dio, sia con Giovanni Battista che dice: Ecco l'Agnello di Dio, sia con Giovanni Evangelista, quando nell'Apocalisse vede l'Agnello ucciso, poiché questa visione profetica non è stata offerta agli occhi corporei attraverso forme corporee, ma si è manifestata nello spirito attraverso immagini spirituali dei corpi. Invece, tutti coloro che li videro, hanno visto quella colomba e quel fuoco con gli occhi. veramente si può discutere, circa il fuoco, ( a causa della costruzione della frase) se si tratti di una visione corporea o spirituale. Il testo non dice infatti: << videro dividersi delle lingue di fuoco >> ma: Apparvero delle lingue di fuoco. Ora no siamo soliti dire " mi è apparso" allo stesso modo in cui diciamo << ho visto>> invece per le cose che  cadono materialmente sotto i nostri occhi non diciamo "mi è apparso" ma << ho visto>>.  Circa quel fuoco si può dunque chiedersi come sia stato visto, se attraverso una visione interna spirituale ma in maniera che apparisse in modo veramente esterno, oppure in modo realmente oggettivo con gli occhi della carne. Per quanto riguarda quella colomba della quale è stato detto che è discesa corporalmente, nessuno ha mai dubitato che non la sia vista con gli occhi. Non possiamo nemmeno dire che lo Spirito Santo è colomba e fuoco, come diciamo che il Figlio è pietra ( infatti la Scrittura dice: e la roccia era Cristo). Perché quella pietra esisteva già in natura e fu chiamata Cristo in funzione di simbolo per un novo intervento divino. Come la pietra sulla quale Giacobbe posò la testa e che poi egli assunse anche con l'unzione a figura del Signore. Così era il Cristo Isacco in atto di portare la legna per il sacrificio di se stesso. A queste cose già esistenti venne ad aggiungersi una destinazione simbolica; non comparvero invece istantaneamente, come quella colomba e quel fuoco, solo per essere simboli. La colomba ed il fuoco mi sembrano più simili a quella fiamma che apparve a Mosè nel roveto, a quella colonna che il popolo seguiva nel deserto, ed alle folgori ed ai tuoni che si verificarono quando La Legge fu data sul monte. Infatti quei fenomeni sensibili esistessero solo per significare qualcosa e subito scomparire.

 

 

 

 

 

 

[3]  Qui Agostino ribadisce la differenza tra l'unione ipostatica e la presenza del Verbo nell'anima dei giusti, differenza che non sempre era stata sufficientemente sottolineata. Nelle Confessioni, il momento in cui Agostino comprende chiaramente questa differenza, messa in rilievo, d'allora in poi sempre.

 
Il Padre non è mandato

 

  7, 12.  E' dunque per queste forme corporee che esistettero momentaneamente per significarlo e rivelarlo ai sensi degli uomini, secondo i loro bisogni, che si parlava anche di missione dello Spirito Santo. tuttavia non fu detto inferiore al Padre, come il Figlio per la natura di servo, perché quella natura di servo è stata assunta in unità di persona, invece quei fenomeni sensibili apparvero temporaneamente per far conoscere ciò che era necessario e poi cessare di esistere. Perché  dunque non si dice che anche il Padre è stato mandato attraverso quei fenomeni sensibili: La fiamma del roveto, la colonna di nube e di fuoco, i fulmini sul monte ed altri che forse apparvero quando, secondo la Scrittura, ha parlato ai Patriarchi, se attraverso quelle forme create e quei fenomeni sensibili che si offrirono agli sguardi umani lui stesso veniva manifestato?  Se invece attraverso di essi si manifestava il Figlio, perché si parla della sua missione tanto tempo dopo e cioè quando nacque da donna come  L'Apostolo: Quando venne la pienezza dei tempi Dio mandò il Figlio suo formato da donna, se veniva mandato anche prima, quando si manifestava ai Patriarchi attraverso quelle effimere forme create? E non si può dire con esattezza che sia stato mandato se non in quanto il Verbo si è fatto carne, come si può dire che lo Spirito Santo è stato mandato, se egli non si è mai incarnato? Se attraverso quei fenomeni visibili che vengono celebrati nella Legge e nei Profeti, non il Padre né il figlio ma lo Spirito Santo si rivelava, perché anche di lui si dice che è stato mandato ora, quando veniva mandato già prima in quelle maniere?

 

Tre problemi

  - 13.  In questa questione così difficile il primo problema da risolvere, con l'aiuto del Signore, è de attraverso quei fenomeni creati si sia manifestato il Padre o il figlio oppure lo Spirito Santo; se talvolta il Padre, talvolta il Figlio, talvolta lo Spirito Santo; ovvero, senza alcuna distinzione di Persone ma in quanto Dio uno ed unico, la trinità stessa si sia manifestata. In secondo luogo, qualunque sia la soluzione raggiunta o il punto di vista accolto, occorre chiedersi se siano stati creati degli esseri solo perché si manifestasse Dio agli sguardi umani, come lo credeva necessario in quel momento, oppure se venivano inviati gli Angeli, che già esistevano, perché parlassero in nome di Dio prendendo forma corporea dalla natura sensibile per assolvere il compito particolare affidato a ciascuno, ovvero mutando e trasformando, in forza del potere ad essi concesso dal Creatore, il loro stesso corpo ( infatti non ne subiscono le leggi ma le dominano secondo il loro volere), in forme che ritenessero appropriate e adatte ai loro compiti.[4]. Infine vedremo ciò che avevamo deciso di indagare, se il Figlio e lo Spirito Santo fossero mandati anche prima e, se lo erano, che differenza ci sia tra quella missione e quella di cui parla il Vangelo; ovvero se nessuno di loro sia stato mandato se non quando o il Figlio nacque da Maria vergine, o lo Spirito Santo apparve in forma visibile sia nella colomba sia nelle lingue di fuoco.

 

Primo problema: se una sola persona o tutta la Trinità, che è invisibile, è apparsa nell'Antico Testamento

  8, 14.  Lasciamo dunque da parte coloro che in materia grossolana hanno immaginato la natura del Verbo e la Sapienza (che, rimanendo identica in se stessa, rinnova tutte le cose, e che noi chiamiamo Figlio unico di Dio) come un essere mutevole, anzi addirittura visibile. Costoro si sono accostati all'indagine, in verità più pretenziosa che religiosa, delle cose divine, con uno spirito veramente troppo grossolano. Infatti l'anima stessa, in quanto sostanza spirituale, pur essendo inoltre creata e non avendo potuto essere creata per mezzo di Colui per mezzo del quale sono state create tutte le cose e senza del quale nulla è stato fatto, sebbene sia mutevole, tuttavia non è visibile, essi invece hanno ritenuto visibile il Verbo stesso e la stessa Sapienza divina, per mezzo della quale sono state fatte tutte le cose, mentre la Sapienza non è soltanto invisibile come lo è anche l'anima ma anche immutabile, mentre l'anima non lo è; è questa sua immutabilità che ci è stata ricordata nell'affermazione della Scrittura: Rimanendo in se stessa, rinnova ogni cosa. E costoro, come sforzandosi di sostenere il loro errore traballante con le testimonianze delle Divine Scritture, si servono delle affermazioni dell'Apostolo Paolo e quando viene affermato dell'unico e solo Dio, in cui riconosciamo la Trinità stessa, lo interpretano come affermato soltanto del Padre, non anche del Figlio e dello Spirito Santo. L'Apostolo afferma: Al re dei secoli immortale, invisibile. unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Egli dice anche: Beato e solo potente, re dei re e dominatore dei dominanti, il solo che possiede l'immortalità ed abita una luce inaccessibile che nessun uomo ha mai veduto né può vedere. Ci pare di esserci già sufficientemente intrattenuti sul modo in cui vanno interpretate tali affermazioni.

 

Confutazione di coloro che credevano solo il Padre immortale ed invisibile

 

  9, 15.  Coloro che vogliono che queste parole vadano intese come dette non del Figlio né dello Spirito Santo ma soltanto del Padre, affermano che il Figlio è visibile non per la carne assunta dalla Vergine ma già prima, per se stesso. Infatti affermano: << Egli è apparso agli occhi dei Patriarchi >>. Fate loro questa obiezione: << Se il Figlio è visibile per se stesso è anche mortale per se stesso, e questo perché possiate essere coerenti con voi stessi, dato che volete intendere come dette solo del Padre le parole: Colui che solo ha l'immortalità; infatti se il Figlio è mortale soltanto dopo l'incarnazione, ammettete che il Figlio non sia ugualmente visibile che per l'incarnazione >>. Essi vi rispondono che secondo la loro opinione il Figlio non è mortale per l'incarnazione ma che era mortale, come era visibile, già prima dell'incarnazione. Infatti se si ammette che il Figlio è mortale solo per l'incarnazione, allora non è soltanto il Padre, con l'esclusione del Figlio, ad avere l'immortalità, perché anche il Verbo di lui, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, ha l'immortalità. D'altra parte il Figlio, assumendo la carne mortale, non ha per questo perduto la sua immortalità, dato che nemmeno all'anima umana accade di morire con il corpo, secondo la testimonianza del Signore stesso: Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima. Ovvero anche lo Spirito Santo avrebbe dovuto incarnarsi. Ecco ciò che metterà in imbarazzo i nostri contraddittori se il Figlio è mortale per l'incarnazione: Spiegare come il Padre soltanto abbia l'immortalità con l'esclusione del Figlio e dello Spirito Santo. Ma lo Spirito Santo non si è incarnato. Allora nel caso che lo Spirito Santo, sebbene non sia incarnato, sia tuttavia mortale, è chiaro che nemmeno il Figlio è mortale per l'incarnazione; se invece lo Spirito Santo è immortale, allora l'affermazione: Egli solo ha l'immortalità, non va intesa solo al Padre. L'argomento con il quale costoro credono di poter dimostrare che il Figlio era per se stesso mortale anche prima dell'incarnazione è tutto qui: Si può chiamare giustamente mortalità la stessa mutabilità. In tal senso si dice che muore anche l'anima, non perché essa si cambi in un corpo o in un'altra sostanza ma perché ogni cosa che adesso si trova ad esistere diversamente da prima, pur conservando la propria sostanza, si rivela mortale nella misura in cui ha cessato di essere ciò che era prima. << Ebbene, dicono, poiché il Figlio di Dio prima di nascere dalla vergine Maria è apparso, proprio lui in persona, ai Padri nostri, non sempre sotto un'unica e identica forma, ma in diverse forme ora in un modo ora in un altro, egli è sia visibile per se stesso, perché, non essendosi ancora incarnato, si è manifestato nella sua sostanza immortale, sia mortale in quanto soggetto a mutamento. Così pure lo Spirito Santo che apparve una volta sotto forma di colomba, altra volta sotto forma di fuoco. >>. << Perciò, essi concludono, non concerne la Trinità ma singolarmente e propriamente il Padre l'affermazione: All'immortale, all'invisibile, all'unico Dio; e l'altra: Colui che solo ha l'immortalità ed abita in una luce inaccessibile, Colui che nessun uomo vide mai, né può vedere >>.

 

[4] Qui e altrove Agostino parla del corpo degli Angeli secondo un'opinione diffusa tra i Padri.

 

 

La verità si deve cercare con zelo pacifico

 

  - 16.  Ma lasciamo dunque da parte costoro che, incapaci di farsi un'idea della natura invisibile dell'anima, erano ben lungi dal riconoscere che la sostanza di Dio solo ed unico, ossia del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, non solo rimane invisibile ma anche immutabile e perciò fissa una vera ed autentica immortalità. In quanto a noi che affermiamo che mai Dio, Padre, Figlio, Spirito Santo è apparso agli occhi degli uomini se non per mezzo di una creatura materiale sottomessa alla sua potenza, con impegno pacifico e nella pace cattolica sforziamoci di indagare, pronti a tener conto di ogni critica fratena e giusta e perfino degli attacchi di un nemico, nel caso che abbia ragione, se, prima che Cristo si incarnasse, sia apparso ai nostri Padri Dio nella sua invisibile unità o una delle Persone della Trinità ovvero ciascuna di esse, quasi avvicendandosi.




          La Trinità II, 9-10; 15 - 16 - 17;


  Era una persona della Trinità, o tutta la Trinità che parlava con Adamo?


   10, 17.  Incominciamo con il colloquio raccontato nel Genesi tre Dio e l'uomo, che Dio stesso aveva formato dal fango. Se lasciamo da parte il senso figurativo per attenerci letteralmente all'autorità storica dell'episodio, sembra che Dio abbia parlato sotto forma umana con l'uomo. Questo non è detto in maniera nel testo ma il contesto della narrazione lo lascia intendere, soprattutto per questo particolare del racconto: Adamo udì la voce di Dio che passeggiava di sera in Paradiso e si nascose in mezzo al giardino che era nel Paradiso e a Dio che gli chiedeva: Adamo, dove sei?, rispose: Ho udito la tua voce e mi sono nascosto da te, perché sono nudo. Non vedo come si possa intendere alla lettera tale passeggiata di Dio e questa conversazione, se Dio non appare in forma umana. Infatti non si può dire che si tratti soltanto di un fenomeno uditivo prodotto da Dio, perché si afferma che Dio ha passeggiato, né si può asserire di colui che camminava in quel luogo non fosse visibile, dato che Adamo stesso dice di essersi nascosto dallo sguardo di Dio. Chi era dunque colui che passeggiava: era il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo? Ovvero era semplicemente il Dio Trinità senza distinzione di Persone che parlava all'uomo sotto forma umana? In verità la sintassi del racconto biblico non sembra mai passare da un soggetto ad un altro e sembra che a rivolgersi al primo uomo sia proprio Colui che diceva: sia la luce, e: Ci sia il firmamento, e le altre espressioni durante i giorni della creazione. Ora si è soliti ammettere che fu Dio Padre che comandò che esistesse tutto ciò che volle fare. Infatti egli fece tutte le cose per mezzo del suo Verbo, quel Verbo che noi riconosciamo come unico suo Figlio, secondo la norma ortodossa della fede. Se fu dunque Dio Padre che parlò al rimo uomo, lui che passeggiava alla sera del Paradiso, se da lui fuggiva Adamo peccatore inoltrandosi nel giardino, perché non si può intendere che fu ancora lui che apparve ad Adamo e a Mosè e a tutti coloro cui volle apparire nel modo in cui gli piacque, servendosi di una creatura mutevole e visibile a lui docile, pur rimanendo in se stesso e nella sua sostanza per la quale è immutabile e invisibile? Ma può darsi che la Scrittura sia passata, senza farlo rilevare esplicitamente, da un soggetto ad un altro e che, mentre ha narrato che fu il Padre a dire: Sia la luce e tutto ciò che il Genesi dice che il Padre che il Padre ha fatto per mezzo del Verbo, già indicasse ora che è il Figlio a parlare al primo uomo, senza dirlo chiaramente, ma lasciandolo intendere a coloro che lo possono capire.


 

 Si tratta di un problema difficile da risolvere

  - 18.  Chi dunque possiede la forza di penetrare con l'acume dello spirito questo enigma, così che chiaramente comprenda che anche il Padre, ovvero solo il Figlio e lo Spirito Santo possano manifestarsi agli occhi degli uomini per mezzo delle creature visibili, continui nelle sue riflessioni e, se può, ne prepari l'esposizione e l'analisi. Tuttavia la cosa, per quanto riguarda questo passo della Scrittura in cui è detto che Dio ha parlato all'uomo, mi pare misteriosa. tanto più che non apparve con chiarezza se Adamo fosse solito vedere Dio con gli occhi corporei, dato che è una grossa questione, particolarmente, il sapere quali occhi  si aprirono ad Adamo ed Eva quand'ebbero gustato il frutto proibito; questi occhi infatti, prima che essi gustassero il frutto, erano chiusi. Non mi pare di dire cosa troppo azzardata se affermo soltanto che Dio non ha potuto camminare in altro modo che sotto forma corporea, se la Scrittura rappresenta il Paradiso come un luogo terrestre. Certo è possibile dire che Adamo udisse il suono delle parole senza vedere alcuna forma sensibile, perché dal fatto che la Scrittura affermi che Adamo si nascose dal suo sguardo, non si deve necessariamente concludere che Adamo vedesse abitualmente Dio. E se intendessimo non che Adamo potesse vedere Dio, ma che temeva di essere visto da lui, perché ne aveva sentito la voce e i passi? Infatti anche Caino disse a Dio: Mi nasconderò al tuo cospetto, e tuttavia noi non siamo costretti a pensare che egli vedesse abitualmente Dio con gli occhi corporei, sotto una forma visibile, sebbene sentisse la sua voce che lo interrogava circa il suo delitto e parlava con lui. E' difficile sapere quale specie di linguaggio Dio usasse allora per farsi sentire agli occhi sensibili degli uomini, specialmente quando parlava col primo uomo; ed è una questione che non intendiamo esaminare in quest'opera. Tuttavia se non c'erano che voci e suoni per cui una certa presenza sensibile di Dio era offerta ai primi uomini, non vedo perché non dovrei riconoscervi la persona di Dio Padre, tanto più che è lui che si è manifestato nella voce udita quando Gesù sul monte, alla presenza dei tre discepoli si trasfigurò, in quella quando la colomba discese su di lui appena battezzato, e nella risposta che ricevette quando pregò il Padre di glorificarlo: Io l'ho glorificato e lo glorificherò ancora. Non che la voce abbia potuto echeggiare senza l'intervento del Figlio e dello Spirito Santo, perché la Trinità è indivisibile nel suo operare, ma quella voce è echeggiata per manifestare la persona del Padre soltanto, come la natura umana tratta dal seno della vergine Maria è opera della Trinità, ma unita personalmente al Figlio soltanto; infatti la Trinità invisibile ha prodotto il personaggio visibile del Figlio soltanto. E nulla ci impedisce di riconoscere, in quelle voci udite da Adamo, non solo l'opera della Trinità, ma anche di intenderle come manifestazione della medesima Trinità.  Siamo infatti obbligati ad attribuire solo al Padre l'espressione: Questo è il mio Figlio diletto.  Né la fede né la ragione ci permettono di considerare Gesù come figlio dello Spirito Santo, né Figlio in rapporto a se stesso. E quando si udì l'espressione: L'ho glorificato e ancora lo glorificherò, noi non vi riconosciamo che la persona del Padre. E' infatti la risposta a quell'invocazione del Signore: Padre, glorifica il tuo Figlio, preghiera che non poté rivolgere che a Dio Padre, in nessun modo allo Spirito Santo del quale non è figlio. Ma qui, dove si afferma: Ed il Signore Dio disse ad Adamo, non si può dire per quale motivo non possa trattarsi della Trinità medesima.

 

 Mosè non vide Dio nella sua essenza

  16, 27.  Ordinariamente i più rimangono perplessi anche di fronte a queste parole: E il Signore parlò a Mosè a faccia a faccia come uno parla al suo amico. Tuttavia poco dopo la stesso Mosè dice: Or dunque, se ho trovato grazia agli occhi tuoi, mostrati a me chiaramente, affinché ti veda e trovi grazia agli occhi tuoi e sappia che questo popolo è veramente il tuo popolo. E poco dopo ancora: E disse Mosè al Signore: Fammi vedere la tua maestà. Com'è che si riteneva da alcuni che nelle apparizioni di cui si è detto prima fosse Dio a farsi vedere nella sua sostanza, tanto che qualche incompetente  ha considerato il Figlio di Dio visibile in se stesso e non attraverso le creature e si riteneva che Mosè fosse entrato in mezzo alla caligine, nel senso che gli occhi del popolo si presentava una cortina di nubi mentre dentro le nubi egli contemplava la faccia di Dio e ascoltava le sue parole? Ed in che senso è detto: Il Signore parlò a Mosè a faccia a faccia come chi parla al suo amico?  Ecco, lo stesso Mosè dice: Se ho trovato grazia al tuo cospetto, mostrati a me chiaramente. Evidentemente Mosè si rendeva ben conto di quello che gli appariva in modo materiale e domandava la vera visione di Dio in modo spirituale. Quella conversazione che si manifestava attraverso le voci, evidentemente era modulata come quella di un amico che parla ad un amico. Ma Dio Padre chi lo vede con gli occhi corporei? Il Verbo, che era al principio ed era Dio e per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, chi lo vede con gli occhi corporei? Che significa poi: Mostrati a me chiaramente, se non: << Mostra a me la tua sostanza >>? Se Mosè non avesse fatto questa domanda, si sarebbe certo obbligati a sopportare gli sciocchi che ritengono che, attraverso i fatti e le parole sopra raccontati, fosse apparsa visibile la sostanza di Dio agli occhi di Mosè, mentre ci è rivelato in modo evidentissimo che Mosè non poté ottenere tale visione sebbene ne avesse manifestato il desiderio. Chi oserà dunque affermare che attraverso tali fenomeni, simili a quelli che apparvero in forma visibile anche a Mosè, sia apparso il vero essere di Dio agli occhi di qualche mortale e non invece una creatura docile al volere di Dio?

 

  - 28.  Ed ecco ancora ciò che il Signore dice a Mosè nel seguito del testo: Non potrai vedere la mia faccia e vivere, perché nessun uomo può vedere la mia faccia e vivere. Poi disse: Ecco qui un luogo vicino a me; mettiti su quella roccia, mentre passerà la mia maestà, Io ti porrò al sommo della roccia, e ti coprirò con la mia mano finché io non sia passato. Poi ritirerò la mano e vedrai il mio dorso, ma la mia faccia non ti apparirà.

 

Il dorso di Dio significa la carne di Cristo

  17.  Non senza ragione abitualmente s'intende il dorso di Dio come un'immagine del  Signore nostro Gesù Cristo nel senso della carene secondo la quale nacque dalla Vergine, morì, risorse. Dorso di Dio può dirsi la carne di Cristo perché la mortalità è molto inferiore alla divinità, oppure perché egli si è degnato assumerla posteriormente, quasi alla fine del mondo; mentre la sua faccia significa quella natura divina nella quale non considerò una rapina la sua somiglianza con Dio Padre, natura che nessuno può vedere senza morire, oppure perché dopo questa vita, nella quale siamo pellegrini lontani dal Signore e dove il corpo corruttibile pesa sull'anima, vedremo Cristo a faccia a faccia, come dice l'Apostolo; di questa vita un Salmo dice: Sì, tutta parvenza è ogni uomo che vive; ed un altro: perché nessun vivente può giustificarsi davanti a te. In questa vita, come afferma Giovanni, non è ancora mostrato quello che saremo. Sappiamo - dice - che quando ciò sarà manifesto saremo simili a lui perché lo vedremo quale egli è, intendendo evidentemente ciò fosse riferito all'aldilà, dopo questa vita, quando avremo pagato il debito della morte e ricevuto la promessa della risurrezione. Oppure, perché anche  adesso nella misura in cui conosciamo spiritualmente la Sapienza di Dio per mezzo della quale sono state fatte tutte le cose nella stessa misura noi moriamo agli affetti carnali cosicché consideriamo questo mondo come morto a noi, anche noi moriamo a questo mondo come morto a noi, anche noi moriamo a questo mondo e diciamo con l'Apostolo: Il mondo per me è crocifisso ed io per il mondo. Infatti di questa morte l'Apostolo dice anche: Se dunque siete morti con Cristo, perché, come viventi nel mondo, vi lasciate imporre i precetti?. Non è dunque senza motivo che nessuno potrà, senza morire, vedere la faccia, cioè la stessa manifestazione della Sapienza di Dio. Essa è infatti quello splendore verso cui sospira, per contemplarlo, ogni uomo che desidera amare Dio con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima, con tutto il suo spirito. Per fargli raggiungere tale contemplazione chi ama il suo prossimo come se stesso edifica quanto più può anche il suo prossimo; da questi due precetti dipende tutta la Legge e i Profeti. questa idea esprime anche lo stesso Mosè che, dopo aver detto, spinto dall'amore di Dio che più di tutto lo bruciava: Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mostrati a me chiaramente perché trovi grazia al tuo cospetto, subito per amore anche del prossimo aggiunse: E perché sappia che questo popolo è il tuo popolo. Essa è dunque la bellezza il cui desiderio rapisce ogni anima razionale, anima tanto più ardente quanto più pura, tanto più pura quanto più si eleva elle realtà spirituali, quanto più muore alle realtà carnali.  Ma fino a che siamo pellegrini lontano dal Signore e camminiamo per fede e non per visione, è il dorso di Cristo, cioè la sua carne, che dobbiamo guardare per mezzo della stessa fede, ossia fermi sul solido fondamento della fede che la pietra simboleggia: essa dobbiamo contemplare da tale osservatorio perfettamente sicuro, cioè all'interno della Chiesa cattolica,  della quale è stato detto: E sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa. Infatti con tanta maggiore certezza amiamo la faccia di Cristo, che desideriamo vedere, quanto più scopriamo nel suo << dorso >> la grandezza dell'amore con cui Cristo per primo ci ha amati.

 

 La fede nella risurrezione di Cristo ci salva

  - 29.  Tuttavia è la fede della sua risurrezione in quella stessa carne che salva e giustifica: Se infatti - dice - l'Apostolo - credi in cuor tuo che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai slavo. Il quale - dice ancora l'Apostolo - fu consegnato per i peccati nostri e fu risuscitato per la nostra giustificazione. Dunque è la risurrezione del corpo del Signore che è il merito della nostra fede. Che il suo corpo sia morto sulla croce della passione, anche i suoi nemici l'hanno creduto, ma non credono che sia risorto. Ciò credendo con assoluta certezza, noi lo contempliamo, per così dire da una pietra incrollabile: è per questo che noi attendiamo con confidenza speranza l'adozione, il riscatto del nostro corpo. perciò speriamo di vedere nelle membra di Cristo ( e queste membra siamo noi ) ciò che l'ortodossia della fede ci rivela realizzato in lui, come nel nostro capo. Da quella pietra non vuole essere visto se non nel suo << dorso >> dopo che è passato : vuole che noi crediamo nella sua risurrezione. Pasqua infatti è un termine ebraico che significa passaggio. Per questo Giovanni Evangelista afferma: Ma prima della festa si Pasqua, sapendo Gesù che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre.

 

Solo nella Chiesa cattolica vede il dorso di Dio chi crede nella sua risurrezione

 - 30. Quelli che credono questo ma al di fuori della Chiesa cattolica, in qualche scisma o eresia, non vedono il << dorso >> del Signore dal luogo posto vicino a lui. Che significa infatti l'espressione del Signore: Ecco un posto vicino a me e tu starai sulla pietra? Quale luogo sulla terra è vicino al Signore, se essere vicini a lui non è attingerlo spiritualmente? Infatti quale luogo non è vicino al Signore, che estende la sua potenza da un'estremità all'altra del mondo, e tutto amministra con bontà, di cui è  stato detto che il cielo è il suo trono e la terra lo sgabello dei suoi piedi;  che disse: Qual è la casa che mi costruirete? Dov'è il luogo del mio riposo? Forse che tutte queste cose non sono state fatte dalla mia mano? Ma certamente il posto vicino a lui, in cui si sta sulla pietra, è la Chiesa cattolica stessa, nella quale vede con profitto la Pasqua, ossia il passaggio del Signore, e il suo << dorso >>, cioè il suo corpo, chi crede nella risurrezione. E' detto: Mettiti sulla roccia, mentre passerà la mia maestà. Certo, perché appena è passata la maestà del Signore nella glorificazione di Gesù Cristo che risorge e ascende al Padre, noi siamo stati consolidati sulla pietra. E Pietro stesso è stato consolidato allora in modo da poter predicare con coraggio colui che prima di essere stato consolidato aveva negato tre volte per timore. Pietro senza dubbio per predestinazione era stato posto al sommo della roccia ma il Signore lo copriva ancora con la mano perché non vedesse. Pietro avrebbe visto più tardi il dorso di Cristo; ma questi non era ancora passato, passato s'intende dalla morte alla vita, non era stato ancora glorificato con la risurrezione.
 
La fede dei Giudei in Cristo risuscitato
 - 31. Più avanti, nell'Esodo, la Scrittura dice: ti coprirò con la mano finché io non sia passato. Poi ritirerò la mia mano e vedrai il mio dorso. Ora molti Israeliti, che in quel momento Mosè prefigurava, dopo la risurrezione del Signore, credettero il lui, come se già ne vedessero il << dorso >> e non avessero più la sua mano sui loro occhi. Perciò l'Evangelista ricorda questa profezia di Isaia: Rendi ottuso il cuore di questo popolo e ottura le sue orecchie e i suoi occhi acceca. Infine non è assurdo intendere che si parli di loro nel Salmo: Poiché di giorno e di notte si è appesantita su di me la tua mano; di giorno, cioè quando forse faceva i miracoli evidenti e tuttavia non era riconosciuto da essi; di notte, invece, quando egli moriva nella sua passione ed essi erano certi della sua morte e della sua scomparsa come di quelle di qualsiasi altro uomo. M quando fu passato in modo che non potessero vederne che il << dorso >>, per la predicazione loro rivolta dall'Apostolo Pietro sulla necessità che Cristo patisse e risorgesse, furono compenetrati dal dolore e dal pentimento. Cosicché si realizzò in loro, dopo che furono battezzati, quant'è scritto all'inizio del Salmo citato: Beati coloro ai quali sono state rimesse le iniquità e sono stati cancellati i peccati. Per questo il Salmo aveva detto: La tua mano si è appesantita si di me, come se il Signore passasse per togliere subito la sua mano e lasciar vedere il suo << dorso >>; ma a questo segue la voce di uno che è addolorato e che si accusa, che riceve la fede nella risurrezione del Signore la remissione dei peccati: Giacqui in uno stato di tribolazione, mentre sempre più si conficcava la spina. Ho riconosciuto il mio peccato e non ho nascosto la mia iniquità. Ho detto: Voglio confessare contro di me le mie colpe al Signore e tu hai perdonato le iniquità del mio cuore. Non dobbiamo infatti avvolgere tanto dalla caligine della carne da credere che la faccia del Signore sia invisibile ma che sia visibile il suo dorso, dato che nella forma di servo apparve visibile sotto entrambi gli aspetti. Ma ci si guardi bene dal pensare alcunché di simile in riferimento alla natura divina; sia lungi da noi il pensare che il Verbo di Dio e la Sapienza divina abbia da una parte la faccia e dall'altra il dorso come il corpo umano, o il pensare che in qualsiasi maniera muti d'aspetto o di posto nello spazio o nel tempo.
 
E' temerario affermare che il Padre non sia mai apparso ai Padri in forma visibile
 - 32. Perciò, se in quelle conversazioni che avvenivano al momento dell' Esodo o in tutte quelle manifestazioni corporee si mostrava il Signore Gesù Cristo, ovvero talora Cristo, come induce a pensare l'analisi di questo passo, talaltra lo Spirito Santo, come ci ricordano le osservazioni fatte precedentemente, non ne consegue che Dio Padre non si sia mai manifestato in quei fenomeni. In quei tempi infatti molte apparizioni di questo genere avvennero senza che in esse fossero nominati o designati o il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo, ma furono accompagnate da indicazioni abbastanza chiare, grazie a numerosi indizi, da farci apparire troppo temerario affermare che Dio Padre non si sia mai manifestato ai Patriarchi o ai Profeti sotto forme visibili. Questa opinione è nata da coloro che si sono mostrati incapaci di riconoscere l'unità della Trinità in quelle parole: Al re immortale dei secoli, all'invisibile e unico Dio; e: Colui che nessuno uomo vide mai, né può vedere. Questo la vera  fede lo intende come detto della stessa sostanza altissima, supremamente divina e immutabile, nella quale un solo e medesimo Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo. Mentre quelle apparizioni si sono realizzate per mezzo della creatura mutevole che obbedisce al Dio immutabile ed hanno manifestato Dio non esattamente com'è ma attraverso dei segni, come richiedevano le circostanze e i momenti.
 
 
 
                                                                Trinità II, 18
La visione di Daniele
  18, 33.  Tuttavia non so proprio come questa brava gente spieghi l'apparizione a Daniele dell'Antico dei giorni; dal quale ha ricevuto il regno il Figlio dell'uomo, che si è degnato di farsi tale per noi, cioè da Colui che si dice secondo i Salmi: Tu sei il mio Figlio, oggi ti ho generato: chiedi a me e ti darò le nazioni per tua eredità; da Colui che tutto ha messo sotto i suoi piedi. Se dunque il Padre nell'atto di dare il regno e il Figlio nell'atto di riceverlo apparvero a Daniele sotto forma sensibile, come fanno costoro ad affermare che il Padre non si manifestò mai ai Profeti cosicché egli deve intendersi come l'invisibile, che nessuno vide mai, né può vedere? Ecco infatti il tenore della narrazione di Daniele: Io continuavo a guardare, quand'ecco furono posti dei troni e l'Antico dei giorni si pose a sedere. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo simili a lana pura; il suo trono era come vampa di fuoco e le sue ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scendeva davanti a lui; mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte si assise e furono aperti i libri. E poco dopo: guardando ancora nelle visioni notturne ecco apparire, sulle nubi del cielo,  uno simile ad un figliolo dell'uomo; giunse fino all'Antico dei giorni e fu presentato a lui che gli dette potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni, lingue lo dovranno servire: il suo potere è un potere eterno che mai tramonta ed il suo regno è tale che non sarà mai distrutto. Ecco il Padre che dà e il Figlio riceve il regno eterno e sono ambedue presenti in forma visibile al Profeta. Dunque si ha il diritto di credere che anche Dio Padre apparisse abitualmente in quel modo ai mortali.
Obiezione
 - 34.  Ma forse qualcuno insisterà nel dire che il Padre non è visibile perché apparve in sogno a Daniele, mentre il Figlio è visibile come anche lo Spirito Santo, perché Mosè ha ricevuto tutte quelle visioni in stato di veglia. Proprio come se Mosè avesse visto il Verbo e la Sapienza divina con gli occhi del corpo, o come se noi potessimo vedere anche soltanto quel soffio umano che anima questo nostro corpo o lo stesso soffio materiale che si chiama vento. Se non sono visibili questi ultimi, tanto meno quel soffio divino che supera gli spiriti di tutti gli uomini e di tutti gli Angeli per l'inesprimibile sublimità della divina natura. Ci sarà chi cadrà in errore così grave da affermare che il Figlio e lo Spirito Santo sono visibili anche agli uomini in stato di veglia, mentre il Padre è ad essi visibile solo in sogno? Come possono allora intendere come dette solo del Padre le parole: Colui che nessuno vide mai, né può vedere? Forse che gli uomini quando dormono non sono uomini? Ovvero Colui che può produrre delle immagini corporee onde manifestarsi per mezzo di visioni apparse a uomini che sognano, sarebbe incapace di costruire la stessa realtà materiale per manifestarsi alla vista di uomini svegli? La sua essenza per la quale è ciò che è, non può essere manifesta per mezzo di alcuna immagine corporea all'uomo che dorme, con nessuna forma sensibile all'uomo sveglio. Non solo l'essenza del Padre ma anche quella del Figlio e dello Spirito Santo. In ogni caso coloro che dalle visioni in stato di veglia sono messi in tanto imbarazzo da pensare che con il Padre ma solo il Figlio e lo Spirito Santo sono apparsi agli occhi corporei degli uomini ( per tacere del grandissimo numero di testi della Scrittura e dell'estrema varietà delle loro interpretazioni che impediscono a chiunque sia sano di mente di affermare che la persona del Padre in nessun luogo si sia manifestata attraverso qualche forma corporea agli occhi di uomini svegli ), per tacere dunque di queste, come ho affermato, che dicono di costoro del caso del nostro padre Abramo? Egli era certamente sveglio e occupato quando, secondo il passo della Scrittura che inizia dicendo che il Signore apparve ad Abramo, gli apparvero non uno né due ma tre uomini, di nessuno dei quali si dice che si distinguesse dagli altri per maggior dignità, più degli altri rifulgesse per maggior onore, che fosse superiore agli altri per maggiore potere.
 
 
  La natura di dio è invisibile, ma le tre Persone possono manifestarsi attraverso simboli sensibili
 
 - 35.  Quando abbiamo diviso in tre parti la nostra trattazione, avevamo deciso di indagare per prima cosa se il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo o invece se talora il Padre, talvolta il Figlio, altre volte lo Spirito Santo, ovvero, senza alcuna distinzione tra le Persone, l'unico e solo Dio, come si dice, cioè la stessa Trinità sia apparsa ai Patriarchi per mezzo di quelle forme tratte dalla creatura. Orbene, dopo aver esaminato i testi della Scrittura che ci è stato possibile, tanto quanto ci è apparso sufficiente, niente altro ritengo che una indagine umile e prudente dei misteri divini ci inviti a fare se non questo: non affermare recisamente quale Persona della Trinità si sia manifestata ad un determinato Patriarca o Profeta, sotto una determinata cosa o sotto un'immagine sensibile, eccetto nel caso in cui il tenore del testo comprenda alcuni indizi probabili. La natura stessa infatti o la sostanza o l'essenza o qualunque altro nome si debba chiamare l'essere stesso di Dio, qualunque esso sia, non si può vedere sensibilmente. Si deve invece ammettere che per mezzo della creatura docile a Dio non solo il Figlio o lo Spirito Santo, ma anche il Padre abbia potuto manifestarsi ai sensi degli uomini sotto una forma o un'immagine corporea. Stando così le cose, per non allungare iltre misura questo secondo volume, tratteremo le questioni che restano nei seguenti.
La fede dei Giudei in Cristo risuscitato
 - 31. Più avanti, nell'Esodo, la Scrittura dice: ti coprirò con la mano finché io non sia passato. Poi ritirerò la mia mano e vedrai il mio dorso. Ora molti Israeliti, che in quel momento Mosè prefigurava, dopo la risurrezione del Signore, credettero il lui, come se già ne vedessero il << dorso >> e non avessero più la sua mano sui loro occhi. Perciò l'Evangelista ricorda questa profezia di Isaia: Rendi ottuso il cuore di questo popolo e ottura le sue orecchie e i suoi occhi acceca. Infine non è assurdo intendere che si parli di loro nel Salmo: Poiché di giorno e di notte si è appesantita su di me la tua mano; di giorno, cioè quando forse faceva i miracoli evidenti e tuttavia non era riconosciuto da essi; di notte, invece, quando egli moriva nella sua passione ed essi erano certi della sua morte e della sua scomparsa come di quelle di qualsiasi altro uomo. M quando fu passato in modo che non potessero vederne che il << dorso >>, per la predicazione loro rivolta dall'Apostolo Pietro sulla necessità che Cristo patisse e risorgesse, furono compenetrati dal dolore e dal pentimento. Cosicché si realizzò in loro, dopo che furono battezzati, quant'è scritto all'inizio del Salmo citato: Beati coloro ai quali sono state rimesse le iniquità e sono stati cancellati i peccati. Per questo il Salmo aveva detto: La tua mano si è appesantita si di me, come se il Signore passasse per togliere subito la sua mano e lasciar vedere il suo << dorso >>; ma a questo segue la voce di uno che è addolorato e che si accusa, che riceve la fede nella risurrezione del Signore la remissione dei peccati: Giacqui in uno stato di tribolazione, mentre sempre più si conficcava la spina. Ho riconosciuto il mio peccato e non ho nascosto la mia iniquità. Ho detto: Voglio confessare contro di me le mie colpe al Signore e tu hai perdonato le iniquità del mio cuore. Non dobbiamo infatti avvolgere tanto dalla caligine della carne da credere che la faccia del Signore sia invisibile ma che sia visibile il suo dorso, dato che nella forma di servo apparve visibile sotto entrambi gli aspetti. Ma ci si guardi bene dal pensare alcunché di simile in riferimento alla natura divina; sia lungi da noi il pensare che il Verbo di Dio e la Sapienza divina abbia da una parte la faccia e dall'altra il dorso come il corpo umano, o il pensare che in qualsiasi maniera muti d'aspetto o di posto nello spazio o nel tempo.
 
E' temerario affermare che il Padre non sia mai apparso ai Padri in forma visibile
 - 32. Perciò, se in quelle conversazioni che avvenivano al momento dell' Esodo o in tutte quelle manifestazioni corporee si mostrava il Signore Gesù Cristo, ovvero talora Cristo, come induce a pensare l'analisi di questo passo, talaltra lo Spirito Santo, come ci ricordano le osservazioni fatte precedentemente, non ne consegue che Dio Padre non si sia mai manifestato in quei fenomeni. In quei tempi infatti molte apparizioni di questo genere avvennero senza che in esse fossero nominati o designati o il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo, ma furono accompagnate da indicazioni abbastanza chiare, grazie a numerosi indizi, da farci apparire troppo temerario affermare che Dio Padre non si sia mai manifestato ai Patriarchi o ai Profeti sotto forme visibili. Questa opinione è nata da coloro che si sono mostrati incapaci di riconoscere l'unità della Trinità in quelle parole: Al re immortale dei secoli, all'invisibile e unico Dio; e: Colui che nessuno uomo vide mai, né può vedere. Questo la vera  fede lo intende come detto della stessa sostanza altissima, supremamente divina e immutabile, nella quale un solo e medesimo Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo. Mentre quelle apparizioni si sono realizzate per mezzo della creatura mutevole che obbedisce al Dio immutabile ed hanno manifestato Dio non esattamente com'è ma attraverso dei segni, come richiedevano le circostanze e i momenti.
 
 
 
                                                                Trinità II, 18
La visione di Daniele
  18, 33.  Tuttavia non so proprio come questa brava gente spieghi l'apparizione a Daniele dell'Antico dei giorni; dal quale ha ricevuto il regno il Figlio dell'uomo, che si è degnato di farsi tale per noi, cioè da Colui che si dice secondo i Salmi: Tu sei il mio Figlio, oggi ti ho generato: chiedi a me e ti darò le nazioni per tua eredità; da Colui che tutto ha messo sotto i suoi piedi. Se dunque il Padre nell'atto di dare il regno e il Figlio nell'atto di riceverlo apparvero a Daniele sotto forma sensibile, come fanno costoro ad affermare che il Padre non si manifestò mai ai Profeti cosicché egli deve intendersi come l'invisibile, che nessuno vide mai, né può vedere? Ecco infatti il tenore della narrazione di Daniele: Io continuavo a guardare, quand'ecco furono posti dei troni e l'Antico dei giorni si pose a sedere. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo simili a lana pura; il suo trono era come vampa di fuoco e le sue ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scendeva davanti a lui; mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte si assise e furono aperti i libri. E poco dopo: guardando ancora nelle visioni notturne ecco apparire, sulle nubi del cielo,  uno simile ad un figliolo dell'uomo; giunse fino all'Antico dei giorni e fu presentato a lui che gli dette potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni, lingue lo dovranno servire: il suo potere è un potere eterno che mai tramonta ed il suo regno è tale che non sarà mai distrutto. Ecco il Padre che dà e il Figlio riceve il regno eterno e sono ambedue presenti in forma visibile al Profeta. Dunque si ha il diritto di credere che anche Dio Padre apparisse abitualmente in quel modo ai mortali.
Obiezione
 - 34.  Ma forse qualcuno insisterà nel dire che il Padre non è visibile perché apparve in sogno a Daniele, mentre il Figlio è visibile come anche lo Spirito Santo, perché Mosè ha ricevuto tutte quelle visioni in stato di veglia. Proprio come se Mosè avesse visto il Verbo e la Sapienza divina con gli occhi del corpo, o come se noi potessimo vedere anche soltanto quel soffio umano che anima questo nostro corpo o lo stesso soffio materiale che si chiama vento. Se non sono visibili questi ultimi, tanto meno quel soffio divino che supera gli spiriti di tutti gli uomini e di tutti gli Angeli per l'inesprimibile sublimità della divina natura. Ci sarà chi cadrà in errore così grave da affermare che il Figlio e lo Spirito Santo sono visibili anche agli uomini in stato di veglia, mentre il Padre è ad essi visibile solo in sogno? Come possono allora intendere come dette solo del Padre le parole: Colui che nessuno vide mai, né può vedere? Forse che gli uomini quando dormono non sono uomini? Ovvero Colui che può produrre delle immagini corporee onde manifestarsi per mezzo di visioni apparse a uomini che sognano, sarebbe incapace di costruire la stessa realtà materiale per manifestarsi alla vista di uomini svegli? La sua essenza per la quale è ciò che è, non può essere manifesta per mezzo di alcuna immagine corporea all'uomo che dorme, con nessuna forma sensibile all'uomo sveglio. Non solo l'essenza del Padre ma anche quella del Figlio e dello Spirito Santo. In ogni caso coloro che dalle visioni in stato di veglia sono messi in tanto imbarazzo da pensare che con il Padre ma solo il Figlio e lo Spirito Santo sono apparsi agli occhi corporei degli uomini ( per tacere del grandissimo numero di testi della Scrittura e dell'estrema varietà delle loro interpretazioni che impediscono a chiunque sia sano di mente di affermare che la persona del Padre in nessun luogo si sia manifestata attraverso qualche forma corporea agli occhi di uomini svegli ), per tacere dunque di queste, come ho affermato, che dicono di costoro del caso del nostro padre Abramo? Egli era certamente sveglio e occupato quando, secondo il passo della Scrittura che inizia dicendo che il Signore apparve ad Abramo, gli apparvero non uno né due ma tre uomini, di nessuno dei quali si dice che si distinguesse dagli altri per maggior dignità, più degli altri rifulgesse per maggior onore, che fosse superiore agli altri per maggiore potere.
 
 
  La natura di dio è invisibile, ma le tre Persone possono manifestarsi attraverso simboli sensibili
  - 35.  Quando abbiamo diviso in tre parti la nostra trattazione, avevamo deciso di indagare per prima cosa se il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo o invece se talora il Padre, talvolta il Figlio, altre volte lo Spirito Santo, ovvero, senza alcuna distinzione tra le Persone, l'unico e solo Dio, come si dice, cioè la stessa Trinità sia apparsa ai Patriarchi per mezzo di quelle forme tratte dalla creatura. Orbene, dopo aver esaminato i testi della Scrittura che ci è stato possibile, tanto quanto ci è apparso sufficiente, niente altro ritengo che una indagine umile e prudente dei misteri divini ci inviti a fare se non questo: non affermare recisamente quale Persona della Trinità si sia manifestata ad un determinato Patriarca o Profeta, sotto una determinata cosa o sotto un'immagine sensibile, eccetto nel caso in cui il tenore del testo comprenda alcuni indizi probabili. La natura stessa infatti o la sostanza o l'essenza o qualunque altro nome si debba chiamare l'essere stesso di Dio, qualunque esso sia, non si può vedere sensibilmente. Si deve invece ammettere che per mezzo della creatura docile a Dio non solo il Figlio o lo Spirito Santo, ma anche il Padre abbia potuto manifestarsi ai sensi degli uomini sotto una forma o un'immagine corporea. Stando così le cose, per non allungare iltre misura questo secondo volume, tratteremo le questioni che restano nei seguenti.



                                                            Trinità III, 7- 8 -9-10

 Le arti magiche non possono produrre nulla, se non per permissione divina

  7,12.  A questo punto prevedo quale difficoltà possa presentarsi  ad uno spirito debole: come mai questi miracoli vengono compiuti anche con le arti magiche?  Infatti anche i magi del Faraone hanno in modo simile prodotto dei serpenti ed altri fenomeni dello stesso genere. Ma vi è una cosa ancor più straordinaria: come mai quella potenza dei magi, che ebbe la capacità di produrre serpenti, si mostrò del tutto insufficiente, quando si trattò di produrre delle mosche minutissime? Quelle infatti che la Scrittura chiama << sci nifi >> sono mosche minutissime e costituirono la terza piaga che colpì l'orgoglioso popolo egiziano. E' proprio allora che i magi, rimasti impotenti, dissero: Questo è il dito di Dio. questo fatto induce a pensare che nemmeno gli angeli prevaricatori e le potenze dell'aria, precipitate dall'alto del loro soggiorno di celeste purità nel fondo di queste tenebre come nel carcere che è loro adatto, esse che danno alla magia tutto il potere che ha, siano capaci di qualcosa senza un potere che è dato dall'alto. Tale potere viene dato o per ingannare gli ingannatori, come è stato dato contro gli Egiziani ed anche contro gli stessi magi perché fossero oggetto di ammirazione in quello che facevano per seduzione diabolica, e oggetto di condanna per il giusto giudizio di Dio; oppure viene dato per distogliere i fedeli dal desiderio di fare cose simili, come se il farle avesse grande importanza; è per questo che la Scrittura ce le ha narrate con la sua autorità. Viene anche data per esercitare, mettere alla prova e manifestare chiaramente la pazienza dei giusti. Infatti per miracoli visibili di non piccola potenza Giobbe venne  a perdere tutte le sue ricchezze e i figli e la stessa salute fisica.

 Solo Dio crea, gli angeli cattivi non sono creatori nella magia

  8, 13.  Tuttavia non si deve ritenere che questa materia delle cose visibili sia incondizionatamente soggetta alla volontà di questi angeli prevaricatori e che essi la dominino a loro piacimento, ma è invece soggetta a Dio che concede ad essi questa potenza, come l'Immutabile lo giudica conveniente dal suo trono sublime e spirituale. Infatti anche i criminali condannati alle miniere hanno a disposizione dell'acqua, del fuoco e della terra per farne ciò che vogliono, ma nella misura che è loro concesso. Non è certamente ragionevole chiamare creatori quegli angeli cattivi, per il solo fatto che, grazie a loro, i magi, che resistevano al servitore di Dio, fecero delle rane e dei serpenti; infatti non furono loro a crearli. Poiché tutte le cose che nascono materialmente e visibilmente sono presenti negli elementi materiali di questo mondo certi misteriosi semi. Una cosa infatti sono i semi già visibili ai nostri occhi, nei frutti e negli animali, un'altra cosa sono i misteriosi semi con i quali, al comando del Creatore, l'acqua ha prodotto i primi pesci e i primi volatili, la terra i primi suoi germogli ed i suoi primi animali secondo la loro specie. E nella realizzazione di queste prime nascite non si esaurì la forza vitale di questi semi, soltanto che ad essi spesso vengono meno le condizioni favorevoli per svilupparsi e produrre la loro specie. Per esempio: un piccolissimo virgulto è un seme. Infatti convenientemente affidato al terreno diviene albero. Ma di questo ramoscello c'è un seme più piccolo della stessa specie: un grano,  e fino a questo punto si tratta sempre di qualcosa che possiamo vedere. Anche di questo granello poi la ragione esige che ci sia un seme, per quanto invisibile ai nostri occhi, perché se tali semi non si trovassero in questi elementi terreni, non vedremmo così spesso spuntare dalla terra piante mai seminate, o sia in terra che nell'acqua nascere senza congiungimento tra i maschi e femmine tanti animali che crescono e ne riproducono altri per congiungimento, sebbene siano nati senza di esso. Ed è fuori dubbio che le api non concepiscono i semi dei loro figli mediante l'accoppiamento, ma raccolgono con la bocca questi germi disseminati in qualche modo per il suolo. Dunque il Creatore dei germi invisibili è il vero Creatore di tutte le cose, perché tutte le cose che nascendo appaiono ai nostri occhi, prendono dai semi nascosti il punto di partenza della loro crescita; e lo sviluppo della loro statura normale e la differenziazione delle loro forme provengono, per così dire, dalle leggi delle loro origini. Perciò come noi non chiamiamo i nostri genitori creatori di uomini né gli agricoltori creatori di messi, sebbene sia con il concorso esterno della loro attività che la potenza di Dio interiormente opera la creazione di queste cose, allo stesso modo non è permesso ritenere creatori non soltanto gli angeli cattivi ma nemmeno quelli buoni, anche se la sottigliezza della loro sensibilità e del loro corpo ha loro permesso di scoprire i semi di queste cose, germi a noi più sconosciuti, e che essi segretamente spargono, con il favore di adatte combinazioni di elementi, provocando così le condizioni favorevoli e allo sbocciare e allo svilupparsi rapido degli esseri. M né i buoni fanno questo se non nella misura in cui Dio lo comanda, né i cattivi lo fanno ingiustamente, se non nella misura in cui egli giustamente lo permette. Ingiusta è infatti la volontà dei cattivi che è loro fornita a causa della loro malizia, ma giusto è il potere che viene loro concesso sia a loro castigo sia nei riguardi degli altri a castigo dei cattivi o a premio dei buoni.

      Anche il nostro spirito non può essere formato con la giustificazione se non da Dio

   - 14. E' per questo che l'Apostolo Paolo, distinguendo l'azione di Dio, che crea e plasma all'interno, da quella creatura che agisce all'esterno, e prendendo un'immagine dall'agricoltura, dice: Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere. Come dunque nella nostra stessa vita solo Dio può formare il nostro spirito giustificandolo, mentre predicare esteriormente il Vangelo lo possono anche gli uomini, non solo quelli veramente buoni, ma anche, all'occasione, i cattivi, così la creazione delle cose visibili  la compie Dio segretamente, mentre le attività esterne dei buoni e dei cattivi, degli Angeli e degli uomini e di ogni specie di animali egli le applica alla natura dove tutto crea, come applica l'agricoltura al terreno, secondo la propria volontà e la distribuzione che ha fatto dei poteri e degli istinti. Perciò non possono dire che gli angeli cattivi, evocati con le arti magiche, siano stati creatori delle rane e dei serpenti, come non posso ,chiamare gli uomini cattivi creatori di una messe che avrò visto crescere per loro opera.

 Nemmeno Giacobbe è stato il creatore dei colori delle sue pecore

  - 15.  Così nemmeno Giacobbe fu creatore dei colori delle sue pecore per aver messo davanti agli occhi delle femmine nel periodo della concezione verghe variopinte, mentre esse bevevano. E neppure le pecore crearono i colori variegati della loro prole, in quanto la loro anima aveva ritenuto l'immagine variopinta impressavi per mezzo degli occhi che avevano visto le verghe di vari colori. Questa immagine non poté influire, per l'emozione dell'accoppiamento, che su un corpo animato da uno spirito così impressionato da rendere maculati i teneri embrioni dei piccoli. L'influsso reciproco, dell'anima sul corpo e del corpo sull'anima , si fonda su corrispondenze razionali immutabilmente viventi nella stessa Sapienza di Dio, quella Sapienza che nessuno spazio racchiude. Essa, pur essendo immutabile, non abbandona nessun essere anche mutevole, perché nessuno di essi è stato creato se non per mezzo di essa. E' stata la norma dell'immutabile e invisibile Sapienza di Dio, per mezzo della quale tutte le cose sono state create, a far si che dalle pecore nascessero non delle verghe ma delle pecore; ma è stata l'anima della pecora gravida, impressionata dall'esterno per mezzo della vista, e che interiormente seguiva in se, a suo modo, la legge della generazione ricevuta dalla segreta potenza del suo Creatore, a far sì che l'iridescenza delle verghe avesse un qualche influsso sul colore delle pecore concepite. Circa la potenza che ha l'anima nell'influire sulla materia corporea e nel trasformarla, molto si potrebbe dire, ma non è un discorso necessario al nostro assunto. In ogni caso non si può affermare che l'anima crei il corpo perché ogni causa di una sostanza mutevole e sensibile, la misura, il numero, il peso che la fanno essere, la natura che la fa questa o quella, derivano da quella vita spirituale e immutabile che esiste e sussiste al di sopra di tutte le cose e si diffonde fino alle cose ultime e terrene. Ho ritenuto di dover ricordare senz'altro quanto ha fatto Giacobbe con le sue pecore perché si comprendesse che, se non si può chiamare creatore dei colori degli agnelli e dei capretti un uomo che ha così disposto le verghe, né le stesse anime delle femmine che, nei limiti posti dalla natura, impressero sui piccoli corpi concepiti nella carne l'immagine variegata concepita per mezzo degli occhi del corpo, tanto meno possono essere detti creatori delle rane e dei serpenti gli angeli cattivi per intervento dei quali i magi del Faraone compirono quei prodigi.

Solo Dio crea e governa le cose, le creature possono intervenire solo dall'esterno

  9, 16.   Infatti altra cosa è costruire e governare la creazione dal centro e dalla sommità del cardine delle cose, chi fa questo è l'unico Creatore, Dio, altra cosa intervenire dal di fuori secondo le forze e le possibilità da lui distribuite per portare alla luce ciò che viene da lui creato in questo o in quel momento,  in questa o quella maniera. Senza dubbio tutte le cose che noi vediamo sono già state create originariamente e fondamentalmente in una specie di trama degli elementi, ma solo quando ci sono le occasioni favorevoli vengono fuori.  Infatti, come le madri sono gravide della loro prole, così il mondo stesso è gravido dei principi delle cose che nascono; principi che non vengono creati nel mondo se non da quella suprema Essenza, nella quale nulla nasce, nulla muore. Invece applicare esternamente le cause contingenti, che sebbene non naturali, tuttavia si applicano in armonia con la natura, per trarne fuori in qualche modo dal profondo seno della natura gli esseri che esso tiene nascosti e in qualche modo crearli esteriormente con il dispiegamento delle loro misure, numeri e pesi che essi hanno ricevuto segretamente da Colui che ha ordinato ogni cosa con misura ordine e peso, è possibile non solo agli angeli cattivi ma anche agli uomini cattivi, come ho dimostrato sopra con l'esempio dell'agricoltura.

La rapidità di sviluppo di alcuni germi desta meraviglia

  - 17.  Ma perché non si pensi diversamente degli animali per il fatto che hanno la vita con l'istinto di cercare quanto è secondo la loro natura e di evitare quanto le è contrario, dobbiamo osservare pure che molti uomini sanno da quali erbe o carni o succhi e umori di ogni sorta, lasciati come si presentano o posti al coperto o triturati e mescolati siano soliti nascere determinati animali. Ora, che di costoro è tanto stolto da dirsi creatore di questi animali? Se dunque qualsiasi uomo, anche il più cattivo, può sapere da dove nascono questi vermi e quelle mosche, come può destare meraviglia che gli angeli cattivi con la sottigliezza della loro sensibilità conoscano nei semi più segreti degli elementi la possibilità di far nascere rane e serpenti e, senza crearli, li facciano nascere attraverso trasformazioni occulte suscitando certe condizioni favorevoli a loro note?  Ma gli uomini non si meravigliano di quelle cose che gli uomini sono soliti fare. Che se qualcuno eventualmente si stupisce della rapidità degli sviluppi, in quanto quegli animali si produssero all'improvviso, avverta che gli uomini, proporzionalmente,  ottengono cose simili. Come avviene infatti che i medesimi corpi invermiscano più rapidamente nell'estate che nell'inverno, più rapidamente in luoghi caldi che in luoghi freddi? Ma queste forze naturali vengono applicate dagli uomini con tanta maggiore difficoltà quanto più manca alle loro membra terrene e lente l'acutezza sensitiva e l'agilità fisica. Perciò quanto più è agevole a tutti gli Angeli trarre dagli elementi le loro risorse immediate, tanto più sorprendenti appaiono le loro agilità in tali operazioni.

 Solo Dio crea

  - 18.  Creatore è solamente colui che produce queste cose come causa prima. E nessuno lo può all'infuori di colui presso il quale sono originariamente le misure, i numeri, i pesi di tutte le cose che esistono: e questi è soltanto Dio creatore, dalla cui ineffabile sovranità dipende che quanto gli angeli cattivi potrebbero fare, se fosse loro permesso, non lo possano invece fare perché egli non lo permette loro. Infatti non si potrebbe trovare altro motivo per cui non poterono produrre delle mosche piccolissime, quelli che avevano prodotto rane e serpenti,  se non questo: c'era un potere più alto, quello di Dio, che lo impediva per mezzo dello Spirito Santo, come lo riconobbero gli stessi magi dicendo: Questo è il dito di Dio. Che cosa poi possano per loro natura, che cosa non possano per proibizione, che cosa non sia loro permesso dalle loro condizioni naturali, è difficile all'uomo chiarire, anzi impossibile, se non in virtù di quel dono divino che l'Apostolo ricorda quando dice: ad un altro il discernimento degli spiriti. Sappiamo infatti che un uomo può camminare e che non può nemmeno questo, se gli è impedito, ma sappiamo che non può volare anche se gli viene dato il permesso. Gli angeli cattivi possono fare alcune cose se per volere di Dio gli angeli superiori li lasciano liberi; altre cose invece non le potrebbero fare anche se gli angeli superiori li lasciassero liberi; perché non lo concede Colui che ha dato loro la natura angelica. Anzi il più delle volte per mezzo dei suoi angeli impedisce loro di esercitare anche le loro capacità naturali.

Dio non interviene personalmente in tutti i miracoli

  - 19.  ebbene lasciamo da parte quei fenomeni materiali che nell'ordine naturale delle cose accadono secondo il corso più normale dei tempi, come il sorgere e il tramontare degli astri, le nascite e le morti degli animali, le varietà innumerevoli dei semi e dei germi, le nuvole e le nubi, le nevi e le piogge, le folgori e i tuoni, i fulmini e le grandini, i venti e il fuoco, il freddo e il caldo e tutti i fenomeni come questi; lasciamo da parte anche quelli che nel medesimo ordine di realtà sono insoliti come: eclissi, apparizioni straordinarie degli astri, esseri mostruosi, terremoti e simili; lasciamo dunque da parte tutti questi fenomeni la cui causa prima e suprema è solo la volontà di Dio. Per questo un Salmo,  dopo che sono stati ricordati alcuni fenomeni di questo genere: il fuoco, la grandine, la neve, il ghiaccio, la tempesta, il vento procelloso, perché non venissero attribuiti al caso o solo a cause corporee o anche spirituali, ma sempre indipendenti dalla volontà di Dio, subito aggiunge: che obbediscono alla sua parola.

  10.  Ma, come avevo incominciato a dire, lasciati da parte questi fenomeni, differenti sono quelli che, sebbene appartenenti al mondo corporeo, vengono a cadere sotto i nostri sensi per farci conoscere qualcosa da parte di Dio. Questi sono detti propriamente miracoli e segni. Ma non tutte le volte che ci viene data una comunicazione divina, appare la stessa persona di Dio. Quando appare, talvolta si manifesta per mezzo di un Angelo, talaltra sotto una forma che non è quella di un Angelo, sebbene venga utilizzata dopo che è stata preparata per opera di un Angelo; anche quando appare per mezzo di una forma che non è quella di un angelo, talvolta questa forma esisteva allo stato di corpo che viene sottoposto a qualche trasformazione per divenire atto a questa determinata rivelazione, altre volte essa viene prodotta soltanto per questo compito e, svolto questo compito, scompare. Così per esempio quando gli uomini annunziano la parola di Dio, a volte la ripetono a suo nome, come quando a tale annuncio sono premesse le parole: Il Signore ha detto, oppure: Questo dice Il Signore, ed espressioni di questo genere; altre volte invece senza alcun preambolo simile si mettono al posto di Dio stesso, come quando è detto: Io ti istruirò e ti porrò su questa via nella quale dovrai camminare. A questo modo ad un Profeta viene dati il compito di simboleggiare non solo nelle parole ma anche nei suoi atti la persona di Dio per rappresentarla nel suo mistero di profeta. Così rappresentava la persona di Dio il Profeta che divise la sua veste in dodici parti e ne dette dieci al servo del re Salomone, al futuro re d'Israele. Talvolta ancora è una cosa diversa dal profeta ma già esistente tra le realtà di questa terra che è stata assunta quale simbolo, come ha detto Giacobbe, risvegliato dal suo sonno, con la pietra che, mentre dormiva, teneva sotto il suo capo; qualche volta la forma simbolica è prodotta proprio per questo scopo ed è destinata ad esistere anche nel tempo, come fu possibile per il famoso serpente di bronzo innalzato nel deserto e come è possibile per uno scritto; oppure essa è destinata a scomparire, una volta svolto il suo compito, come il pane che, preparato a questo scopo, è consumato quando è ricevuto il sacramento.

Non tutti i miracoli sono fenomeni straordinari

  - 20.  Ma queste cose, note agli uomini perché fatte dagli uomini, se possono conciliarsi rispetto al loro carattere religioso, tuttavia non possono suscitare stupore perché sono prive di carattere miracoloso. Perciò le opere degli Angeli sono per noi tanto più mirabili quanto più difficili e misteriose; per essi invece sono chiare e facili e facili essendo di loro competenza. Parla in nome di Dio l'angelo che, indirizzandosi all'uomo dice: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, poiché la Scrittura aveva iniziato col dire: Un Angelo del Signore gli apparve. Anche l'uomo parla in nome di Dio quando dice: Ascolta, popolo mio, e parlerò; o Israele, ascoltami e ti dichiarerò la mia volontà: io sono Dio, il tuo Dio sono io. La verga è stata assunta a simbolo, tuttavia è stata la potenza angelica che l'ha mutata in serpente; ma sebbene questa potenza manchi all'uomo, tuttavia egli ha scelto una pietra per significare qualcosa dello stesso ordine. C'è grandissima differenza tra l'atto dell'Angelo e quello dell'uomo: l'uno provoca ammirazione e riflessione, l'altro solo riflessione. Ciò che c'è da capire nell'uno e nell'altro caso è forse la stessa cosa, ma i fatti che ce la fanno capire sono diversi. Come se il nome del Signore venga scritto in oro o in inchiostro: l'uno è più prezioso, l'altro meno, ma ciò che viene espresso con l'una e con l'altra cosa è identico.  E sebbene il serpente tratto dalla verga di Mosè significasse la stessa cosa che significava la pietra di Giacobbe, tuttavia la pietra di Giacobbe significava qualcosa di meglio  che i serpenti dei magi. Infatti,  come l'unzione della pietra significava Cristo, nella carne umana, nella quale fu unto con l'olio dell'esultanza sopra i suoi compagni,  cos' la verga di Mosè mutata in serpente significava il Cristo stesso, divenuto obbediente fino alla morte, anzi alla morte di croce. Per questo il Vangelo dice: E come Mosè innalzò nel deserto il serpente, così è necessario che sia innalzato il Figlio dell'uomo, affinché chi crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna, a somiglianza di coloro che fissando il serpente innalzato nel deserto non morivano per i morsi dei serpenti. Il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui, affinché venga distrutto il corpo del peccato. Il serpente rappresentava la morte causata dal serpente nel Paradiso: figura retorica che designa l'effetto per la causa. Il tramutarsi della verga in un serpente è il passare di Cristo alla morte, il ritornare del serpente a verga è il ritornare alla risurrezione del Cristo tutto intero, cioè insieme al suo corpo, che è la Chiesa. Come avverrà alla fine dei tempi, indicata dalla coda del serpente, che Mosè afferrò con la mano perché ritornasse verga. I serpenti dei magi raffigurano i morti del secolo che non potranno risorgere nel Cristo se non saranno prima entrati nel suo corpo credendo in lui, quasi da lui divorati. Dunque la pietra di Giacobbe, dicevo, indicava qualcosa di meglio che i serpenti dei magi, ma il fatto compiuto dai magi fu molto più meraviglioso. Quanto però alla comprensione delle cose la differenza conta così poco come se si scrivesse il nome di un uomo con l'oro e il nome di Dio con l'inchiostro.

Carattere misterioso dell'azione angelica nei miracoli

  - 21.  Quale uomo sa come gli Angeli abbiano prodotto quelle nubi o quella fiamma o come le abbiano utilizzate per annunciare ciò che annunciavano, pur ammettendo che sotto quelle forme corporee si rivelasse il Signore o lo Spirito Santo? Similmente non conoscono i neofiti quello che si offre sull'altare e si consuma al termine della sacra celebrazione: donde venga, come si appresta, perché mai abbia significato religioso. E se non lo imparano mai per esperienza propria o altrui, se non osservano mai quelle cose stesse se non durante la celebrazione sacramentale, dove si offrono e si distribuiscono, e se non si dica mai loro con la più grande autorità di chi siano il corpo e il sangue, null'altro crederanno se non questo: che il Signore sia apparso agli occhi dei mortali proprio in quella forma e che proprio quel liquido sia sgorgato dal suo fianco ferito. Ma a me è utile ricordarmi delle mie forze ed invitare i miei fratelli a ricordarsi delle loro, per evitare che la debolezza umana vada oltre i limiti di ciò che si può affermare con sicurezza. In qual modo infatti gi Angeli compiano questi prodigi, o meglio, come Dio li compia per mezzo dei suoi Angeli, fino a che punto li voglia compiere per mezzo degli stessi angeli cattivi, a volte tollerando, altre comandando, altre ancora costringendo, dal trono misterioso della sua onnipotenza, non ho lo sguardo così acuto per discernere, non la ragione così ardita per spiegare, non lo spirito così elevato per attingere e così non posso rispondere a tutte le domande che si possono porre su questo argomento con la sicurezza che avrebbe un angelo o un profeta o un apostolo. timidi sono i pensieri dei mortali e incerte le nostre previsioni, perché un corpo corruttibile pesa sull'anima e questa tenda di creta opprime la mente dai molti pensieri. A fatica sappiamo valutare le cose che sono sulla terra, persino le cose che abbiamo tra mano non sappiamo ben conoscere; chi poi è mai riuscito a capire le cose celesti?. Ma poiché il testo continua e dice: E chi avrebbe potuto conoscere il tuo pensiero, se tu non gli avessi dato la sapienza e mandato il tuo Santo Spirito dal più alto dei cieli?, noi non investighiamo le cose del cielo, tra le quali cose sono compresi anche i corpi degli Angeli secondo la loro propria dignità e certe loro attitudini sensibili; tuttavia in virtù dello Spirito di Dio a noi inviato dal più alto dei cieli e della sua grazia partecipata alle nostre anime, oso dire con libertà che né Dio Padre né il suo Verbo né il suo Spirito, ossia l'unico Dio,  in virtù della sua essenza e del suo stesso essere è mutevole e tanto meno visibile. E' vero che ci sono delle cose mutevoli che pur non sono visibili, come i nostri pensieri, ricordi e volontà ed ogni creatura spirituale: ma nessuna cosa è visibile senza essere mutevole.

                                                         Trinità III, 11

 

  Invisibilità dell'essenza divina

   11.  Perciò la sostanza, o, se è meglio dire così, l'essenza di Dio, nella quale intendiamo a modo nostro, quanto mai imperfetto, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, non essendo assolutamente mutevole, è radicalmente impossibile che sia per se stessa visibile.

 

Intervento degli Angeli nelle teofanie

  - 22. E' dunque chiaro che tutte le apparizioni fatte ai Patriarchi quando Dio si rivelava ad essi secondo il suo piano stabilito per quei tempi, sono avvenute per mezzo di una creatura. Se noi ignoriamo come abbia compiuto quelle cose servendosi degli Angeli come ministri suoi, in ogni caso non è in base ad un'idea personale che affermiamo l'intervento degli Angeli, e questo perché nessuno ci creda più saggi di quello che siamo; ora le nostre sono modeste, conformi alla misura di fede che Dio ci ha dispensato, e crediamo, per questo parliamo. C'è infatti l'autorità della divina Scrittura, che il nostro spirito non deve abbandonare per cadere a capofitto, una volta abbandonato il valido sostegno della parola divina, nei precipizi delle congetture personali dove né i sensi del corpo guidano, né la luce della verità brilla. Ora è scritto in modo chiarissimo nell'Epistola agli Ebrei, quando vien fatta la distinzione tra l'economia del Nuovo Testamento e l'economia dell'Antico Testamento, secondo l'opportunità dei tempi e dei momenti, che gli Angeli sono intervenuti non soltanto nei prodigi visibili ma anche nella manifestazione della parola di Dio. Ecco il testo: Di quale degli Angeli ha detto mai: Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici sgabello ai tuoi piedi? Non sono essi invece tutti spiriti destinati a servire, inviati per esercitare un ufficio in favore di coloro che devono ereditare la salvezza?. L'autore dimostra con queste parole che quei prodigi non soltanto sono stati compiuti per mezzo degli Angeli ma anche che sono stati fatti per noi, cioè per il popolo di Dio al quale è promessa l'eredità della vita eterna. Così l'Apostolo scrive ai Corinti: Ma tutte queste cose accaddero loro come in figura e sono state scritte per ammonire noi, che siamo giunti alla fine dei tempi. L'Apostolo dimostra poi logicamente e chiaramente che allora Dio parlava per mezzo degli Angeli, ora per mezzo del suo Figlio: Per questo noi dobbiamo attendere con il massimo impegno alle cose udite per non venir trascinati fuori strada. Se infatti la Legge promulgata per mezzo degli Angeli si rivelò efficace al punto che ogni trasgressione o disobbedienza ricevette la sua giusta pena, come scamperemo noi, se trascuriamo una così grande salvezza?. Poi, come se gli si domandasse di quale salvezza si tratta,, per precisare che egli parla ora del Nuovo Testamento, cioè della parola che è stata pronunciata non per mezzo degli Angeli ma per mezzo di nostro Signore, prosegue: La quale fu annunziata prima dal Signore, poi ci è stata confermata da coloro che lo avevano udito, mentre Dio aggiungeva la sua testimonianza alla loro con segni e prodigi e ogni sorta di miracoli e con i doni dello Spirito Santo distribuiti secondo la sua volontà.

 

Dio parla per mezzo degli Angeli

   - 23.  Ma si dirà, perché è stato allora scritto: Il Signore disse a Mosè, e non piuttosto: << Disse l'Angelo a Mosè >>? E' lo stesso motivo per cui quando l'araldo proclama la sentenza del giudice, non si registra negli atti: << 'araldo ha detto >> ma: << Il giudice ha detto >>.  Così allo stesso modo quando un santo Profeta parla, sebbene diciamo << Il Profeta ha detto >>, non vogliamo far comprendere nient'altro che: << Il Signore ha detto >>. Se diciamo: Il Signore ha detto, non mettiamo da parte il Profeta ma facciamo presente che abbia parlato per suo mezzo. D'altra parte la Scrittura svela spesso che l'Angelo è il Signore e, quando l'Angelo parla, essa dice frequentemente: Il Signore ha detto, come abbiamo già mostrato. Ma ci sono alcuni che nei passi in cui la Scrittura usa il nome << Angelo >> ritengono che si tratti del Figlio stesso di Dio in persona, perché un Profeta l'ha chiamato << Angelo >> in quanto ha annunciato la volontà del Padre e la sua propria. Per questo ho voluto ricavare una prova più decisiva da questa Epistola in cui non è scritto: << per mezzo di un Angelo >> ma per mezzo degli Angeli.

 

Il Signore apparve a Mosè per mezzo di un Angelo

  - 24. Anche Stefano negli Atti degli Apostoli racconta le cose alla stessa maniera in cui sono state raccontate anche nei libri dell'Antico Testamento: Uomini, fratelli, padri, ascoltate. Il Dio della gloria apparve a nostro padre Abramo mentre era nella Mesopotamia. Ma perché nessuno pensasse che il Dio della gloria fosse apparso allora nella sua essenza agli occhi degli uomini, Stefano dice più avanti che fu un Angelo che apparve a Mosè: A queste parole Mosè fuggì ed andò ad abitare nella terra di Madian dove generò due figli. Al compiersi poi dei quarant'anni un Angelo apparve a lui nel deserto del Sinai in mezzo alla fiamma del roveto ardente. A questa vista Mosè rimase stupito dalla visione e, mentre si avvicinava per osservare, la voce del Signore si fece udire: Io sono il Dio dei padri tuoi; Il Dio di Abramo, il Dio d'Isacco, il Dio di Giacobbe. Tremante Mosè no ardiva guardare. Ma il Signore gli disse: Levati i calzari dai piedi. Qui certamente egli chiama Angelo e Signore lo stesso Dio d?Abramo, d'Isacco e di Giacobbe, come dice il Genesi.

 

Anche ad Abramo apparve per mezzo di un Angelo

  - 25.  Forse qualcuno dirà che il Signore è apparso a Mosè per mezzo di un Angelo ma ad Abramo direttamente? Non chiediamo una risposta si questo a Stefano ma interroghiamo lo stesso libro da cui egli ha trattato questa narrazione. Perché c'è scritto: E disse il Signore Dio ad Abramo, e poco dopo: E apparve il Signore Dio ad Abramo, significa forse che qui non sono intervenuti gli Angeli? Ma in altro passo si trova la stessa maniera di esprimersi: Il Signore gli apparve poi presso il querceto di Mambre, mentre egli sul caldo del giorno era seduto davanti alla sua tenda, e poi il testo continua: Alzati gli occhi guardò, ed ecco tre uomini in piedi gli stavano davanti. Noi abbiamo già parlato di essi. Ebbene, come potranno costoro, che dalle parole non vogliono assurgere alle idee o ricadono facilmente dalle idee alle parole, spiegare che Dio è apparso in questi tre uomini senza riconoscere, come lo insegna il seguito del testo, che essi erano degli Angeli? Forse perché non è detto << un Angelo gli parlò >> o << gli apparve >>, oseranno per questo affermare che per quanto riguarda Mosè quella visione e quella voce furono prodotte per mezzo di un Angelo, perché così dice il testo, mentre ad Abramo, perché non si fa parola di un Angelo, fu Dio nella sua essenza che apparve e parlò? Ma perché, se anche a proposito di Abramo si parla di un angelo?  Infatti ecco che cosa si legge quando si esigeva che venisse  immolato suo figlio: Dopo questi fatti Dio volle provare Abramo e gli disse: Abramo! Abramo! Ed egli rispose: Eccomi! E gli disse: Orsù, prendi il tuo figlio, l'unico che hai e che tanto ami, Isacco, e và nella regione di Moira e là lo offrirai in olocausto sopra quel monte che io ti mostrerò. Certo qui si parla di Dio, non di un Angelo. Ma un po’ più avanti la Scrittura così aggiunge: Stese quindi Abramo la mano e prese un coltello per uccidere suo figlio. Ma l'Angelo del Signore gli gridò dal cielo dicendo: Abramo! Abramo! Ed egli rispose: Eccomi! E l'Angelo gli disse: Non mettere le mani addosso al fanciullo e non gli fare alcun male. Che cosa si può replicare di fronte a queste affermazioni? Affermeranno che Dio ha comandato l'uccisione di Isacco e che l'Angelo l'ha proibita?  Allora il padre di Isacco, contro il comando divino di immolare suo figlio, avrebbe obbedito all'ingiunzione dell'Angelo di risparmiarlo?  Bisogna ridere di tale interpretazione e respingerla. Ma la Scrittura offre la possibilità di attardarsi in una sciocchezza così grossolana, perché immediatamente aggiunge: Poiché ora conosco che tu temi Iddio e non hai risparmiato il tuo figlio unico per me. Che significa per me, se non per Colui che aveva comandato che fosse ucciso?  Il Dio di Abramo e l'Angelo sono dunque lo stesso personaggio o piuttosto è Iddio che parla attraverso l'Angelo?  Ma ascoltiamo il seguito; è del tutto evidente che qui si parla di un angelo. tuttavia osserva il contesto: Ed Abramo, alzati gli occhi, vide dietro di sé che un montone era rimasto con le corna intricate in un cespuglio. Abramo andò, prese quel montone e lo offrì in olocausto in luogo del figlio. Ed Abramo pose nome a quel luogo << Il Signore ha visto >> e perciò anche oggi si dice: Sul monte il Signore è apparso. Ora un po’ prima dio aveva detto similmente per mezzo dell'Angelo: Ora conosco che tu temi Dio. Ciò non significa che Dio sia vento a conoscere in quel momento il timore di Abramo ma che si è comportato in modo che Abramo scoprisse per mezzo di Dio quanta forza d'animo avesse per obbedire a Dio fino all'immolazione del figlio unico: è una figura retorica che esprime l'effetto per la causa, come quando si dice: << un inverno pigro >>, perché rende pigri. Allo stesso modo la Scrittura dice che Dio aveva conosciuto i sentimenti di Abramo perché aveva fatto conoscere ad Abramo la fermezza della sua fede che egli avrebbe potuto ignorare senza tale prova. ebbene allo stesso modo qui Abramo chiamò il luogo di quell'avvenimento << Dio ha visto >>, perché Dio ha fatto vedere se stesso. Infatti aggiunge immediatamente: Si dice ancora oggi: Sul monte di Dio è apparso. Dunque lo stesso Angelo è chiamato Signore. Perché? In quanto per mezzo dell'Angelo si rivelò il Signore. Del resto nel seguito del testo l'angelo si esprime in una maniera che è nettamente quella di un profeta e lascia chiaramente intendere che è Dio che parla per mezzo dell'Angelo: Poi l'Angelo del Signore chiamò Abramo dal cielo una seconda volta e gli disse: Io giuro per me stesso, dice il Signore, che siccome hai fatto questo e non hai risparmiato il tuo figlio per me. Questa espressione il Signore dice, che usa colui che parla in nome di Dio, la si trova abitualmente anche presso i Profeti. Sarebbe forse il Figlio di Dio a usare, parlando del Padre, l'espressione: Il Signore dice, e sarebbe lui quest'Angelo del Padre? Che dire dunque? Coloro che ci contraddicono osservino come vengono incalzati a riguardo di quei tre uomini che apparvero ad Abramo quando il testo ulteriormente  afferma: Gli apparve il Signore. Forse non erano Angeli perché sono detti uomini? Allora leggano Daniele che dice: Ed ecco l'uomo Gabriele.

 

Gli Angeli hanno promulgato la Legge

  - 26.  Ma perché tardiamo a chiudere la bocca a costoro con un altro testo che è di una evidenza assoluta e di grandissima importanza? In esso non si parla di un Angelo al singolare né di uomini al plurale; si parla solamente di Angeli e in esso appare con tutta chiarezza che essi non hanno trasmesso un discorso qualunque ma hanno dato la Legge stessa. Certamente nessun fedele dubita che è stato Dio a darla a Mosè per sottomettere il popolo d'Israele, ma l'ha data per mezzo degli Angeli. Ecco come si esprime Stefano: Duri di cervice e incirconcisi di cuore e di orecchi, voi sempre avete resistito allo Spirito Santo: come furono i vostri padri, cos' siete voi. Quale dei Profeti non perseguitarono i vostri padri? Essi uccisero coloro che predicavano la venuta del Giusto di cui voi in questi giorni siete stati traditori e omicidi, voi che avete ricevuto la Legge per il ministero degli Angeli e non l'avete osservata. Che può essere di più evidente di questo, di più fermo di tale autorità? E' per mezzo degli Angeli che è stata promulgata la Legge a quel popolo, ma è del Signore nostro Gesù Cristo che essa preparava e preannunciava la venuta, e lui come Verbo di Dio era in maniera incomparabile ed inesprimibile negli Angeli che promulgavano la Legge. Perciò egli dice nel Vangelo: Se credeste a Mosè, a me pure credereste; di me egli infatti ha scritto. Per mezzo degli Angeli era dunque il Signore che parlava allora, è per mezzo degli Angeli che il Figlio di Dio, il Mediatore di Dio e degli uomini, che sarebbe nato dalla stirpe di Abramo, preparava la sua venuta per trovare accoglienza presso gli uomini che si riconoscessero colpevoli perché la Legge da essi non attuata ne aveva fatto dei trasgressori. Per questo anche l'Apostolo dice ai Galati: Perché dunque la Legge?  In vista della trasgressioni fu bandita, finché non fosse venuto il Discendente a cui era stata fatta la promessa; essa fu promulgata per mezzo degli Angeli, tramite un Mediatore, ossia promulgata per mezzo degli Angeli, tramite lui. Infatti la sua nascita non è frutto della condizione umana ma della potenza divina. Che l'Apostolo non chiami Mediatore un angelo, ma lo stesso Signore Gesù Cristo, in quanto si è degnato di diventare uomo, lo si può vedere in un altro passo: Un solo Dio - egli dice - uno solo anche il Mediatore di Dio e degli uomini, l'uomo Cristo Gesù. Ecco il senso dell'immolazione degli Agnello pasquale, il senso di tutti i simboli riguardanti il Cristo che si sarebbe incarnato e che avrebbe patito ma che sarebbe anche risorto, simboli contenuti nella Legge promulgata dagli Angeli. In questi Angeli erano certamente presenti il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Talvolta gli Angeli rappresentavano il Padre, talvolta il Figlio, altre volte lo Spirito Santo, talvolta Dio senza distinzione di persone. Dio appariva sotto forme visibili e sensibili ma per mezzo della sua creatura, non nella sua stessa sostanza, per vedere la quale i cuori vengono purificati da tutti questi simboli offerti ai nostri occhi ed alle nostre orecchie.

 

Dio si è manifestato nell'Antico Testamento per mezzo degli Angeli

  - 27.  Ma ritengo che sia stato sufficientemente discusso e provato, secondo le nostre capacità l'argomento che avevamo incominciato a dimostrare in questo libro. In base a motivi razionali dotati di quella probabilità che è ,possibile raggiungere ad un uomo, o meglio a me, ed in base ad una autorità dotata di quella forza che la chiarezza delle parole divine della Scrittura santa permette, resta dunque stabilito questo: quelle voci sono state dette e quelle forme corporee suscitate ai nostri padri dell'antichità prima dell'incarnazione del Salvatore, nei tempi in cui avevano luogo le apparizioni divine, dagli Angeli; sia parlando essi stessi o facendo qualcosa in nome di Dio, abitudine propria anche dei Profeti, come abbiamo dimostrato, o assumendo dalla creatura ciò che essi non erano per mostrare, per mezzo di figure, Dio agli uomini. Nemmeno i Profeti hanno trascurato questo tipo di simboli come ci insegna la Scrittura con molti esempi. Ora non ci rimane da vedere che una cosa. Il Signore è nato dalla Vergine, lo Spirito Santo è disceso sotto la forma corporea di una colomba, sono state viste le lingue di fuoco ed è stato udito un fragore dal cielo nel giorno della Pentecoste, dopo l'ascensione del Signore. Ebbene il Verbo stesso di Dio non è apparso nella sostanza per la quale è uguale e coeterno al Padre. Nemmeno lo Spirito del Padre e del Figlio è apparso nella sua sostanza per la quale è insieme uguale e coeterno all'uno e all'altro. Ma certamente una creatura capace di rivestire quelle forme e di restarvi apparve ai sensi corporei e mortali. Si tratta dunque di vedere quale differenza ci sia tra le manifestazioni di cui si è detto e queste che sono proprietà del Figlio e dello Spirito Santo, nonostante l'intervento della creatura visibile. Inizieremo a trattare di questo con un altro volume: sarà più comodo.